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Presto / anche noi (…) saremo / perduti in fondo a questo fresco / pezzo di terra: ma non sarà una quiete / la nostra, ché si mescola in essa / troppo una vita che non ha avuto meta. / Avremo un silenzio stento e povero, / un sonno doloroso, che non reca / dolcezza e pace, ma nostalgia e rimprovero PIER PAOLO PASOLINI


Cazzarola!
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Post n°2217 pubblicato il 21 Aprile 2025 da massimocoppa
ADDIO A PAPA FRANCESCO, COSA CI LASCIA?
Provare il dispiacere che si proverebbe per la scomparsa di un caro zio è forse il maggior risultato ed il più grande lascito di Papa Francesco. Il pontefice è scomparso questa mattina, inaspettatamente visti i notevoli progressi conseguiti dopo la dura affezione respiratoria che lo aveva colpito alcune settimane fa e, addirittura, dopo essere apparso diverse volte in pubblico: l’ultima proprio ieri, a Pasqua. Personalmente sono rimasto molto turbato da questa notizia: non mi aspettavo proprio che Papa Francesco morisse così, proprio oggi, dopo averlo visto ieri che passava in auto tra la folla in S. Pietro, a Roma, e dopo aver ricevuto il vicepresidente degli Stati Uniti. Questo testimonia ulteriormente, casomai ce ne fosse ancora bisogno, la caducità delle umane cose. Ma, soprattutto, testimonia come quella di Francesco fosse ormai divenuta una presenza cara, attraverso i media, nelle case di tutti gli italiani e di tutti i cattolici del mondo; e questo probabilmente anche per i popoli che fanno riferimento ad altre religioni, non solo cristiane. Io sono un pessimo cattolico e non sono praticante: eppure avverto adesso, dentro di me, un vuoto, una mutilazione che è propria della morte dei grandi personaggi positivi della Storia. Cosa ha rappresentato, Papa Francesco, per la Chiesa e per il mondo? È difficile dare una risposta a questa domanda nelle poche righe di un post, anche perché il respiro della Storia e degli stessi studi storici è enorme, per cui si può dire che capiremo meglio questo pontificato tra qualche decennio, se saremo ancora su questa terra. Dai miei annosi studi sulla dimensione politica del papato di Giovanni XXIII, Roncalli, il “Papa buono” degli anni Sessanta del Novecento, posso dire senza tema di smentita che Francesco è stato il Papa a lui posteriore che più gli ha somigliato: per carica umana, per simpatia, per chiarezza e franchezza di linguaggio, per “l’opzione per i poveri”. Quando vedevo questo “zio”, o ancora meglio questo padre, argomentare con pacatezza, quasi sempre sorridente e benedicente, ma non arrendevole o disposto al comodo compromesso, essendo nel contempo capace di precisare i punti fissi della dottrina, mi sembrava proprio di rivedere Papa Giovanni. O meglio, quello che i media ci hanno tramandato di lui, essendo egli morto diversi anni prima della mia nascita. Forse solo un altro pontefice, almeno potenzialmente, si è avvicinato alla dimensione giovannea: Albino Luciani, cioè Giovanni Paolo I. Anche dottrinalmente era di certo più simile a Roncalli che a Paolo VI ed anni luce lontanissimo da quello che sarebbe stato il Papa polacco, Giovanni Paolo II. Ma, come si disse all’epoca con suggestiva metafora, il suo pontificato durò “lo spazio di un sorriso”, un solo mese. Dopo Wojtyla e dopo Benedetto XVI, la Chiesa aveva bisogno di un pontefice riformista, meno severo, più paterno, più sorridente, più disponibile. Bergoglio lo è stato. Si capì subito, alla sua elezione, che sarebbe stato molto diverso da Ratzinger. Era il momento, per la Chiesa, di avere alla sua guida non più un irreprensibile guardiano dell’ortodossia, ma un uomo capace di adattare di nuovo l’istituzione alle necessità del mondo contemporaneo, capace cioè di vedere “i segni dei tempi”, come avvertiva l’insegnamento roncalliano. Questo la Chiesa lo aveva capito, altrimenti non si spiegherebbe come possa essere emerso uno come Bergoglio, un latino-americano (anche se di origini italiane), sospetto di simpatie sinistrorse e proveniente da un ambiente pericolosamente vicino alla Teologia della Liberazione, da un Conclave rimpinzato di conservatori piazzati dal lunghissimo papato di Wojtyla e poi anche da Ratzinger. Ora, al contrario, il Conclave sarà pieno di riformisti: eleggeranno essi un altro Bergoglio? Lo scopriremo solo aspettando i fatti. Tuttavia dobbiamo chiederci: ma Bergoglio