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No alla censura! Basta con l'imbroglio!

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Pasolini come ieri oggi e domani?

Post n°35 pubblicato il 21 Giugno 2007 da lunarossa.1974

700 firme per richiedere l'apertura delle indagini sulla morte di Pier Paolo Pasolini: ogni firma vista la sua autorevolezza vale il doppio. Ma chi era quest'uomo.

Scrittore, poeta, giornalista, filosofo, soprattutto un uomo scomodo, un uomo libero, un uomo pronto a infrangere le regole del regime.

La sua infanzia segnata dalla guerra, dagli innumerevoli spostamenti, o forse delle vere e proprie deportazioni; il padre accanito giocatore, passò qualche anno in carcere, la madre figura seppur forte rimarrà sempre nell'ombra. Studi eccellenti, sempre educatamente alla ribalta, a scuola nello sport e in qualsiasi cosa si proponesse di fare. Sempre oggetto di chiacchiere, nell'occhio del ciclone, deriso, umiliato, in qualche caso allontanato per vere e proprie ingiurie nei suoi confronti, da redazioni, partiti politici, lavoro.

Pasolini era un uomo nato nel secolo sbagliato: forse sarebbe stato troppo avanti tutt'oggi, forse lo avremmo additato anche noi. Il genio incompreso. Discreto, ma capace d'irrompere il muro omertoso con le sue dichiarazioni al vetriolo. Fragile, ma pronto a sfidare una società bacchettona e intransigente verso i diversi. Umile senza mai abbassare gli occhi dinnanzi verità scottanti.

L'accusa che più gli struggerà l'animo sarà quella marcante la sua omosessualità; vivrà e farà vivere le persone a lui care in un continuo e persuasivo stato di pathos.

Ma cosa può avere indotto la sua morte, chi e perché ha ritenuto di doverlo eliminare?

Di certo non è stato quel ragazzino di 17 anni: qualcuno cerca ancora la verità.

Un crimine irrisolto, l'ennesimo secondo molti, di origine politica; forse ci si dovrebbe fermare.

Ieri sono stata a Roma, nei pressi di piazza della Repubblica, una piazza adiacente la stazione termini. Quando torno in quella che è la mia città, mi rendo conto del perche, incoscientemente ho sempre rifiutato l'idea di tornarci, preferendogli uno sparuto paese vesuviano.

Non sopportano i miei occhi tanto degrado: mi assale rabbia, amarezza, indignazione; al diavolo le belle vetrine, capaci di ostentare una ricchezza frivola e vuota, al diavolo i maestosi portoni degli illustri hotel, al diavolo i monumenti.

Si aggirano le romane, stringendosi a se le borsette, schivando gli sguardi dei senegalesi, nigeriani che non mancano di farti al tuo passaggio qualche apprezzamento vergognoso.

Passano le auto blu, i governatori e gli oppositori, sfrecciano e non sembrano preoccuparsi di come hanno fatto diventare la città; l'impero romano decantato da Marco Valerio Marziale, ridotto ad un ricovero per senza tetto a cielo aperto.

Si aggirano i turisti, assediati ed importunati dagli zingari di strada, veri e propri ladri, esperti borseggiatori.

L'odore nauseabondo e asprigno che ti violenta le narici, che ti colpisce come un pugno attraversando i tanti giardini del centro storico: odore di piscio, urina dei tanti vagabondi che stanno deturpando una delle piu belle città al mondo.

La cosa che piu di tutte mi fa rabbia, è che in questa città ci abitano anche loro, si loro i governatori,  il Presidente della Repubblica e il caro Sindaco. Mi vergogno non poco io per loro.

Perdiamo troppo tempo, troppi soldi ed energie per tentare di svelare vecchi misteri, lasciando incompiuti quelli di oggi. Basta.

Non possiamo sempre rincorrere vecchi fantasmi, seppur con il solo scopo di rendergli giustizia; il tempo tiranno ci priva di concederci tanto.

Lo so è brutale questo mio dire, ma lo è ancor di piu assistere impotenti e subire tanto improprio.

Abbondano le aporie, le apologie, i giudizi gli anatemi, proclami ampollosi, come dei versi, e versi non sono perche la poesia rende tutto dolce anche la morte .

La sporcizia che in superficie si mostra è nulla rispetto allo sporco che abbiamo dentro.

Questo lo aveva capito anche Pasolini, forse per questo è stato ucciso, per aver cercato di lacerare l'allora borghesia benpensante, con la sua delicata e fragile sensibilità.

Non voglio nemmeno io dimenticare, ma non voglio che domani i miei nipoti si ritrovino a dover giustiziare il nostro presente.

 A volte ho come l'impressione che quel che io vedo, sia contemporaneamente invisibile ad altri, oppure, io vivo di allucinazioni o manie di persecuzione.

Non ci credo che nulla si possa fare, non credo si stia facendo abbastanza.

La verità è davanti agli occhi di noi tutti, non bisogna inventarsi sociologi per vederla, o speleologi per scoprirla. È meglio l'esilio dunque?

 

 

 

 

 

 

 
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