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la Notte (fino all'alba)

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Blow Up (cosa sto guardando?)

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Le conseguenze dell'amore (cambierò mai me stesso?)

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Dark Passage (sono io che sto guardando?)

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Collateral (ma siamo diversi io e te?)

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Milano Calibro 9 (mi ridefinisco radicalmente)

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Dillinger è Morto (la mia vità è nulla, non ha senso, è completamente svuotata)
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Creato da: NEO_GEO il 01/11/2005
pensieri sparsi su videogiochi e vita

 

 

Post N° 139

Post n°139 pubblicato il 28 Novembre 2006 da NEO_GEO
 

immagine Sulla sponda di un torrente una rana viene avvicinata da uno scorpione. Lo scorpione le dice: “dovrei attraversare il torrente e non so nuotare, mi potresti trasportare sulla tua schiena”?
La rana risponde: “lo potrei anche fare, ma tu sei uno scorpione, ho paura che tu mi punga e mi uccida”!
Lo scorpione ribatte: “Ma secondo la logica non avrebbe senso! Se io ti pungessi mentre sono sulla tua schiena anche io morirei annegato assieme a te”!
La rana così si convince e fa salire lo scorpione sulla sua schiena. A metà tragitto però sente una forte puntura.
“Ma la logica”? chiede la rana interdetta mentre sta per affondare assieme allo scorpione. “non è logico quello che hai fatto lo hai detto tu stesso!”
E lo scorpione risponde: “Lo so, ma non posso farci niente, è il mio carattere”!


Vecchia storiella(“Rapporto Confidenziale” di O.Welles) che fa sempre effetto. Ma io mi chiedo, è impossibile cambiare il carattere di una persona. Probabilmente si, ma può sempre limare i suoi difetti, almeno credo.
Un’altra cosa mi viene in mente su questa storiella: la violenza è inevitabile. Il nostro mondo è violento, è per questo che la sua rappresentazione nuda e cruda ricade sempre sulla violenza. Parliamo di notiziari, news, ma anche di Film. Ultimamente ho visto “Il Vento che Accarezza l’Erba” di Ken Loach. A dispetto del titolo poetico, il film è una nuda rappresentazione della lotta civile Irlandese dei primi del secolo. Lotta che va avanti ancora oggi. Ecco e’ inevitabile quando si parla della realtà cascare nella violenza. Le isole felici esistono, ma sono sempre isole.

 
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Post N° 138

Post n°138 pubblicato il 28 Novembre 2006 da NEO_GEO
 

Siccome, dopo l'ultimo numero di Panorama le "stornzate sono finite", non so più che Cappero scrivere. Quindi beccatevi questo servizio sul Ruole of Rose!


P.S. Chiedo in anticipo scusa a tutti i Pisani, e mi dissocio dal nuovo titolo Rockstar!

 
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Vuoti e incomprensioni

Post n°137 pubblicato il 25 Novembre 2006 da NEO_GEO
 

Cos’è che rende un essere umano solo?
Un solo individuo contro tutto il mondo?
immagineE’ inevitabile secondo me che una persona ad un certo punto della sua vita si senta sola. Non è colpa degli amici, o delle persone care, è proprio connaturato nell’animo umano. L’incapacità di comunicare anche con le persone più care che si hanno attorno è una cosa terribile, e le incomprensioni sono sempre molto pericolose, rischiano di sfaldare e rovinare anche le famiglie e le amicizie più consolidate. E dopo cosa rimane? Ricordi, forse registrazioni? Filmini di famiglia nastri, su quali sono immortalati momenti felici che difficilmente possono tornare uguali e identici. Lo spazio il vuoto che esiste tra noi personaggi della vita è sempre difficile da colmare. Bisogna fare tesoro dei momenti trascorsi in compagnia e non gettarli al vento.

 
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Cara

Post n°136 pubblicato il 23 Novembre 2006 da NEO_GEO

Artista: Lucio Dalla

Alla mia amica Baggy! ;)



Cosa ho davanti, non riesco più a parlare
dimmi cosa ti piace, non riesco a capire, dove vorresti andare
vuoi andare a dormire.
Quanti capelli che hai, non si riesce a contare
sposta la bottiglia e lasciami guardare
se di tanti capelli, ci si può fidare.

Conosco un posto nel mio cuore
dove tira sempre il vento
per i tuoi pochi anni e per i miei che sono cento
non c'è niente da capire, basta sedersi ed ascoltare.
Perché ho scritto una canzone per ogni pentimento
e debbo stare attento a non cadere nel vino
o finir dentro ai tuoi occhi, se mi vieni più vicino.........

La notte ha il suo profumo e puoi cascarci dentro
che non ti vede nessuno
ma per uno come me, poveretto, che voleva prenderti per mano
e cascare dentro un letto.....
che pena...che nostalgia
non guardarti negli occhi e dirti un'altra bugia
A..Almeno non ti avessi incontrato
io che qui sto morendo e tu che mangi il gelato.

Tu corri dietro al vento e sembri una farfalla
e con quanto sentimento ti blocchi e guardi la mia spalla
se hai paura a andar lontano, puoi volarmi nella mano
ma so già cosa pensi, tu vorresti partire
come se andare lontano fosse uguale a morire
e non c'e' niente di strano ma non posso venire

Così come una farfalla ti sei alzata per scappare
ma ricorda che a quel muro ti avrei potuta inchiodare
se non fossi uscito fuori per provare anch'io a volare
e la notte cominciava a gelare la mia pelle
una notte madre che cercava di contare le sue stelle
io li sotto ero uno sputo e ho detto "OLE'" sono perduto.

