loredanafina

SULL'UTILITA' E IL DANNO DELLA STORIA (Continua parte 10)

(pag. 338) - Anzitutto lo raggiungerà infrangendo una superstizione, la superstizione della necessità di quell'educazione. E' forse possibile credere che non ci sia nessun'altra possibilità fuori dalla nostra molto penosa realtà? Si esamini la letteratura dell'alta pedagogia degli ultimi decenni: si verificherà con spiacevole sorpresa con quale uniformità, nonostante le variazioni dei programmi e la frequenza delle contraddizioni, si è pensato lo scopo complessivo dell'educazione, e quanto sconsigliatamente il risultato finora ottenuto, l'"uomo colto" inteso nel senso attuale sia ritenuto il fondamento necessario e razionale di ogni figura educazione. Così press'a poco può suonare quel canone uniforme: il giovane deve incominciare con la scienza della cultura, non con la scienza della vita. E in realtà questa scienza della cultura, viene introdotta a poco a poco nel giovane come scienza storica: quindi ..LA SUA TESTA E' RIEMPITA DI UNA QUANTITA' PRODIGIOSA  DI NOZIONI, DEDOTTE DALLA CONOSCENZA INDIRETTA DEI TEMPI PASSATI E DEI POPOLI ANTICHI, E NON DA UNA DIRETTA VISIONE DELLA VITA. Il desiderio di imparare qualcosa da sè e di darne vita a una serie di esperienze personali, viene attuito e in certo modo ubriacato mediante un opulente miraggio, quasi fosse possibile in pochi anni vivere e fare proprie le più alte e meravigliose esperienze di tutti i tempi, e precisamente dei tempi più grandi. E' QUELLO STESSO MODO FOLLE CHE CONDUCE NELLE GALLERIE E NEI MUSEI I NOSTRI GIOVANI ARTISTI, INVECE DI CONDURLI AL LABORATORIO DI UN MAESTRO E ANZITUTTO NELL'UNICO LABORATORIO DELL'UNICA MAESTRA, LA "NATURA!"-

Come se si potesse, come fuggitivi passeggeri, nella storia del passato, abbracciare con l'occhio le sue idee e le sue arti, il suo proprio provento vitale! Come se la vita stessa non fosse un mestiere che si deve imparare a fondo e continuamente, ed esercitare senza riguardi, se essa non deve lasciar crescere chiacchieroni e strimpellatori!

Platone riteneva necessario che la prima generazione della sua società (nello stato perfetto) fosse educato con l'aiuto di una forte "pia menzogna"; i bambini dovevano convincersi di avere a lungo abitato sognando sotto terra, dove erano stati plasmati e formati dai maestri della natura. Impossibile insorgere contro questo passato, impossibile opporsi all'opera degli dei! Deve valere come infrangibile legge della natura questa: chi è nato filosofo ha oro nel suo corpo, chi è nato guardia ha soltanto argento, chi è nato operaio, ha ferro e bronzo. Come non possono essere mescolati questi  metalli, dichiara Platone, così non si devono confondere tra loro gli ordinamenti delle caste; la convinzione nella verità eterna di questi ordinamenti è la base della nuova educazione e quindi del nostro Stato. - Anche il nmoderno tedesco crede all'eterna verità della sua educazione, del suo modo di cultura: e tuttavia questa fede cede rovinosamente come lo Stato platonico sarebbe ceduto se alla pia menzogna si oppone una "pia verità": quuella, che il tedesco non ha nessuna cultura, perchè non può averla sulla base della sua educazione. Egli vuole il fiore senza radice nè stelo; quindi lo vuole inutilmente. Questa è la semplice verità, una verità spiacevole e brutale ma vera pia verità.

Ma la nostra prima generazione deve essere educata sulla base di questa pia verità; essa certo ne soffrirà molto, perchè attraverso questa verità deve educare se stessa, e precisamente se stessa contro se stessa, ad abitudini nuove, ad una nuova natura, fuori da un'abitudine e una natura vecchie: e quindi poter descrivere se stesso grazie al vecchio proverbio spagnolo: "Difenda me Dios de mi" . Dio mi difenda da me stesso, ossia dalla natura che mi fu inculcata. Essa deve inghiottire quella verità goccia a goccia, come una medicina amara e violenta, ed ogni individuo di questa generazione dovrà superare se stesso per giudicare se stesso, mentre sopporterebbe più facilmente un giudizio generico sopra un'epoca intera; noi siamo senza educazione, ancora peggio, SIAMO DIVENTATI INCAPACI DI VIVERE, DI VEDERE E UDIRE IL GIUSTO E IL SEMPLICE, comprendere più facilmente ciò che ci è più vicino e naturale, e finora non abbiamo nemmeno la base di una cultura, perchè noi stessi non siamo convinti di avere in noi una vera vita. INFRANTO E SPARPAGLIATO, DECOMPOSTO QUASI MECCANICAMENTE IN UN ESSERE INTERIORE E UN ESSERE ESTERNO, RIMPINZATO DI IDEE COME DI DENTI DI DRAGONE GENERANTI DRAGONI DI IDEE, SOFFERENTE INOLTRE DELLA MALATTIA DELLE PAROLE E INDIFFERENTE A QUALSIASI SENSAZIONE PERSONALE CHE NON ABBIA ANCORA RICEVUTO IL SUGELLO DELLE PAROLE, IO, FABBRICA INANIMATA E TUTTAVIA ATTIVISSIMA DI IDEE E DI PAROLE HO FORSE IL DIRITTO DI DIRE DI ME: "COGITO, ERGO SUM", MA NON "VIVO, ERGO COGITO". IL VUOTO "ESSERE" MI E' GARANTITO, NON LA PIENA E VERDE "VITA"; --LA MIA SENSAZIONE PRIMITIVA MI RIVELA CHE IO SONO UNA CREATURA PENSANTE, NON UNA CREATURA VIVENTE, CHE NON SONO UN "ANIMAL" MA TUTT'AL PIU' UN "COGITAL". DATEMI PRIMA LA VITA, E CON QUESTA IO CREERO' UNA CULTURA!, - così grida ogni individuo di quella prima generazione, e grazie a quel grido tutti quegli individui si riconoscono fra loro. Chi farà loro il dono di quella vita? Nè un dio nè un uomo: ma la loro propria "gioventù": togliete le catene e con lei avrete liberata la vita. Poichè la vita era soltanto nascosta, imprigionata, ma non è ancora inaridita e spenta - DOMANDATELO A VOI STESSI!

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