è stato totalmente quello che ci si aspettava sarebbe stato? Ha compiuto riforme veramente significative? È andato fino in fondo? La risposta, ahimè, è tre volte “no”. Se qualcuno votò Bergoglio pensando che avrebbe rivoluzionato la Chiesa, si è sbagliato. Ma è difficile pensare che, nel rarefatto mondo elitario dei cardinali, qualcuno possa essere stato così ingenuo. La Chiesa dura da duemila anni proprio perché non è avventurista. Nessun Papa è davvero un rivoluzionario: non lo è stato neanche Giovanni XXIII, sul quale si è molto equivocato. Tacciato addirittura di simpatie comuniste, Roncalli fu in realtà anticomunista: lo testimoniano la sua vita, le sue opere ed i suoi scritti. Semplicemente, però, egli distinse “l’errore dagli erranti”, ricordando sempre che, al fondo, anche un comunista, o un eretico, è pur sempre un essere umano, cioè un essere sacro perché caro a Dio. In questo senso, indubbiamente, è andato anche Bergoglio. Certo, il momento storico lo ha aiutato. Forse Wojtyla era quello che ci voleva per i tempi della Guerra Fredda, quando effettivamente il comunismo sovietico faceva paura ed era oggettivamente pericoloso. È dunque nell’atteggiamento paterno che risiede il maggior pregio di Papa Francesco, perché in realtà di riforme vere e spinte fino in fondo, dal punto di vista dottrinario, egli non ne ha varate. Le ha solo accennate. La stessa apertura ai divorziati, agli omosessuali, al celibato femminile, in realtà, sono rimaste solo suggestioni, suggerimenti, atteggiamenti. Possono essere completamente annullati dal prossimo pontefice. L’unica cosa solida che resta è la riforma di un verso del “Padre Nostro” e di qualche rituale: un po’ poco, indubbiamente. Soprattutto, Bergoglio non ha organizzato un terzo Concilio Ecumenico Vaticano. Il secondo fu il maggior lascito di Giovanni XXIII, il quale cercò con questo strumento, ed indubbiamente vi riuscì, di svecchiare la Chiesa, preparandola finalmente ad accogliere le sfide del mondo contemporaneo e a dare risposte ai nuovi problemi della modernità. Io credo che, oggi, ci vorrebbe un altro Concilio, cioè un altro scossone benefico ad una Chiesa che si è di nuovo sclerotizzata. Tuttavia qualcosa di buono Bergoglio lo ha certamente fatto, altrimenti non si spiegherebbe l’odio che ampi settori della Chiesa gli riservavano, ormai addirittura apertamente (a partire dai vescovi americani). Il suo riformismo, benché sostanzialmente solo abbozzato, ha comunque colpito grossi interessi, e questo è un bene. Soprattutto ha cercato di risanare le finanze vaticane colpendo l’affarismo, un male enorme che davvero ha danneggiato la Chiesa dalle fondamenta, un “fumo di Satana” che è entrato nei palazzi apostolici, per parafrasare Paolo VI. Anche nella lotta alla pedofilia, che è la negazione stessa dell’essere padre spirituale per tanti ragazzini, Bergoglio si è distinto, anche se non sono mancati errori. E molto ha fatto anche nella lotta ai privilegi curiali. Inoltre ha liberato la Chiesa dall’ossessione del sesso, dove invece l’aveva precipitata Wojtyla, derubricandolo a peccato minore, certo non la cosa che Dio guarda per prima (ovviamente ammesso che accada tra adulti consenzienti). Ricapitolando, i punti a favore del pontificato di Francesco consistono appunto nella sua grande umanità e, poi, nel generale atteggiamento riformista delle sue opere. Riforme che, però, non sono andate a termine o, addirittura, nemmeno sono avanzate. Forse dodici anni di pontificato sono pochi per fare tutto, ma non sono pochissimi: qualcosa in più certamente si poteva fare, ma a discolpa di Bergoglio bisogna dire che le resistenze che ha dovuto affrontare e scardinare sono state tante e fortissime. Di certo il prossimo pontefice dovrà continuare su questa linea, ma dovrà fare molto di più: dovrà andare fino in fondo, produrre risultati concreti e solidi. Altrimenti la Chiesa si allontanerà di nuovo, e ancor di più, dal mondo moderno: un mondo dove, già oggi, i praticanti, cioè quelli che vanno a messa, sono un’infima minoranza, in calo a partire dagli anni Cinquanta del Novecento. Un fenomeno che non sono riusciti ad invertire nemmeno Giovanni XXIII, né Papa Francesco, per non parlare del popolarissimo Giovanni Paolo II. Non è possibile commentare questo post
Post n°2216 pubblicato il 07 Aprile 2025 da massimocoppa
SALVINI HA DISTRUTTO LA LEGA, MA VIENE CONFERMATO SEGRETARIO...