La notte sta morendo
ed e' cretino cercare di fermare le lacrime ridendo
ma per uno come me l' ho gia detto
che voleva prenderti per mano e volare sopra un tetto.

Lontano si ferma un treno
ma che bella mattina, il cielo e' sereno
Buonanotte, anima mia
adesso spengo la luce e così sia.

 
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L'amico di famiglia 1

Post n°135 pubblicato il 21 Novembre 2006 da NEO_GEO
 

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E’ inevitabile che il cinema rifletta la realtà. Forti di una forte tradizione Neorealtista, i cineasti Italiani questo lo sanno bene. Anche quelli nuovi come Paolo Sorrentino. Dopo i suoi due magnifici film “L’uomo in più” e “Le Conseguenze dell’Amore”, ci riprova con “L’Amico di Famiglia”. Questo film ha lo stesso tono dei precedenti. Una forte presenza registica, molto sperimentale, con inquadrature astruse e costruite in modo artificioso e rocambolesco. Una sorta di “braocchismo” dell’inquadratura, che riempie di fronzoli e in molti casi disorienta molto lo spettatore. Solo che, mentre nelle conseguenze dell’amore, questo barocchismo si faceva sentire, ma era francamente poco invadente, qui ce lo ritroviamo anche dove non serve. A mio parere Sorrentino si è lasciato un po’ troppo prendere la mano ed ha un po’ “gigioneggiato” con la macchina da presa, ma alla fin fine è un peccato che gli si può perdonare, perché qui in Italia non si fa molto spesso, e il suo stile risulta tutto sommato piacevole.
I temi sono sempre quelli, la vita che viene spesa male, personaggi che riflettono un certo tipo di Italia minata dalla miseria e che si aggrappa alle false speranze. Il piccolo usurario di periferia, che si spaccia per benefattore ma è chiuso nel suo mondo egoistico, meticoloso e possessivo che lo tiene rinchiuso come in una prigione, e quando prova ad uscirne ne rimane irrimediabilmente scottato. Anche qui l’amore è il motore che spinge il personaggio al cambiamento, affidato anche qui alla giovane donna di passaggio (una odiosa ). Da questo punto di vista “L’Amico i Famiglia” sembra quasi un remake de “Le Conseguenze dell’Amore”, con la differenza che il protagonista è un impiccione e arraffatore, un personaggio che difficilmente ispira tristezza oppure pietà, o che in qualche modo possa far identificare lo spettatore (ritengo che Titta di Girolamo fosse molto più riuscito). In effetti sono pochi i personaggi veramente amabili (forse l’amico country Bentivoglio oppure la madre, presenza eterea nella casa di Geremia).

 
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Sogni digitali

Post n°134 pubblicato il 20 Novembre 2006 da NEO_GEO
 

immagineGli incubi e in generale i sogni quotidiani, riflettono le paure delle persone. Per quanto mi riguarda, la paura di ingrassare, gli esami universitari, l’essere incapace di difendere me stesso e gli altri. Come una tartaruga che si trova sul dorso, dovrei tentare di rialzarmi ma non ci riesco. Che brutta roba! Allora si che mi posso rifugiare nei sogni digitali. Oggi siamo tutti circondati da sogni digitali. Sono quelli che realizzano le fantasie recondite e rendono possibile vivere ciò che abbiamo segretamente sognato e coltivato. Ci permettono di stare da un’altra parte, dove non abbiamo problemi, e se si cade ci si può rialzare. Lo ha fatto la letteratura per secoli, lo ha fatto il cinema negli ultimi cento anni, lo faranno i media digitali nei prossimi cento. TV, internet, videogiochi, fumetti. Tutto è fuga, ma allo stesso tempo riflesso di una realtà. Alla fine non ci si riesce a scappare completamente dalla realtà. L’aggancio che essa ha sui nostri sogni è molto saldo, senza il riflesso di quello che viviamo tutti i giorni, tutto quello che immaginiamo perderebbe completamente senso. Allora questo vorrebbe dire che i nostri sogni, digitali o analogici che siano, sono una lettura della realtà. Leggendo sogni altrui e i propri forse possiamo in un certo modo rileggere la realtà. Anzi diverse realtà, perché i punti di vista non sono tutti uguali. Forse sono proprio i nostri sogni che aberrano e infrangono la realtà che vediamo, e quando tentiamo di materializzarli non facciamo altro che dare la nostra personale visione di quello che ci circonda filtrato dal nostro sguardo.
Nei videogiochi non facciamo altro che viaggiare in uno spazio virtuale, oppure gestirne uno. Malgrado grafica 3D fotorealistica, o interfacce trasparenti, abbiamo la certezza di essere davanti ad una finestra su un mondo, anche se possiamo navigarci dentro a piacimento, sappiamo che non siamo li solo con la mente, perché appunto è un mondo che può somigliare al reale ma alla fine non lo è. Proprio come quando dormiamo, il nostro corpo e fermo e la nostra mente va altrove. Ciò che ci scorre sotto gli occhi è una storia, una storia che si racconta secondo le nostre azioni e non quelle di qualcun altro. Benché le nostre azioni siano sempre state previste, noi abbiamo la forte sensazione di guidare il sogno che stiamo vivendo, ma è solo una sensazione. Dopo tutto stiamo vivendo un sogno digitale preparato da qualcun altro. Un sogno che può assomigliare al nostro e quindi ci soddisfa. Scegliendo il nostro sogno ristabiliamo la nostra identità, ed essa continua a riflettersi nell’uso che noi stessi facciamo di questo sogno già preparato. E’ sempre stato così, l’uomo e la sua mente sono inscindibili dal sogno, ed il sogno nella nostra mente è profondamente connesso con la realtà.

