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LA DIDATTICA DELL'ODIO di Danilo Cipollini (Bel Ami Edizioni) - le frasi e le pagine più belle - TERZA PUBBLICAZIONE.

Post n°124 pubblicato il 19 Luglio 2013 da loredanafina1964

Prima di continuare a raccontarVi questa storia, ho un favore da chiedervi. Se vi sembrerà - e so che sarà così - che non si leghi a quello che vi ho appena raccontato, non preoccupatevi: ho fiducia che alla fine tutto vi sarà chiaro. Ecco quel che vorrei facesse per me. Se vi fermate in un giorno di pioggia, in una città, diciamo Roma, diciamo al tramonto, diciamo di Novembre, se decidete di fermarvi a Roma, di Novembre, al tramonto, mentre piove, ma piove di brutto, piove quelle piogge di cocce pesanti che inzuppano e quasi fanno male, beh, se decidete di Novembre a Roma di fermarvi al tramonto mentre piove vi accorgerete che la pioggia, sì, la pioggia, fa un piccolo miracolo. La pioggia mette a nudo le fragilità della gente. Specialmente quella di Roma, a Novembre, al tramonto. Ma ho il sospetto che anche altrove l'effetto possa essere lo stesso. No, non sempre, in verità. Credo che non faccia lo stesso effetto la pioggia di Messina ad Aprile, nè quella di Lodi a Agosto, di prima mattina, o la stessa pioggia d Novembre che cada, però, a Imperia, in una notte fonda e senza sogni. Ma a Novembre, al tramonto, a Roma, se vi fermate a guardare intorno a voi, mentre piove, e guardate la folla che vi scorre addosso, come acqua sulle rive di un fiume...Vedrete, nel loro sguardo, una piccola disperazione. La colpaè, io temo, della sensazione, cui la pioggia condanna, di aver perso le certezze, di non aver più punti di riferimento. Questo perchè...Perchè gli esseri umani passano la loro vita, e questo non solo a Roma, e non solo di Novembre, a costruirsi piccole corazze. Le indossano, di norma, in tutte le situazioni per cui sia prevista una, seppur vaga, socialità. Quando un padre di famiglia ogni mattina dismette le sue ciabatte e lascia il dolceamaro nido familiare, armandosi di giacca e cravatta per andare a lavorare, con quell'abito assume su di se, contemporaneamente, la sua armatura. La indossa sull'uscio di casa, dopo aver dato il consueto bacio del buongiorno a sua moglie, e sarà quella corazza a portarlo, sul metrò, mentre si dirige al suo posto di lavoro, a tenere lo sguardo fisso sul quotidiano davanti a sè anzichè guardare il dirimpettaio di posto, o il mendicante zigano che gli porge la mano sporca, o il ragazzino che gioca col cellulare. Sarà quella corazza a farlo sentire sicuro quando entra al bar e ordina cappuccino e cornetto, stando attentissimo che le vibrazioni nella sua voce non tradiscano nulla che possa essere frainteso, nulla che sia nemmeno lontanamente allusivo verso la barista, che gli sorride. Già, la Barista. Carina, molto, capelli rossi a caschetto, occhi verdi, qualche lentiggine. 

Diciamocelo: è bella, la barista.... che a sua volta, si capisce, gli sorride - sorride di rimando al nostro padre di famiglia - perchè la sua, di corazza, è una corazza fatta di eterni sorrisi e costante cortesia. L'ha calibrata, in quel bar, attraverso anni di prove, assidue, quotidiane... Assurdi quanto inspiegabili, eppure necessari tentativi di sorriso. Il sorriso, quello giusto, quello disponibile, cortese, e forse vagamente malizioso (ma appena appena, di quella malizia che la vedi ma non ne sei, poi, così sicuro e non puoi certo sbilanciarti, no, non puoi, sicuramente hai frainteso, ma che cazzo vai a pensare?). Un sorriso che attragga i clienti senza, tuttavia, lasciar trasparire troppo - perchè quel sorriso sia chiaro a tutti a nessuno. Solo noi, noi sappiamo cos'è.  E cioè, una corazza.

