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Creato da: lunarossa.1974 il 16/02/2007
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La Cupola dei misfatti

Post n°9 pubblicato il 09 Marzo 2007 da lunarossa.1974

Valle del Mushai, periferia di Kabul, un’enorme distesa di terra e roccia contrapposta a zone di fitta vegetazione. Foreste intrinseche, ed inaccessibili. Roccaforte dei resistenti, nella fitta boscaglia tramano trappole, trabocchetti; morte. I nostri soldati l’attraversano, con il palato asciutto e il cuore martellante: in questa stessa zona sono morti i caporali maggiori Giorgio Langella, Vincenzo Cardella, e il caporale Giuseppe Orlando: non tutti insieme, ma a distanza di un  breve lasso di tempo. Ieri i ribelli hanno puntato per ben tre volte un lanciarazzi contro un nostro blindato: nessun morto, nessun ferito; fa paura portare la pace laggiù. Ma gli ordini vanno rispettati, la foresta bonificata.

Nel mentre questi giovani coraggiosi, percorrevano l’anticamera dell’inferno nel ventre di questi gipponi da un quintale di blindatura, Berlusconi ribadiva “governo a casa se non c’è maggioranza”

Sotto l’attacco di questi lanciarazzi, che fanno tremare soltanto sentendoli partire con il loro tipico fischio assordante; immaginatevi sentirli avvicinare, racchiusi nella trappola di una stretta cabina. Il sibilo diabolico aumenta d’intensità, l’abitacolo trema: cosa si pensa in quel lasso di tempo? Se si ha il tempo e il modo di pensare.  Forse si prega che abbiano sbagliato mira.

Forse si spera di rivedere la luce, e di rivederla con tutti gli arti attaccati al posto giusto. Forse pretendono troppo.

Nel frangente di questi deliri personali, qualcuno meschinamente vigliaccamente li strumentalizza, con lo scopo di tornare a governare. Tornare a pavoneggiarsi. Magari ripresentandosi dopo un lifting, tanto per non sfigurare.

Il tramonto a Kabul, deve essere un incanto che si trasforma in disincanto tutte le volte che da lontano si odono le scoppiettate, o si scorgono le scie sfavillanti dei missili partiti da un punto imprecisato di una boscaglia impervia. Eppure il vero nemico dei nostri soldati non abita quelle fitte boscaglie, non porta bendaggi sul viso e sul capo, non indossa tuniche, non prega Allah. Questi ultimi li uccidono materialmente: il vero nemico gli strazia la dignità.  Impomatato e carismatico, veste firme prestigiose, al suo seguito una schiera di umili servitori: scarpe scricchiolanti, dopobarba idratante; il portafoglio trabocca di carte di credito.  Questo Cavaliere, ha un alleato, ed è Santissimo e dorato, entrambi appaiono indifferenti al massacro eternato dei soldati, indifferenti davanti ai sequestri di giornalisti, freddi e imparziali dinnanzi ai fiumi di porpora. In questo fiume indistintamente scorrono sostanze appiccicose Americane, Italiane e di tutta Europa, Talebane, di civili, di bambini, d’innocenti e colpevoli. Nello stesso fiume si riversano amici e nemici: sfociano tenendosi per mano in un’enorme pozzanghera rossa morte; ormai ha assunto le dimensioni di un oceano.

Ma loro credenti e praticanti hanno ben altre mire, ben altre priorità.

Laggiù in un punto difficile da identificare e dalla geografia invivibile, si muore senza sapere il perche. Loro sanno benissimo, e non perdono mai di vista la loro meta.

In Italia la Cupola dorata scende in piazza contro l’amore: deve essere per questo che sembra incurante alla guerra in atto, l’odio e la devastazione, ai loro occhi ha ben altra sede.

Gli eccidi e le discriminazioni, loro non li contrastano anzi li alimentano. Per loro i deboli gli emarginati i discriminati sono alla stregua della feccia piu feccia che conosciamo.

La Cupola sempre in compagnia del suo prode Cavaliere difende la famiglia: maledetta me, che pensavo difendesse la vita, i deboli e i ghettizzati. Ignobili individui a cui non frega nulla di nessuno, capaci soltanto di sparare offese sibilanti come i cannoni dei Talebani. Morire a Kabul non ha senso, umiliare gli omosessuali non ha senso. Impedire la vita è innaturale.

Fermate questa guerra, difendete chi è privo di diritti, garantite la vita.

 

 

 

 

 
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