 
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Tempo: Linea retta che odio

Post n°133 pubblicato il 19 Novembre 2006 da NEO_GEO
 

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Invece di andare avanti mi rifletto in dietro. Molte volte ho odiato il tempo, perché è una linea retta che scorre in una sola direzione. Da destra verso sinistra, senza possibilità di poter tornare in dietro. Quello che ci vogliono costringere oggi con la next-gen di console e i nuovi processori dual core per pc, è appunto andare avanti fregandocene di guardare in dietro. Andare sempre avanti per me è uno strazio, ho sempre paura di perdere o di aver perso qualcosa di importante della mia vita e di non poterlo più recuperare questa è una cosa che mi ossessiona. Sarà per questa ragione che io non farò entrare in casa mia nessuna console nextgen e non spenderò un soldo per aggiornare il mio PC con vista e tutto il resto (anche se un giorno ne sarò costretto). Ho gia perso troppo tempo nella mia vita, almeno nel mio passatempo preferito vorrei recuperare quello che rischio di perdere per sempre. Continuerò a comprare giochi e console della generazione attuale, probabilmente un ps2 con una serie di giochi che ho sempre voluto provare ma su cui non ho potuto mettere mano. Tutto costa di meno e di scelta ce ne è e pure tanta. Io non voglio essere costretto a tutti i costi di andare avanti. Voglio prendermi un frazione di tempo con cui poter riflettermi su me stesso, fermarmi e pensare, ragionare con calma. Perché devo pensare al futuro se poi quello che ho davanti mi sfugge senza controllo dalle mani?

 
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L'articolo di Panorama su Rule of Rose è una bufala!

Post n°132 pubblicato il 17 Novembre 2006 da NEO_GEO
 

Caso di mala informazione che dovrebbe far riflettere. L' articolo dell'ultimo numero di Panorama sul discusso gioco "Rule of Rose", si è rivelato essere una scopiazzatura rimanipolata di un'altra recensione fatta sul sito di Gamesradar (noto sito di videogiochi del gruppo editoriale Future).immagine Cio starebbe a dimostrare che il giornalista che ha scritto il pezzo (quido Castellano) non ha neppure provato il gioco in persona, ma si è limitato a scopiazzare di qua e di la aggiungendo e ingigantendo cose che non centravano niente con il videogame.
Ecco le prove dal forum di GamesRadar:

Panoramam copia da GamesRadar!

Recensione di Ruole of Rose di Games Radar!

riporto per maggiore chiarezza un piccolo estratto dal topic di GR:


"L'articolo pubblicato su Panorama riguardo al caso Rule of Rose ha suscitato non poche reazioni tra i videogiocatori, per il modo inammissibile con il quale è stata condotta l'analisi del gioco in questione (lascia perplessi la copertina: "I Nuovi Videogiochi: Vince chi seppellisce viva la bambina") e per la presenza di una serie interminabile di "castronerie" riguardo il mondo dei videogiochi violenti, che includono errori di traduzione, generalizzazioni di prodotti non paragonabili dal punto di vista contenutistico, notizie e considerazioni errate derivanti dall'evidente disinformazione e incompetenza dell'autore dell'articolo.
In questo thread non troverete le mie considerazioni sul caso (sono più o meno d'accordo con i pareri espressi nell'altro thread presente in questa sezione), bensì delle osservazioni fatte da me e un mio amico (Eclipse, che si è accorto per primo delle "somiglianze") leggendo l'articolo di Panorama e la recensione di chrissdaril di Rule of Rose.

Sostanzialmente, l'articolista di Panorama, Guido Castellano, ha preso spunto dalla suddetta recensione, per non dire che ha letteralmente copiato numerosi spezzoni dell'articolo apparso nella sezione "Redattori per gioco" di questo forum.
Addirittura interi paragrafi sono stati copiati senza alcun ritegno, altri invece sono stati storpiati a piacimento, capovolgendo volutamente il senso delle frasi."


 
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Il caso di scandalo: Censura? No grazie!

