loredanafina

DELLE TARANTOLE

(pag. 90) - << Guarda, ecco la grotta della tarantola! Vuoi vederla? Questa è la sua tela: toccala, e la vedrai vibrare.

Eccola, che subito arriva: benvenuta, tarantola! Sul tuo dorso c'è il segno triangolare e nero; e io so che cosa c'è anche nella tua anima.

Nella tua anima siede la vendetta: dovunque tu mordi si forma un'escara nera; con la tua vendetta il tuo veleno fa ballare in tondo le anime!

Cosi parlo a voi per similitudini, a voi, che fate girare in tondo le anime, predicatori dell'uguaglianza! Voi siete tarantole e colmi di nascosta smania di vendetta!

Ma io voglio portare alla luce i vostri nascondigli: ed è per questo che vi rido in faccia, con la mia risata dalle altezze.

Dunquem amicim io vi consiglio: diffidate di tutti coloro che sono portati a punire!

E' questo un popolo di cattiva specie e di mala origine; sui loro peccati traluce il boia e il segugio.

Diffidate di coloro che parlano molto della loro giustizia! In verità, alle loro anime non manca solo il miele.

Amici, io non voglio esser mescolato nè confuse con nessuno.

Vi sono tali che predicano la mia dottrina della vita: e nello stesso tempo sono predicatori dell'uguaglianza e delle tarantole.

Che essi parlino in favore della vita, quantunque stiano nella caverna, ragni velenosi, e lontani dalla vita, non significa altro che vogliono far del male.

Io non voglio esser confuso e scambiato con i predicatori dell'uguaglianza. Poichè così mi parla la giustizia: <>.

E nemmeno debbono diventarlo.

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IL CANTO NOTTURNO

(pag. 95) - <

E' notte: ecco che si svegliano tutte le canzoni degli innamorati. E anche la mia anima è una canzone di un'innamorato.

Vi è in me qualcosa di non placato e di non acquietabile, che vuol levare la sua voce.

In me è una sete d'amore che parla il linguaggio dell'amore.

Io sono luce: ah, se io fossi notte! Ma questa è la mia solitudine: sono cinto di luce.

Ah, se io fossi oscuro e notturno! Come vorrei succhiare alle mammelle della luce!

E vorrei benedire anche voi, piccole stelle scintillanti, lucciole di lassù! - e sarei beato per il vostro dono di luce.

Ma vivo nella mia propria luce, ribevo le fiamme che erompono da me.

Ignoro la felicità di colui che prende; e spesso sogno che rubare dev'essere felicità maggiore che prendere.

Questa è la mia povertà, chè la mia mano non si stanca mai di donare; questa è la mia invidia, chè vedo occhi in attesa e notti illuminate dal desiderio.

O, infelicità di tutti coloro che donano! O oscuramento del mio sole! O, desiderio di desiderare! O, fame che mi divora nella sazietà!

Essi prendono da me: ma tocco ancora la loro anima? Vi è un abisso fra il donare e il prendere: e l'abisso più piccolo è l'ultimo da superare.

E' notte : e il desiderio prorompe da me come da una sorgente, - il mio desiderio vuole parlare.

E' notte: ora si svegliano tutte le canzoni degli innamorati. E anche la mia anima è la canzone di un'innamorato>>.

Così parlò Zarathustra.

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IL CANTO SEPOLCRALE

(pag. 99) - <>.

Avendo così deciso nel mio cuore, attraversai il mare.

O volti e apparizioni della mia giovinezza? O sguardi d'amore, istanti divini! Come siete morti presto per me! Io penso oggi a voi come ad amici morti.

Da voi, miei cari morti, mi arriva un profumo soave, che scioglie il cuore e il pianto. In verità, esso scuote e scioglie il cuore del solitario navigante.

Io sono sempre il più ricco ed invidiabile - io sono il più solitario navigante.

Io sono sempre il più ricco e invidiabile - io sono il più solitario!

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(pag. 100) - Ah, noi eravamo fatti per vivere accanto, graziosi e strani miracoli; e vi siete accostati a me e al mio desiderio non come uccelli pavidi - ma come il confidente al confidente!

Sì, creati per la felicità, come me, e per effetti perenni: adesso io debbo trarre per voi un nome dalla vostra infedeltà, sguardi e istanti divini: io non ho ancora imparato nessun altro nome.

<>, - così disse una volta la saggezza della mia gioventù: in verità, discorso d'una gioconda saggezza!

Ma allora, o miei amici, mi rubaste le mie notti e le vendeste al tormento insonne: ah, dov'è fuggita ora quella mia gioconda saggezza?

Un giorno ho desiderato auspici lieti: allora voi mi avete mandato sulla mia strada un gufo mostruoso e infausto.  Ah, dov'è fuggito allora il mio tenero desiderio?

Come ho potuto sopportare tutto questo? Come ho sopportato e superato tali ferite? Come è resuscitata la mia anima da queste sepolture?

Sì, v'è qualcosa di invulnerabile in me, qualcosa che è impossibile seppellire, e fa saltare le rocce: e si chiama la mia volontà. Lei procede in silenzio e immutabile attraverso gli anni.

Vuol camminare sopra le mie orme, la mia vecchia volontà; è dura e invulnerabile.

Tu vivi sempre e sei uguale a te stessa, o pazientissima mia volontà! Tu ti sei scavata una via attraverso tutti i sepolcri!

In te ancora vive tutto ciò che non fu liberato nella mia giovinezza; e in forma di vita e di giovinezza sedesti, piena di speranze, su queste gialle rovine di sepolcri.

Sì, per me tu rimani la distruttrice di tutti i sepolcri. Salve, o mia volontà! Solo là dove ci sono tombe, ci sono risurrezioni>>.

Così parlò Zarathustra.

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PROSSIMA PUBBLICAZIONE AL PIU' PRESTO.