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Da: "COSI' PARLO' ZARATHUSTRA" di F. W. Niethzsche - LE FRASI PIU' BELLE - VENTISEIESIMA PUBBLICAZIONE.

Post n°99 pubblicato il 01 Settembre 2012 da loredanafina1964
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SULL'UTILITA' E IL DANNO DELLA STORIA  (seconda considerazione inattuale)

Parte 10 (pag. 336) - Pensando qui alla gioventù, io grido: terra! terra! Abbastanza e più che abbastanza investigatori e vagabondi su foschimari stranieri!

Ora finalmente si intravede una spiaggia: qualunque essa sia, vi si deve approdare, anche il peggiore dei porti è preferibile a un nuovo ondeggiare nella disperata scettica infinità. Teniamo fermo ora alla terra; troveremo più tardi i buoni porti e faciliteremo l'arrivo a quelli che verranno dopo.

Questo viaggio fu pericoloso e irritante. Come siamo lontani ora dalla tranquilla contemplazione con cui prima vedevamo la nostra nave filare verso il largo! Seguendo l'orma dei pericoli della storia, ci siamo trovati esposti nel modo peggiore a tutti questi pericoli; noi stessi portiamo le tracce dei mali che piombarono sugli uomini contemporanei come un eccesso di storia, le portiamo evidenti, e precisamente il presente trattato mostra (e io non lo voglio ignorare) nella smoderatezza della sua critica, nell'immaturità della sua umanità, nel frequente passaggio dell'ironia al cinismo, dalla fierezza allo scetticismo, il suo carattere moderno, il carattere della personalità debole. E tuttavia io ho fede nellapotenza ispiratrice che in mancanza di genio, mi guida la navicella, ho fede nella gioventù e credo che essa mi ha ben condotto se ora mi costringe a una protesta contro l'educazione storica che gli uomini moderni danno alla gioventù, e se colui che protesta reclama che l'uomo impari anzi tutto a vivere, e si serva della storia soltanto in servizio della vita appresa. Voglio avvalermi di un esempio. In Germania non è passato molto più di un secolo da quando si destò in alcuni giovani un istinto naturale per la poesia. Si pensa forse che le precedenti generazioni non abbiano affatto parlato, al loro tempo, di quell'arte a loro intimamente estranea e innaturale, si sa che è vero il contrario: che esse con tutte le loro forze meditarono, scrissero, lottarono sulla "poesia", usando parole a proposito di cose che non erano altro che parole, parole, parole. Quell'iniziare ridestarsi di una parola alla vita non causò subito la morte di quei facitori di parole: in un certo senso essi vivono ancora; perchè se, come dice Gibbon, a far perire un mondo non occorre altro che tempo, ma molto tempo, lo stesso tempo è necessario perchè in Germania, nel paese del "gradatamente", un'idea falsa perisca. In ogni modo, oggi forse ci sono cento uomini in più di un secolo fa i quali sappiano che cos'è la poesia, e forse fra cento anni ancora ci saranno altrettanti uomini in più che nel frattempo abbiano appreso anche che cosa sia la cultura, per quanto essi possano parlare e vantarsi. A costoro la generale soddisfazione dei tedeschi sulla loro "cultura" sembrerà tanto incredibile e ingenua quanto a noi la classicità, un tempo riconosciuta, di Gottshed o il valore di un Pindaro tedesco attribuito a Rammler.

Essi forse considereranno questa cultura come una specie di scienza della cultura, e inoltre una scienza molto falsa e superficiale perchè si riuscì a vedere ciò che è caratteristico nella cultura dei veri popoli colti: cioè che la cultura può soltanto crescere e fiorire dalla vita; mentre essa presso i tedeschi è tenuta all'occhiello come un fiore di carta o è applicata come uno strato di zucchero e perciò deve rimanere sempre menzogna e infruttuosa. L'educazione della gioventù tedesca si basa appunto su un'idea falsa e improduttiva: non è il libero uomo colto il suo scopo, pensato come pure ed elevato, ma il dotto, l'uomo scientifico, e propriamente l'uomo scientifico utilizzabile il più presto possibile che si pone come spettatore della vita per conoscere chiaramente la vita stessa; il suo risultato , considerato volgare ed empirico, è il filisteo colto storico-estetico, quello che con vecchia prudenza e nuova sapienza discute sullo Stato, la Chiesa e l'arte, il sensorio di mille diverse sensazioni, lo stomaco insaziabile che non sa ancora cosa sia vera fame e vera sete. Che un'educazione avente tali scopi e tale risultato sia naturale, lo avverte soltanto l'uomo in essa è ancora immaturo, lo avverte soltanto l'istituto della gioventù, poichè questa ha ancora l'istinto della natura, il quale viene infranto artificialmente e violentemente proprio da quell'educazione.

Colui che a sua volta vorrà infrangere questa educazione dovrà aiutare la gioventù ad esprimersi, dovrà illuminarne la inconsapevole ripugnanza con la santità delle idee e condurla ad una cosciente consapevolezza che parli ben alto: ma come raggiungerà uno scopo tanto bizzarro?

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