È per me un mistero inspiegabile come possa restare ancora al potere ed essere rieletto per altri quattro anni al vertice del partito, addirittura per entusiastica acclamazione dei delegati al congresso, un uomo che ha fatto crollare la propria formazione politica dal 17 % dei consensi alle elezioni italiane del 2018 e dal 34 % delle elezioni europee del 2019, all’8 % delle politiche del 2022 ed al 9 % delle europee dell’anno scorso. Parlo, ovviamente, di Matteo Salvini e della Lega. Altri quattro anni al comando significheranno quindici anni consecutivi da leader. Quale partito, nel mondo, farebbe una scelta così schizofrenica? E perché la fa? L’unica spiegazione è che la Lega sia diventata, mutatis mutandis, quello che il Partito Repubblicano è diventato negli Stati Uniti: ostaggio del capo, sua proprietà personale. Lì di Trump, qui di Salvini. Ai tempi di Bossi ci sembrava che l’allora “Lega Nord” fosse un partito pericolosamente antisistema. Invece, poi, veniva normalizzato dalla storia, dagli eventi, dalla dura realtà delle cose. Oggi, invece, davvero la Lega salviniana rischia di diventare un partito di rottura, ma nel peggior senso possibile: intende ridurre in macerie le istituzioni, italiane ed europee, flirtando con tutti i neofascismi ed i sovranismi del mondo, e tutto questo per cosa? Per avallare le smisurate ambizioni di potere di un uomo che non riesce nemmeno a far arrivare i treni in orario, giusto per fare un paragone con quel piccolo Salvini che fu… Benito Mussolini. Non è possibile commentare questo post
Post n°2215 pubblicato il 07 Aprile 2025 da massimocoppa
C’È UN METODO DA BULLI NELLA FOLLIA DI TRUMP
Qualche giornale, e per primo lo ha fatto il “Sole 24 Ore”, ci ha spiegato, cercando di intravedere del metodo nella follia di Donald Trump (per parafrasare l’Amleto di Shakespeare), che la stretta allucinante sui dazi verso le importazioni, fortemente voluta dal presidente americano, ha in realtà lo scopo di riequilibrare con la forza il deficit commerciale degli Stati Uniti, costringendo quindi i Paesi che verranno a patti ad accollarsi forzosamente anche il debito pubblico americano (che è il più alto del mondo, e non da oggi), acquistando obbligazioni a stelle e strisce. Se questo, da un lato, tranquillizza un poco, perché significa che Trump ed il suo cerchio magico non sono totalmente irrazionali o impazziti, dall’altro lato preoccupa comunque, perché ci fa capire che, oggi, al governo della più forte superpotenza mondiale (una superpotenza economica, militare e geopolitica) ci sono degli amministratori disposti a tutto pur di raggiungere i propri scopi: disposti, cioè, a bullizzare il resto del mondo, piegandolo ai propri desideri ed alla propria arroganza; ed a queste persone non interessa se, in realtà, per raggiungere il lontano ed improbabile scopo che si prefiggono, non agiscono sulle cause del deficit commerciale e sul debito americani, ma cercano solo di scaricarlo sul resto del pianeta. Inoltre, non gli interessa che, nel frattempo, rovinino una enorme rete di alleanze, anche politiche e militari, sconvolgendo l’andamento della Storia contemporanea e mettendo in crisi il concetto stesso di Occidente, oltre che di solidarietà fra le nazioni. Siamo di fronte ad un machiavellismo brutalizzato e semplificato, insomma, ad una rivisitazione del concetto di fine da raggiungere a qualsiasi mezzo che, per una democrazia, è sicuramente senza precedenti. Trump ha, di certo, una bella faccia tosta per dichiarare ad alta voce, sprizzando entusiasmo, di fronte al tracollo delle Borse mondiali (compresa quella americana), che hanno bruciato diecimila miliardi di dollari in tre giorni, che “questo è un grande momento per arricchirsi, per arricchirsi più che mai”: una frase detta mentre, appunto, gli indici finanziari planetari tracollano e viene bruciata una ricchezza pari al Pil di molti Paesi. È un’affermazione delirante in un contesto drammatico, uno scollamento allucinante dalla realtà, un teatro dell’assurdo che produce un effetto straniante e distopico. Non è possibile commentare questo post