Post n°131 pubblicato il 15 Novembre 2006 da NEO_GEO
 

Fa discutere negli ultimi giorni il caso di “Rule Of Rose”, videgioco horror giapponese per PS2 che vede coinvolti nel ruolo di mostri, dei terribili bambini. immagineDi questo gioco si è detto di tutto, il male e il peggio possibile, e sembrano proprio i bambini (quelli reali) essere giudicati come vittime di questo scempio. Da parte mia devo dire che non ho potuto provare “Rule of Rose” per vari motivi (il primo perché non è neppure uscito qui da noi), e sinceramente non mi interessa tanto difendere questo gioco in particolare. Mi interessa fare delle piccole precisazioni, che forse sembreranno banali, ma penso siano necessarie per chiarire la situazione. Alla fine, tutto questo scandalo ha scatenato non solo un accanimento contro “Rulo of Rose” in particolare, ma addirittura contro i videogiochi in generale. Si dice che facciano troppo leva sulle “insane fantasie dei consumatori”, e che la troppa violenza non è adatta a persone fragili come i bambini. Lo stesso Mastella (che per non perdere possibili elettori) ha detto che presto verrà istituita un’authority per vigilare e censurare questo tipo di prodotti in Italia. D’altra parte, non si dovrebbe negare che in tutti i media (vecchi e nuovi) che circolano oggi giorno nelle case degli italiani, la quantità di violenza e volgarità dilaga senza troppi controlli (non ditemi che la televisione è controllata da questo punti di vista perché ho i miei seri dubbi). Un mio “collega” della rete sostiene anche che è da secoli che la letteratura e l’arte sfruttano la violenza per mettere in risalto tendenze e qualità dell’animo umano che altrimenti verrebbero ignorate e sottovalutate. Sempre lui, si chiede anche perché in tutti gli altri mezzi di comunicazione espressione questo uso della violenza viene più tollerato mentre nei videogiochi no.
Dal mio punto di vista darei questi tre motivi in risposta:

1. Un qualcosa che si chiama "gioco", secondo il pensare comune più diffuso, è qualcosa che è fatto per i "bimbi", quindi cose scabrose e violente in un prodotto che dovrebbe essere "fatto per i bimbi", è da considerasi immorale.
2. la parola "gioco fa anche perdere completamente importanza e serietà al prodotto in questione, quindi, quando generalmente si pensa ad un Video-"gioco", non si pensa mai a un oggetto culturale che possa portare chissà quale profondo messaggio nella mente di chi gioca.
3. Nei Videogiochi, a differenza della letteratura, dell'arte, del cinema ecc... non si è solo semplici spettatori, ma si compiono delle azioni virtuali in un mondo virtuale. Sempre secondo il pensare comune generalizzato, compiere azioni virtuali riprovevoli equivale a pensare di farle per davvero, quindi se in GTA picchio le vecchiette per strada sono uno stronzo perché lo potrei fare anche nella realtà.

Allora prima di tutto bisognerebbe abbattere questi soliti pregiudizi sulla parola “gioco”. Quelli che abbiamo davanti dopo tutto sono dei “passatempi”, ma ormai questi “passatempi” si sono dotati di un linguaggio e una valenza estetica di tutto rispetto. Mi sembra molto sbagliato considerare questi prodotti solamente dedicati ai bambini. E’ vero che in Italia non esiste una legge che impedisce ai minori di comprare qualsiasi tipo di videogioco, ma se si presta un po’ di attenzione alle scatole dei suddetti, si vedrà che esistono dei bollini molto chiari che “consigliano” l’età giusta per il prodotto, e alle volte descrivono anche il tipo di violenza che al suo interno viene rappresentata! Un ruolo importante in questa regolamentazione lo dovrebbero giocare i genitori stessi, che dovrebbero stare attenti a che cosa comprano ai loro figli. I videogiochi da parte loro dichiarano apertamente la loro natura violenta, quindi è inutile prendersela con i produttori perché permettono di distribuire prodotti poco adatti ai bambini, perché sono gli stessi badanti che dovrebbero prestare un po’ più di attenzione. Alla fine dei conti comunque, io (e altri miei colleghi giocatori della rete) possiamo anche essere favorevoli ad una possibile regolamentazione della vendita dei videogiochi ai minori, ma per favore non iniziate a censurarli o a impedire le importazioni perché questo non mi sembra per niente giusto!

 
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Sorbetto o ricordo?

Post n°130 pubblicato il 13 Novembre 2006 da NEO_GEO
 
Foto di NEO_GEO

Un sorbetto prego. Si al limone grazie!

Di solito le mie emozioni vengono intrappolate in reti di pixel colorati, di solito appartenenti a grafiche 2D e datate. La follia rappresentata non è l’unica cosa che riattiva i miei ricordi. I pomeriggi spesi nella camera di un mio amico a giocare a Double Dragon sul suo Nintendo, mi passano nella memoria sotto forma di cieli giallognoli al tramonto. Non so che fine abbia fatto quel vecchio amico. Sentivo che spacciava qualche tempo fa. Forse è ancora dentro la prigione. Follia rappresentata dicevo. Follie di tutti i tipi, oggi sono la prassi. Dovunque ci voltiamo non facciamo altro che “guardare” follie, solo che a noi sembrano normali, solo perché è la normalità ad essere diventata folle. Oppure siamo noi ad essere diventati folli e guardiamo le cose folli come fossero normali e viceversa?
Non so, la cultura di oggi, ci disorienta e ci inibisce. O forse non ci inibisce, solo che per esprimerci dobbiamo trovarci una valvola di sfogo da qualche parte. Una valvola fatta di pixel magari (valve). Oppure una valvola fatta di persone e amici da poter prendere (e farsi prendere) in giro scherzosamente. Le valvole sono un po’ dappertutto. Negli ultimi tempi io sto vivendo molto di valvole, forse perché il possibile stress della routine quotidiana mi opprimerebbe troppo. Senza valvole non so cosa farei. Dalla musica alle immagini in movimento (sia che le muova qualcun altro che sia io a muoverle) dalle le immagini fisse, alle parole scritte su una pagina cartacea/digitale di quello che volete voi. Sembra strano ma non è, serve a darti l’allegria, sia che lo mangiamo o che lo respiriamo…
Il passato alle volte ci torna in dietro, come un possibile boomerang, e ci ricorda come stavamo bene con la nostra TV, i nostri cartoni, i nostri giocattoli, indubbiamente molto più belli di quelli che vendono adesso(i Master of the Universe da soli battono 10 a zero qualsiasi Winx o trottola che si vede in giro). Ci ricordiamo come stavamo bene, perché nessuno vuole ricordarsi come stava male (ed è anche giusto, nessuno vorrebbe ricordare la maestra che lo umilia davanti a tutta la classe il giorno del tema sul papa). I ricordi come Placebo. E dove li vediamo i ricordi? Negli enormi database della rete. Tutti i ricordi o quasi, rivivono in ammassi di pixel: dalle fotografie dei giocattoli, ai filmati dei vecchi spot tv, dalle canzoncine dei cartoni animati, ai personaggi della nostra infanzia immortalati per sempre giovani. Ah allora vedi che non sono l’unico a emozionarsi davanti ad un paio di pixel colorati di grafica 2D?
Lo dicevo io che non ero folle ma ero normale! Oh forse era il contrario?