La corazza di un adolescente sarà composta di spavalderie coi compagni di classe e di qualche grammo d'erba nascosto nella tasca dello zaino o, se l'adolescente è meno fortunato, di canzoni ascoltate nel buio della sua cameretta in un'aria impregnata dall'odore forte dei suoi ormoni in pieno risveglio. 

Se non fossero importanti, determinanti, non sprecheremmo tanto tempo, ogni giorno, a perfezionarle, lucidarle, calibrarle ...le corazze.

Le corazze ci servono perchè definiscono il nostro ruolo. Stabiliscono qual è il nostro posto nel mondo, o almeno il posto in cui vorremmo stare, quello a cui aspiriamo. Ci servono perchè il mondo, se preso tutto insieme, è troppa emozione, un colpo troppo forte, e noi non siamo abbastanza capienti, o forti, da berlo tutto insieme. Traboccheremmo, strariperemmo, e ne saremmo lacerati - accade sapete? Chiedetelo a un pazzo, a un tossico o a un artista.

Quindi ci proteggiamo. Con le corazze. Attuiamo una selezione all'ingresso nei confronti del mondo. Limitiamo, per convincerci di non essere limitati noi da lui. Sono però queste corazze, corazze idrosolubili. Certe piogge possono scioglierle, ad esempio quella di Novembre, a Roma, al tramonto. E allora, tutte le certezze difficilmente accumulate, per un pò spariscono.

E' qui, proprio qui, che può accadere persino che una donna in carriera chieda un passaggio nella loro auto scassata a due giovani fricchettoni che, normalmente guarderebbe pensando "spero che mio figlio, quando ne avrò uno, non diventi come loro" per superare una pozzanghera di quelle, chilometriche, che si formano d'improvviso per strada a Roma, di Novembre, quando piove gocce pesanti (la corazza dei nostri sindaci non prevede sistemi fognari efficienti).

E' qui che la gente può fuggire a ripararsi ingombrando la veranda di un bar, senza che il proprietario batta ciglio mentre, normalmente, s'adirerebbe per quel carnaio che fa scappare i clienti.

Perchè la pioggia scioglie le corazze e ci rende nudi. La chiave è proprio qui. Ci riporta tutti a zero, nudi in maniera equanime, non qualcuno nudo e qualcuno no. Tutti nudi e, per questo, solidali fra noi. Immagina l'uomo prima della scoperta del fuoco. Immagina la notte, i ruggiti dei leopardi, stringersi sugli alberi sperando di veder sorgere presto il sole.

E' un attimo, subito ci si unisce, ci si raggruppa, si stabiliscono ponti e legami. Per indole, nessun uomo è un'isola. Anche se in realtà non fa altro per cercare di rendersi tale, per tutta la sua vita, proprio nel momento in cui l'acqua, davvero, sale e lo circonda, nel momento in cui più assomiglia a quell'isola a cui aspira.....Beh, proprio quello è il momento in cui più si distanzia da essa. Se mai vi troverete sotto la pioggia al tramonto, di novembre, preferibilmente a Roma, ma anche in qualsiasi altra città, va bene lo stesso..... Se mai vi accorgerete che gli uomini intorno a voi stanno smettendo di essere isole, beh, per favore, fate una cosa per me.

Anzichè correre a ripararvi, anzichè smettere, ostinatamente, a vostra volta di essere isole, anzichè fare spazio sotto il vostro ombrello a una vecchietta o a un bambino, come forse fareste, mentre la vostra corazza si scioglie, voi chiudete l'ombrello e rimanete fermi, sotto la pioggia d Novemtre, sotto al peso infinito del tramonto - questo, vi garantisco, questo e non la pioggia, allontanerà tutti gli altri. E accettate con onestà, di essere isole fino in fondo. Perchè alla fine dei conti, non c'è niente di vero se non la vostra corazza a questo mondo.

Quella, e la Didattica dell'Odio".

________________________________

Prossima pubblicazione al più presto.

 

 
 
 
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