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« Intervista a Maurizio Mazzurco

Intervista a Laura Dina Borromeo

Post n°70 pubblicato il 07 Maggio 2021 da touchstone0
 

Marco Belocchi intervista Laura Dina Borromeo
Vorrei che la notte
di Laura Dina Borromeo
Edizioni Lithos 2020

1. Vorrei che la notte, volume di racconti edito da Lithos nella collana Portoro, è la tua prima pubblicazione, cosa significa per te affacciarti al mondo editoriale, confrontarti con un pubblico, piccolo o grande che sia? 

Come per ogni scrittore, vedere le mie opere stampate e proposte al pubblico è la realizzazione, non di uno, ma "del Sogno" e sono particolarmente grata alla Lithos per la professionalità con cui sono stata supportata nella stesura finale del libro.
Per me il confronto con i lettori è il sale dello scrivere. Ogni storia ha bisogno d'essere condivisa e suscitare emozioni per prendere vita; così, quando un personaggio viene amato o odiato, quando mi viene chiesto cosa gli succederà dopo o qual era il suo passato, allora sento d'aver scritto qualcosa di buono. Per esempio, uno dei miei "talismani" è un grande disegno ispirato a una mia fiaba e realizzato da un bimbo affetto da autismo.  Può sembrare singolare, ma ciò che me lo rende così caro, oltre a saperlo parte di un percorso difficile, è stata la preoccupazione del bambino di riuscire a "far star bene" il suo personaggio preferito, disegnandolo su un grande cuscino. 

2. Tu scrivi racconti storici, ovvero ambientati in varie epoche storiche, dall'impero romano, al XVII secolo, fino alla recente guerra cecena. Il prof. Giorgio Patrizi nella sua prefazione scrive: "Sorprende la disinvolta gestione di una voce che attraversa le più impervie lontananze, temporali e spaziali, per ritrovare sempre una puntuale dizione dei fatti e dei sentimenti, anche con il gusto (e la sapienza) di mescolare codici narrativi diversi, articolare il registro, essenziale eppure di sobria eleganza, di una narrazione realistica lineare...". Ci puoi raccontare come nascono le storie e che tipo di ricerche fai per arrivare ad ambientare le narrazioni in maniera così credibile? 

Innanzitutto, ci tengo molto a ringraziare il professor Patrizi per aver dedicato tempo e parole alla mia opera e spero che il giudizio dei lettori concordi con il suo. Fondamentalmente, io amo la Storia e la ricostruzione storica rigorosa, ma il punto di partenza è sempre un dettaglio, una scena che mi coinvolge tanto da sentire nella pelle il vissuto dei protagonisti. Allora cerco d'immergermi nello spirito del tempo e dei luoghi ed è questo il motivo per cui la fase di ricerca è sempre piuttosto lunga. Di solito mi rifaccio a immagini dell'epoca, che siano foto, quadri o ricostruzioni dell'architettura, ma anche a mappe o particolari dell'ambiente naturale. Insomma, a tutto ciò che mi consente di creare "un'esperienza visiva". Qualora siano presenti, leggo atti, corrispondenze e pagine di diario; infine, li abbino allo studio di tradizioni e miti del luogo, per immaginare un modo di pensare e atteggiarsi diverso dal mio.
Credo che il mutare di gesti ed espressioni nella Storia sia una manifestazione dell'infinita poliedricità dell'uomo e ammetto di esserne affascinata. D'altra parte, i miei scritti non sono saggi, quindi posso prendermi la libertà di adattare, restando nei limiti della veridicità storica, i protagonisti al messaggio che voglio trasmettere. Talvolta opto semplicemente per l'aggiunta di un personaggio secondario di fantasia o di una riflessione. In ogni caso mi piace dare un risvolto etico a ciò che racconto. 

3. Qual è il tuo background di scrittrice, quali sono i tuoi riferimenti di formazione letteraria? 

Prima ancora che una scrittrice, ritengo d'essere una lettrice, accanita e onnivora, che ha avuto la fortuna di avere a disposizione un'ampia biblioteca di famiglia. Non riesco a immaginare una vita senza libri, così come senza musica o sogni. Infatti, sebbene consideri un punto di riferimento autori quali Umberto Eco, Dacia Maraini e Marguerite Yourcenar o, andando più indietro nel tempo, il Vasari, leggo spesso testi improntati a una visione onirico-simbolica, spaziando dai racconti di Tabucchi ai romanzi di Zusak, o narrazioni che attingano alla mitologia, sul genere di Cassandra di Christa Wolf.
Probabilmente devo alla mia formazione scolastica (un insolito percorso artistico-scientifico) la ricerca di una scrittura in cui pathos e dettagli accurati si combinano con l'immediatezza di un affresco, ma la tendenza a indagare i sentimenti è sicuramente parte del mio DNA. Da bambina adoravo ascoltare il racconto degli scritti del nonno per "l'amore illustrato", un giornale del primo '900, o delle sue esperienze nell'accademia dei Rozzi.
Tradizioni. Storie di famiglia. Emozioni che trasformano il passato in un romanzo d'avventura. Sono questi gli ingredienti che mi fanno vedere la Storia come uno scrigno pieno d'inestimabili tesori. 

4. Il racconto che apre la raccolta "La libertà aveva i colori dell'argilla" ha vinto il primo premio al concorso letterario La Clessidra nel 2019. Partecipi spesso a premi letterari? Li trovi validi? Qual è la tua esperienza? 

Ho iniziato a partecipare a concorsi letterari nel 2017 ed è stata un'esperienza entusiasmante, non solo perché i premi vinti mi hanno dato una conferma positiva sul mio modo di scrivere, ma anche perché gli eventi stessi erano ricchi di stimoli interessanti. Ho avuto la possibilità d'incontrare persone amanti della cultura e impegnate nel promuoverla, nonché di apprezzare realtà italiane che non conoscevo e associazioni attive sul territorio con iniziative educative e benefiche. In realtà, non so se tutti i concorsi siano ugualmente seri o se io sia stata particolarmente fortunata. In ogni caso, penso che essere letti e giudicati da persone competenti e il confronto con altri scrittori sia un'ottima occasione di crescita. 

5. I tuoi prossimi progetti? 

In questo momento, dopo aver vissuto, come molti, un periodo difficile legato alla pandemia, ho voglia più che mai di rimettermi in gioco e sto lavorando essenzialmente a due progetti.
Il primo è una raccolta di racconti ambientati in luoghi e tempi molto diversi, dall'Egitto dei Faraoni all'Europa della Seconda Guerra Mondiale, e il cui filo conduttore è "il falso" inteso come maschera, ma anche truffa, inganno o illusione. In ogni storia risulta essere proprio "ciò che vero non è" a consentire ai protagonisti di dar vita alla propria intima, e talvolta negata, verità.
Il secondo, invece, è un romanzo in cui vicende e personaggi di fantasia si collocano in una ricostruzione della Sicilia del XV secolo. È una storia corale in cui i protagonisti si scontrano con gli equilibri complessi di una società multietnica, con una Chiesa in bilico tra corruzione e Inquisizione e poteri occulti più forti delle Leggi, scoprendo che il senso dell'onore si trova là, dove nessuno avrebbe mai pensato di cercarlo.

 

 

 
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