P.S. Ringrazio e chiedo scusa a Dan Hero per avere preso in prestito il suo avatar. Perdonami Dan! Ti voglio bene!

 
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Post N° 129

Post n°129 pubblicato il 10 Novembre 2006 da NEO_GEO

ero andato in cucina sta notte, quando sentii il camion dell'immondizia che svuotava rumorosamente i cassonetti. Un cucchiaino si stava sciogliendo nel lavello, e il freddo pungeva le mie braccia lasciate scoperte dalla maglietta della salute. Mi venne in mente una canzone. Un dell'infanzia. Ne ebbi tante nella mia infanzia... ricordai quando stavo solo in macchina ad aspettare mia mamma che faceva la spesa. C'era una vecchia cassetta di Battiato Ascoltavo sempre quella
c'erano anche una cassetta di Cat Stevens e una di Burt Bacharach
ma io ascoltavo sempre Battiato
forse perché ero affascinato dalle parole e non solo dalla musica anche se io ho sempre dato importanza più alla musica che ai testi. Devo ammettere che ci sono deliziose eccezioni anzi no non sono eccezioni, è una cultura musicale che ho afferrato un po' troppo tardi quella dei testi…

 
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Un pezzo di intimità

Post n°128 pubblicato il 02 Novembre 2006 da NEO_GEO

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I miei giochi installati in questo momento sul pc.


 
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E io ci sto!Rino Gaetano

Post n°127 pubblicato il 30 Ottobre 2006 da NEO_GEO
 

Perchè la nostra vita, per quanto brutta possa sembrare, sotto sotto è bellissima!

Mi alzo al mattino con una nuova
Illusione,

prendo il 109 per la Rivoluzione,

e sono soddisfatto Un poco saggio un poco matto

Penso che fra vent'anni
finiranno I miei affanni

Ma ci ripenso però,
mi guardo intorno
per un po'

e mi accorgo
che son solo,
in fondo è bella
 però è la mia età
e io ci sto


Si dice che in America tutto è Ricco tutto è nuovo,

puoi salire In teleferica su un grattacielo e farti un uovo,

io cerco il rock'n'Roll al bar e nei metrò,

cerco una bandiera diversa senza sangue sempre tersa


Ma ci ripenso però,
mi guardo intorno
per un po'

e mi accorgo che son solo,

In fondo è bello però ,
è il mio Paese
e io ci sto


Mi dicono alla radio statti calmo statti buono

non esser scalmanato stai tranquillo e fatti uomo

ma io con la mia guerra voglio andare sempre avanti,

e costi quel che costi la vincerò non ci son santi


Ma ci ripenso però,
mi guardo intorno per un po'
 e mi accorgo che son solo,
 ma in fondo è bella però
è la mia guerra e io ci sto


cerco una donna che sia la meglio

che mi sorrida al mio risveglio

e che sia bella come il sole d'agosto

intelligente si sa


ma in fondo è bella però
è la mia donna e io ci sto


 
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Ciao Danièle. Umile omaggio e consacrazione della sala.

Post n°126 pubblicato il 25 Ottobre 2006 da NEO_GEO
 

Due settimane fa, è morta Danièle Huillet. Danièle era la compagna di Jean-Marie Straud e assieme a costui ha dato vita ad una serie di film veramente incisivi per la storia del cinema, soprattutto per il loro linguaggio sopra le righe. immagineAnche se in ritardo voglio dare un ultimo e umile saluto a Danièle.

