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dal libro: "Un'altro giro di giostra" di Tiziano Terzani - Le pagine più interessanti - Ed. Longanesi

Post n°215 pubblicato il 29 Giugno 2016 da loredanafina1964

DODICESIMA PUBBLICAZIONE

Pag. 61

Dalla fine dell'Unione Sovietica, nel 1991, oltre mezzo milione di ebrei sono arrivati negli Stati Uniti, moltissimi a New York. Per lo più si tratta di persone qualificate. Il segreto della grande vitalità dell'America, e in particolare di New York, è tutto qui: sempre una nuova ondata di immigranti disposti a grandi sacrifici per farcela. Negli anni Trenta, Quaranta sono arrivati gli ebrei tedeschi ed europei; poi i cinesi, i coreani, i vietnamiti, ; ora di nuovo i cinesi e gli indiani e ancora gli ebrei, questa volta dell'ex Unione Sovietica. 

Per un immenso paese i cui pochi abitatanti originari - i pellirossa - furono metodicamente spossessati e massacrati, l'immigrazione è stata una necessità congenita; la multietnicità una ovvia conseguenza. E' curioso che questi fatti, in parte dovuti a un vero e proprio genocidio, vengano ora presentati come esemplari, come una virtù, e che gli Stati Uniti propagandino, sulla base di questa loro particolarissima esperienza, il mito della società del futuro come una società globalizzata, multirazziale, multiculturale: un pot-pourri mondiale che rinnovandosi in continuazione, garantirebbe vitalità e sviluppo. 

La verità è che non ci sono ricette globali per i problemi dei popoli e che le migliori soluzioni sono sempre quelle che tengono di conto delle condizioni locali.

Ciò che va bene in America non va necessariamente bene altrove e ciò che è nocivo in un posto può non esserlo in un altro.

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Pag. 64

Hollywood non rifugge dall'affrontare i tanti problemi della società americana, ma ha un modo tutto suo di presentarli e di risolverli con quel lieto fine che è ideologicamente - e anche commercialmente - d'obbligo per ogni storia. Democrazia, eguaglianza, giustizia cono valori che vengono platealmente negati nella realtà, ma costantemente riaffermati nella sua rappresentazione. La finzione prende il posto della notizi. La propaganda quello della verità. 

In America l'industria della pubblicità e quello delle pubbliche relazioni sono ormai due sofisticatissimi sistemi di manipolazione della mente e non c'è più nulla, da Dio a un prodotto elettronico a una guerra, che non venga abilmente impacchettato e presentato in una qualche illusionistica formula di parole o in una qualche scatola lucida e colorata da lanciare sul mercato. La verità finisce così per essere sempre schermata, a volte accantonata, dimenticata come il fatto che gli Stati Uniti sono stati il primo e per ora l'unico paese a usare la bomba atomica. E' così che ogni rivoltante episodio di ingiustizia, di sfruttamento e di violenza finisce regolarmente per avere una parvenza di lieto fine, come appunto avviene nei film. 

Ogni paese, a che ci arriva da straniero, si presenta con una sua qualità, una sua caratteristica che capita di vedere immediatamente riflessa in qualcosa o qualcuno. In India, per me quel tratto caratteristico fu l'assurdità, e ricordo come mi colpì una storia nel giornale che mi arrivò con la colazione la mia prima mattina a Delhi, dove ero appena arrivato a metter su casa. 

In America, questa volta restavo colpitissimo dalle storie di violenza: un ragazzino di quattordici anni, tutto casa, scuola, computer e giochi elettronici, fa amicizia attraverso internet con un signore di quarant'anni. Quello, dopo varie chiacchierate cibernetiche, un giorno invita il ragazzo a una passeggiata e finisce per violentarlo prima da solo, poi assieme a una banda di suoi amici. Il ragazzino si confida con i suoi genitori, viene affidato a uno psicoterapeuta, ma un giorno che è solo in casa e alla porta bussa un bambino di undici anni, venuta a chiedere soldi per la fiera della scuola, lui lo acchiappa, lo violenta, lo strangola, lo mette in una valigia e nottetempo la va a buttare in un bosco.

Nel Kentucky, un ragazzino, anche lui di quattordici anni, pallido e smunto, arriva a scuola e con due pistole si mette a sparare all'impazzata, uccidendo tre ragazze. Imitava uno che poco prima aveva fatto la stessa cosa nel Mississippi.

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Pag. 66

In un quartiere periferico di New York, un ragazzo viene arrestato per avere coscientemente attaccato l'AIDS a "decine" (così scrivono i giornali) di sue compagne, alcune giovanissime. "Io lo amo lo stesso", dichiara una delle vittime. Ha tredici anni.

I grandi giornali si chiedono che cosa sta succedendo all'America, i commentatori dei canali televisivi fanno facce contrite, ma basta guardare quel che i canali trasmettono per capire l'ovvio: si accende la TV, si pigia il tasto con cui si passa da un programma a un altro, e immancabilmente si casca su una scena in cui qualcuno picchia, sbatacchia, ammazza, brucia, strangola o violenta qualcun altro. A qualsiasi ora del giorno e della notte! 

Uno dei soliti studi, che comunque lasciano il tempo che trovano, scopre che un bambino americano vede alla TV nel corso di un anno più di duemila morti ammazzati.

Ma tutto è parte del progresso. E' il prezzo che bisogna pagare in nome di un generale andare avanti. Avanti, ma dove? Non viene mai detto. A volte mi pareva di vivere in un mondo sull'orlo del disastro, mi pareva di stare nel cuore di una sempre più strana società, fatta di gente più "mutata" di me e che stava progressivamente impazzendo.

Un giorno lessi che una cittadina nello Stato di New York aveva inventato un sistema di telecamere installate negli asili, così che le madri dal computer in ufficio potevano vedere cosa stavano facendo i loro bambini e lavorare più tranquille. Ma non sarebbe stata una soluzione migliore far stare le madri con i loro figli? Progresso, questo?

Anche Freud, alla fine della sua vita, si chiese se le varie conquiste vantate dall'uomo fossero davvero segni di progresso. In uno degli ultimi saggi, Il disagio della civiltà, il vecchio psicanalista comincia con l'elogiare i progressi della tecnologia che gli danno, ad esempio, la gioia di sentire la voce di un figlio lontano migliaia di chilometri. Poi aggiunge: ma se non ci fosse stata l'invenzione delle ferrovie che portano mio figlio lontano, non avrei avuto bisogno del telefono per ascoltare la sua voce; se non fosse stata inventata la nave, non avrei avuto bisogno del telegrafo per avere notizie del mio amico che sta dall'altra parte del mondo.

Guardavo le colonne di fumo che uscivano da alcune gigantesche ciminiere di una centrale elettrica sulla via del mio ospedale e pensavo alla immensa fornace umana che, di generazione in generazione, di immigrazione in immigrazione, manda avanti in questo paese la straordinaria locomotiva del progresso, della modernità.....e del cancro. Perchè è ovvio: gli americani sono i più grandi esperti di cancro, ma lo sono perchè, con la loro industria, col loro cibo, coi loro fertilizzanti, le loro armi, con tutto il loro modo di vivere, sono anche quelli che ne causano di più. Più malati, più medici, più esperienza. Per questo ero venuto lì.

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PROSSIMA PUBBLICAZIONE AL PIU' PRESTO.

 

 

 

 

 

 

 

 


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Ciao, bel post, complimenti. Ti auguro una dolce notte....
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:)
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Il verso della lepre o il raglio dell'asino invece non...
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grazie :) NMHRK
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