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MEMORIE MIGRANTI

Post n°29 pubblicato il 11 Novembre 2011 da loredanafina1964
Foto di loredanafina1964

Quando i miei genitori si sposarono fu proprio un bel matrimonio. Mia madre, avvolta in un sobrio, semplice ma elegante abito bianco di taffetà ed una manciata di firoi d'arancio fra i capelli neri, folti e lunghi era ..bellissima.

Subito dopo il matrimonio, come tante altre coppie del Sud Italia, decisero di trasferirsi insieme a Milano.

Era la fina degli anni 50 e l'inizio dei 60, periodo in cui l'Italia andava perdendo i connotati di società agricola per entrare nel ristretto gruppo delle potenze industriali.

Erano anche gli anni del BOOM economico che registrarono una crescita senza precedenti della produzione dei consumi e del tenore di vita. Ma queste trasformazioni ebbero un prezzo: le ingiustizie sociali restavano profonde e il divario NORD-SUD invece di sparire si accentuò provocando una gigantesca emigrazione interna. Nelle città del Nord, infatti, arrivavano lunghissimi treni pieni zeppi di famiglie e di giovani che migravano dai loro luoghi d'origine puntando al Nord come alla" Terra Promessa" in cerca di lavoro. I miei genitori non ebbero difficoltà a trovare un alloggio e un lavoro a Sesto San Giovanni (MI) la città OPERAIA per eccellenza che, aveva appena abbandonato le vesti dei vecchi cascinali agricoli e delle vaste distese coltivate a risaie per cedere spazio alle nuove industrie del ferro e dell'acciaio. Le "mondine" (donne che in passato lavoravano nelle risaie) trovarono impiego nelle fabbriche.

Gli anni della "ricostruzione" dal dopoguerra erano passati e quelli del "sogno americano" stavano avanzando.

A Milano si respirava un'aria di rinnovamento, erano anche gli anni della "speranza", dei cambiamenti, delle contestazioni e delle concquiste in campo sociale.

Sesto San Giovanni (la città in cui sono nata), era pervasa da questo clima e, nei miei ricordi di bambina, mi rivedo accompagnata per mano da mia madre che, mi spiegava chi fossero quei grossi gruppi di persone per strada, con cartelloni, striscioni e megafoni e, quale fosse il senso di quelle frasi (slogan) ripetute a voce alta durante la loro marcia. Erano le "grandi" manifestazioni (almeno cosi le vedevo con i miei occhi di bambina), ora operaie, ora studentesche, ora femministe, ora politiche o sindacali.

Percepivo l'entusiasmo ed il coinvolgimento di mia madre quando mi raccontava che, anche nella fabbrica dove lavorava, vi era un direttivo delle "operaie", un comitato "tessile" (era appunto una fabbrica tessile).

In quel periodo, ovunque si andasse , a scuola, per strada, nei cortili, nei negozi, sui posti di lavoro, si respirava quell'inconfondibile atmosfera di straordinario rinnovamentocome fosse una ventata di fresca brezza primaverile.

Anche la città stava cambiando: le "case di ringhiera"  del centro si spopolavano poichè sorgevano in periferia, nuovi quartieri per accogliere le famiglie provenienti dal Sud; erano i cosidetti "QUARTIERI DORMITORIO" dove intere comunità operaie alloggiavano le proprie vite scandite dai ritmi lavorativi delle fabbriche grige, fumose e subdolamente ingannevoli.

Ricordo con lucida chiarezza, come fosse soltanto ieri, le "ACCIAIERIE FALCK" la  "BREDA", la " MAGNETI MARELLI" ecc. , fabbriche che oggi non ci sono più perchè nell'arco di un trentennio hanno ceduto il posto ai nuovi MEGACENTRI e palazzoni dei servizi del terziario TELEMATICO, INFORMATICO, INTERATTIVO, INTERDIGITALE, INTERECOCOMPATIBILE, INTERPLANETARIO ..insomma al nuovo UNIVERSO .....INTERTUTTO E DI PIU' DI COSI NON SE NE PUO' PIU'!!

Intanto, le comunità operaie, con le loro "colate d'acciaio" roventi e rumorose, giorno dopo giorno e notte dopo notte, hanno pazientemente " TIRATO SU" una generazione di figli, un pò più fortunati perchè a loro è stato possibile studiare, viaggiare, prendere specializzazioni all'estero quindi, ritornare ..."a casa" per occupare posti di lavoro dirigenziali riscattando finalmente quella che in passato era stata una "CONDIZIONE SOCIALE" non troppo felice dei propri genitori.

A tale proposito è lecito sostenere che, un tale processo di "integrazione" durato per ben tre generazioni, ha indubbiamente contribuito alla costruzione di un Nord più ricco ed evoluto.

L'antica ed affettuosa figura del "nonno emigrante" il cosidetto "terùn", rimane tuttora ancorata agli innumerevoli ricordi raccontati e documentati dalla storia del periodo industriale, quella storia che ha costruito le storie delle "città nella città".

Chi in quel periodo, è nato e cresciuto in quei luoghi ha potuto assaporare ed assimilare la ricchezza di costumi ed usanze delle diverse Regioni Italiane allora concentrate tutte in una sola città. Quel florido miscuglio di culture regionali non fece altro che arricchire armoniosamente tutti coloro che crescendo in quel clima hanno potuto attingere a "molteplici fonti", senza peraltro mettere in crisi il proprio senso di appartenenza ad un luogo, ad una comunità, ad una famiglia.

Laddove e quando...., le DIVERSITA' culturali erano considerate RISORSE.

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Loredana Fina   (tratto dal libro - Le parole del silenzio annno 2005)

 

 

Pulsano 11-11-2011  

 
 
 
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