Un saluto è un aneddoto riguardo al suo ultimo film realizzato nell'appenino italiano e proiettato all'ultima mostra del cinema di Venezia “Quei Loro Incontri”. Ci sarebbe molto da discutere su questo film, c'è chi dice che sia una rilettura “sbagliata” e noiosa dei “dialoghi di Leucò” di Pavese, c'è invece chi dice che rimane un'ultima perla regalataci dal famoso duo Francese. Anche se io sarei di quest'ultimo parere, non è questa discussione che mi interessa oggi.
Mi ricordo molto bene la proiezione di questo film a Venezia, al Palalido. Il film non è certo quello che si definisce un blockbuster, non è certo il “Diavolo Veste Prada: Presenta una serie di cinque coppie di attori improvvisati, che leggono e recitano (o meglio fanno finta di recitare) i testi tratti dall'opera di Pavese, con delle intonazioni completamente sballate, come quelle degli ubriachi. Il pubblico ovviamente non ha gradito e ha iniziato a comportarsi in modo sconveniente. Brusii, risate, gente che si muoveva rumorosamente sulle sedie, gente che si alzava, gente che sbatteva i piedi, applausi di massa per prendere in giro il film, per non contare alcuni urli lanciati contro allo schermo. Io posso capire le proteste ideologiche che si possono scatenare in una sala cinematografica, ma davvero non accetto comportamenti maleducati di questo genere. Sia che il film sia brutto, sia che il film annoi, nessuno dà il diritto allo spettatore di protestare, fare rumore, e disturbare. Le opere come i film esigono rispetto, sia che vengano o non vengano capite. Trovo un comportamento profondamente maleducato, quello di disturbare la proiezione di un film, non solo nei confronti di chi si è impegnato a realizzarlo, ma anche nei confronti di chi in sala vorrebbe guardarlo e capirlo in santa pace.
Scorsese diceva (e dice) che la sala cinematografica è come un tempio, e all'interno di questo tempio si svolge un “rito sociale” che ha quasi del sacro. Chi viola le regole di questo rito, secondo me, merita di essere considerato un maleducato e un cafone.

 
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Shenmue. racconto di una vita e il paradosso del giocatore.

Post n°125 pubblicato il 23 Ottobre 2006 da NEO_GEO
 

Shenmue, secondo il mio parere uno dei più grandi giochi di sempre, purtroppo destinato a rimanere un’opera incompleta.immagine L’imponente Shenmue non può essere definito in un genere specifico, questo gioco è un racconto, un racconto che pare non avere fine, perché coincide con la vita di un personaggio. Non ci viene risparmiato niente, noi seguiamo Ryo Hazuki in tutto quello che fa, anzi, siamo proprio noi a dirgli cosa fare, da quando si alza alla mattina dal letto fino ad arrivare alle ore tarde della notte nelle quali lui deve tornarci. Purtroppo la storia che segue Ryo, è a senso unico, nel senso che, inevitabilmente, noi dobbiamo seguirla, come un destino che si compie tristemente. Possiamo ritardare gli eventi, possiamo fargli fare mille cose, possiamo fargli scegliere come impegnare il suo tempo libero (lo passiamo in sala giochi, Oppure più diligentemente passiamo il pomeriggio ad allenarci nel Dojo…), ma non possiamo impedirgli di percorrere la sua strada che lo porterà sempre al vicolo cieco della vendetta per suo padre. Sta a lui compiere le decisioni importanti della sua vita, sta a lui decidere di trovare un lavoro, di intraprendere il viaggio iniziatore in Cina, sta a lui decidere cosa debba cercare per risolvere il mistero che celava suo padre. Ma noi condividiamo tutto questo, condividiamo le sue scelte, perché come degli spregevoli Vojer, volgiamo sapere come va a finire, e perché suo padre è stato brutalmente ucciso per uno strano manufatto. Siamo appunto una sorta di Vojer sempre dietro alle sue spalle facendo nostre tutte le componenti della sua intimità. Siamo li a uralargli dietro del coglione perché non si è ancora accorto che la sua amica Nozomi è cotta di lui ma non sa come dirglielo, perché lei fa di tutto per farglielo capire ma lui dorme in piedi. Però siamo noi che ci sentiamo delle merde assieme a Ryo, quando Nozomi, in procinto di partire (forse non si rivedranno mai più), gli chiede quale delle due foto di loro due lui voglia tenersi. Siamo noi che dobbiamo fare questa pesante scelta: teniamo la foto dove Ryo e Nozomi sono vicini per far vedere che ci teniamo a lei? Oppure scegliamo quella dove Ryo e Nozomi sono Lontani, cosi da lasciare a lei quella dove sono vicini? In quel punto io avrei voluto urlare, spaccare lo schermo ed entrare per dire a Nozomi che Ryo la ama, ma invece non posso farlo. L’unica cosa che posso fare è scegliere freddamente una foto tra due. Non posso neanche dire che Ryo la ama perché io non sono Ryo, sono me stesso. Uno stupido giocatore che rimane commosso davanti a un ammasso di pixel rifiutandosi di voler crescere. Eppure penso che ci sia del magico dietro tutto ciò. C’è della poesia. Poesia digitale in un certo senso. Raramente un gioco riesce a trasmettere così tante emozioni, e creare un perfetta atmosfera. Quando scende la sera e le luci delle strade di Dobuita si accendono, mi scendeva sempre una lacrima, perché è così anche nella mia vita reale. Arrivo a fine giornata e non so cosa dovrò fare domani, non so se oggi ho fatto abbastanza per la mia vita, ma la sera scende sempre implacabile, e non mi da tempo per valutare e decidere. Un altro giorno passa e io sono sempre qui a chiedermi se sto facendo abbastanza, o se potrei fare di più. Anche Ryo si trova nella stessa situazione. La vita di Ryo, anche se profondamente diversa dalla mia, anche se finta è digitale, tutto sommato rispecchia la situazione in cui vivo quotidianamente. Ryo sono io, ma allo stesso tempo è qualcun altro. Il paradosso del giocatore.

 
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Post N° 124

Post n°124 pubblicato il 21 Ottobre 2006 da NEO_GEO
 

immagineSid Meier's Alpha Cantauri - "Amnesiac" dei Radiohead.

