Non era un padre della libera informazione in libero Stato,
ma un persuasore elitario al servizio dei poteri forti
BARBARA SPINELLI E L’EQUIVOCO SU WALTER LIPPMANN
Credo che, nel numero del “Fatto” (il quotidiano di Marco Travaglio e colleghi) del 26 febbraio, la stimabilissima Barbara Spinelli abbia preso qualche abbaglio commentando l’amara contrapposizione tra Travaglio e Santoro.
La Spinelli, quale paradigma dei migliori principi sul giornalismo e sull’informazione (cane da guardia della democrazia, controllo dei poteri, limite all’arbitrio ecc.) ha citato compiaciuta Walter Lippmann, presentandolo come “il maestro di tutti noi scrivani” e presentando alcune splendide massime del medesimo, che davvero lo fanno apparire come un campione del libero giornalismo in libero Stato.
Le intenzioni della signora sono lodevoli: tuttavia la questione è più complessa. Ad approfondire la vicenda umana e professionale di Lippmann si scopre che il personaggio è molto inferiore al suo mito. Lo ha mirabilmente smascherato Noam Chomsky: tanto per dire, non propriamente un alfiere della reazione…
Ne “Il potere dei media” (edizione italiana per i tipi della Vallecchi), Chomsky mostra con grande chiarezza il ruolo, cosciente, di Lippmann nella teorizzazione e nella pratica della costruzione organizzata del consenso attraverso una propaganda mascherata ed una manipolazione occulta, perseguite ed ottenute con tecniche moderne. Il concetto di base è che la massa, da sola, non è in grado di gestirsi bene, di comprendere i propri interessi e di perseguirli: cosa che sanno fare solo le elite, una casta di persone superiori le quali, sotto un’apparente organizzazione democratica delle istituzioni, utilizzano un consenso provocato ad arte per realizzare i propri interessi di classe e di apparato. E non si creda che sia una visione allestita solo dai capitalisti: persino il leninismo funzionava allo stesso modo, rileva Chomsky, con quell’idea di un partito (il Partito Comunista) che doveva guidare il popolo ottuso verso il luminoso futuro del socialismo (che poi altro non era che la dittatura dello stesso partito).
(Nelle foto: in alto, Barbara Spinelli; in basso, Walter Lippmann)