Perchè la fragilità di un nuovo mondo che nasce è in perfetta sintonia con lo stile Esile della musica di Thom York e soci. Al alimite sostituire "Amnesiac" con "The Eraser" sempre di York solista.

 
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Anatomia di un Fallito. parte I

Post n°123 pubblicato il 21 Ottobre 2006 da NEO_GEO
 

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Mi trovavo in treno con un pugno di mosche che mi ronzavano per il cervello. Il pugno di mosche era anche quello che mi era rimasto in mano dalla sera prima. Il solito vuoto con cui attendo di riempire una vita che non ha inchiostro per scrivere. Sul treno i posti erano tutti occupati, non era l’ora di punta, ma quel treno è sempre pieno di gente a qualsiasi ora della giornata. Di fianco a me un grosso uomo leggeva la Repubblica. Ogni tanto buttavo l’occhio per leggere qualche titolo, come si fa quando butti l’orecchio per sentire qualche conversazione nei posti vicini al tuo. Lo faccio sempre anche se so che quando tornerò a casa troverò sicuramente lo stesso giornale da leggere, infatti trovo molto più interessante leggere di sfuggita i titoli di altri giornali che non siano quello. In ogni caso, leggere di sfuggita i titoli dal giornale di un’altra persona, ha sempre qualcosa di comico, o comunque qualcosa di avventuroso, insomma, dà una certa soddisfazione. L’uomo grosso era seduto alla mia sinistra, alla destra avevo il corridoio. L’uomo era stato l’ultimo passeggero a sedersi in quei quattro posti e quando era arrivato mi aveva chiesto se il posto accanto a me era libero. Io avevo risposto con la mia solita combinazione di annuimento, occhi sgranati e un “si” a voce bassissima. Quello in tutta risposta si era preso il posto montandomi sui piedi, con una certa prepotenza innata e istintiva che mi aveva dato fastidio. Poco male, mi sarei rifatto scroccandogli i titoli.
Il primo passeggero a sedersi in quel nucleo era un ragazzo con gli occhiali e un apple sulle ginocchia. Un tipo stiloso, ben vestito. Ogni tanto prendeva con la mano il bordo dello schermo e farfugliava qualcosa a voce bassissima, come se stesse ripetendo quello che era scritto sul suo computer. Io non ho mai voluto un computer portatile. Non saprei che farmene. Forse perché non viaggio poi molto e la maggior parte del tempo la passo a casa, quindi il computer fisso è sempre una scelta ottimale. Studiare su un computer è una cosa che non sono mai riuscito a fare. Sottolineare per me è di un’importanza stratosferica, sia perché sottolineare aiuta a memorizzare, sia perché ho bisogno di compiere un gesto fisico mentre leggo, come se con quel gesto potessi fare mio ciò che leggo.
Io ero stato il secondo passeggero a sedersi, e il terzo era una ragazza che si era messa proprio nel posto di fronte al mio. Non era vestita male. Aveva i capelli castani lunghi fino alla base del collo. Gli unici difetti apparenti erano un viso eccessivamente allungato, e un occhio un po’ strabico che guardava il suo compagno con fare interrogativo. Ogni tanto notavo che mi gettava un’occhiata, ma non so mai dire quanto veramente io possa interessare alle ragazze che incrocio sui treni oppure per strada. Magari alle volte mi illudo un po’ troppo e allora faccio finta di niente. Anche perché non saprei proprio come farmi avanti per verificare il tutto. In ogni caso questa volta non mi interessava più di tanto, non tanto per l’aspetto fisico, ma per l’impressione strana che mi faceva il suo modo di fare. Dopo una fugace colazione con una pasta salata, e dopo qualche minuto di occhiate, si era bellamente addormentata sul sedile. Non era certo questo il fatto che mi dava fastidio, ma forse era di più quell’aria un po’ troppo insicura. Strano, io che di insicurezza ne dovrei capire un po’…
Qualche posto più in la notai una ragazza di capelli lunghi e ricci, con un paio di occhiali da vista dalla montatura grossa e rettangolare. Non amo particolarmente quel tipo di occhiali, perché fanno sempre un po’ “maschera" e fanno i volti tutti uguali, gli trovo molto anonimi. Comunque, ogni tanto buttavo l’occhio su di lei, mosso dalla semplice curiosità, ma gli occhiali mascheravano sempre il suo sguardo. Di conseguenza il mio occhio tendeva sempre a cadere su una signora che era a sedere più vicino. Una bella signora che sfogliava un giornale (i titoli erano troppo piccoli per leggerli). Era mora, capelli lunghi, sul volto un paio di rughe, non certo un tipo che poteva interessarmi più di tanto. Era vestita in un completo nero, stile gessato, e ai piedi aveva un paio di stivali di pelle nera. La cosa strana su quegli stivali la notai quando arrivammo a destinazione e tutti si alzarono. Quegli stivali avevano gli speroni. Mi chiedevo per quale ragione, una donna d'affari (come presumevo che lei fosse) avesse scelto un paio di stivali con un attrezzo simile. Era qualcosa di fuori posto, ma forse era un modo per dimostrare un certa personalità. Forse una personalità forte probabilmente.

Ma tutto questo lo notavo solo per distrarmi dal pugno di mosche. Mosche che mi hanno accompagnato fino ad adesso che scrivo. Tentando di scacciare il loro rumore dalla mia testa mi cadde l’occhio su quello che avevo in grembo…

 
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Persi nei sotto boschi artistici

Post n°122 pubblicato il 15 Ottobre 2006 da NEO_GEO
 

Persi nei sotto boschi artistici, torniamo alla ribalta con il blog. immagineIl Blog di consolemania redux. Progetto di rivista virtuale mai andato completamente in porto. Gemellaggio (se è possibile) con il grande(negli intenti e nei partecipanti) progetto Ars ludica. SPeriamo di rimanere a galla e di mantenerci. Humor e azione, meglio di One piece. Partiamo con Il Maganvox Odyssey, reperto fossile della prima era videoludica della storia umana. Bell'inizio. Le premmesse ci sono e sono buone. Spero che qualcuno ci segua, e spero di catturare l'attenzione di un po' di gente, magari conoscerne di nuova.
Oggi sto un po' male, raffreddore direi, la connessione a ripreso a farmi cilecca, e Blogspot mi da dei problemi con la Cache di Fire Fox.

 
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DIALHEX . Bit Generation... 1

Post n°121 pubblicato il 06 Ottobre 2006 da NEO_GEO
 

Esile come una farfalla, come una piuma, un alito di aria salubre, il puzzlegame entraimmagine nel cervello, assorbe gli occhi seduce le orecchie. E’ una droga, la droga delle droghe elettroniche, capace di creare una sorta di dipendenza, di ipnotizzare, di accalappiare la vista e i riflessi, di incollare ai tasti e allo schermo. Di più, sempre di più si brama lo score più altro, le combo più lunghe, sempre di meno è la voglia di staccarsi. Rapiti si entra in una dimensioni di colori suoni e forme, un mondo fatto di regole proprie, dove la distruzione vuol dire valore, dove le forme scompaiono per poi trasformarsi in numeri, dove si distrugge per costruire. Dialhex, come i suoi fratelli della Bit Generation (serie di puzzlegame per GBA), è fatto di forme asciutte, semplici quasi retrò, con una colonna sonora dinamica, che accompagna gli svolgimenti della partita. Il titolo compare su un vuoto nero, come il pianoforte che lo accompagna, che fa perdere le sue note in un eco infinito. Sono triangoli che compongono esagoni. Gli esagoni fatti da triangoli dello stesso colore scompaiono lasciando lo spazio agli altri triangoli disordinati, trasformandosi a loro volta in score. I triangoli colorati cadono, e continuano a cadere a velocità progressivamente più alta. Ogni volta che cancelliamo un tot numero di esagoni dello stesso colore, ecco che si aggiungono nuovi triangoli un colore nuovo. E’ un mettere ordine, selezionare e spostare, per salvare lo spazio, per mantenere il vuoto, per evitare l’assurdo riempimento e saturazione del nostro territorio. E’ tutto qui, non c’è altro. Il gioco degli spazi dei colori e dei suoni, è tanto semplice quanto geniale, tanto stilizzato quanto ipnotico….
Il vuoto maschera solo il numero. Bit generation perché tutto si trasformi in numero, non in vuoto. Noi forse siamo la Bit generation, che trasformiamo tutto in numeri.

 
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Black Dahlia

Post n°120 pubblicato il 02 Ottobre 2006 da NEO_GEO
 

Tratto dal romanzo “la Dahlia Nera” di James Ellroy (lo stesso “L.A.confidential”, con il quale questo film possiede più di una affinità), l’ultimo lavoro di De Palma si rifà al Noir, e ci racconta la storia (anzi le storie) di due poliziotti/pugili della Los Angeles degli anni 50 chiamati a risolvere un caso di omicidio di una giovane attrice (la Dhalia del titolo).immagine
Siamo spettatori della classica macchina di colpi di scena ad incastro che moltiplicano e sfaccettano la trama, rendendola difficile da seguire al pubblico non americano che fa fatica a distinguere un nome inglese da un altro. La solita sarabanda di intrighi piani segreti e scontri tra moralità e immoralità, giustizia e sporcizia, bionda e mora, giaccio e fuoco. Insomma il classico noir americano aggiornato alla Hollywood postmoderna citazionistica e metacinematografica. Non a caso infatti il film (come il romanzo) è ambientato a Los Angeles, città dove il cinema è ovunque. Anche nel film il cinema è ovunque e diventa quasi la chiave per decifrare il mistero che si cela dietro allo schermo di proiezione (metacinema), e le citazioni sono sempre presenti (dal Welles de “L’infernale Quinlan” al Daves de “la Fuga”). Due poliziotti diversi ma amici, legati dalla carriera e dal solito triangolo con al centro la donna affascinante, attorno a loro ruota il classico mondo marcio fatto di corruzione e sogni infranti. L’uno (soprannominato Mr fuoco) è votato all’azione e all’istinto l’altro (Mr Giaccio) più riflessivo e razionale, e non a caso il pubblico è invitato a identificarsi in quest’ultimo, che non rappresenta altro che la classica declinazione passiva dello spettatore sullo schermo. Il cast, come al solito, è perfetto composto da molte “facce d’angelo”, che dietro nascondono il proprio numero di colpe (come sappiamo nel mondo dei noir nessuno e mai innocente). Il linguaggio cinematografico è a buoni livelli, come sa fare bene De Palma, rimanendo comunque molto macchinoso e un po’ pesante da digerire al pubblico non avvezzo al genere.

 
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