Post n°2214 pubblicato il 02 Aprile 2025 da massimocoppa
LA MORTE DI VAL KILMER COME QUELLA DEL SUO DOC HOLLIDAY
È notizia di pochi minuti fa che, all’età di 65 anni, è morto l’attore Val Kilmer. Secondo la figlia, il decesso è giunto a causa di una polmonite. La prima cosa che ho pensato, da ipocondriaco, è che, nel loro piccolo, le polmoniti pure rompono i coglioni e, soprattutto, sono veramente pericolose perché spesso sono asintomatiche e, quando si manifestano, di frequente è troppo tardi per rimediarvi. Subito dopo mi è sovvenuta la singolare e sconcertante coincidenza di questo epilogo con quello di un personaggio da lui interpretato: Doc Holliday, il dentista, infallibile pistolero ed abile baro, che partecipò alla celeberrima sparatoria dell’OK Corral avvenuta a Tombstone, in Arizona, il 26 ottobre 1881. Anche se il grande pubblico ne venne a conoscenza solo molti anni dopo i fatti, fu l’evento più famoso di tutte le vicende western ed è stato immortalato in diversi film. Uno di questi, a mio parere bellissimo, è, appunto, “Tombstone”, del 1993, con Kurt Russell ad interpretare il leggendario sceriffo Wyatt Earp. In sintesi, nel caso non lo sapeste/ricordaste, la sparatoria all’OK Corral, cioè nei pressi di una rimessa per cavalli, fu l’evento culminante di una forte tensione tra i fratelli Earp, sceriffi locali appoggiati dall’amico Doc Holliday, e quello che oggi definiremmo il “clan” malavitoso dei Clanton e di alcuni loro sodali. Doc Holliday era un amico di Wyatt Earp e si trovava in Arizona perché cercava nell’aria secca di quel luogo desertico un sollievo alla malattia che lo porterà alla tomba: la tubercolosi. Ed infatti anche nel film, alla fine, Doc Holliday/Val Kilmer muore in un letto, esalando un orribile, ultimo, lunghissimo respiro dai suoi polmoni martoriati, ma solo dopo aver onorato il suo impegno partecipando allo scontro a fuoco decisivo contro i Clanton, benché già molto malato, febbricitante e visibilmente sofferente. Singolare figura di personaggio, quella di Doc Holliday: un medico che rifiuta di esercitare la professione e preferisce vivere di espedienti, al confine con la legge e spesso ben oltre, ma non privo di una sua idealità romantica che gli fa scegliere, alla resa dei conti, di mettere la sua pistola al servizio della giustizia in quei terribili tempi della frontiera americana. Mi sconvolge e commuove immaginare Val Kilmer che si spegne come il suo Doc Holliday: annaspando, cercando quell’aria che i suoi poveri polmoni non possono più utilizzare.
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Post n°2213 pubblicato il 27 Marzo 2025 da massimocoppa
OCCUPARE DI NUOVO GAZA, LA MOSSA DI ISRAELE CHE FA TORNARE IL TEMPO INDIETRO
Il governo israeliano sembra aver deciso che, tutto sommato, la sorte degli ostaggi residui in mano ad Hamas non è poi così importante. Infatti la tregua messa faticosamente a punto tra lo Stato ebraico e l’organizzazione estremista islamica è oramai archiviata con la ripresa aperta delle ostilità. Come sempre, a pagarne il prezzo peggiore è la popolazione civile. Ormai l’illusione dei bombardamenti chirurgici è definitivamente consegnata alla Storia: ogni azione bellica comporta vittime civili innocenti; è quasi sempre così. È notizia di ieri che ci sono state alcune manifestazioni di protesta dei residenti di Gaza contro il governo di Hamas, giustamente ritenuto indirettamente responsabile della durezza delle azioni israeliane. Parliamo di poche centinaia di persone, eppure è incredibile constatare il coraggio con cui hanno apertamente criticato il movimento terroristico, ben sapendo che in un luogo come Gaza e con un soggetto come Hamas questo potrebbe facilmente significare persecuzione e morte. Questo fa capire quanto sia disperata questa gente, ma è anche un germoglio di speranza che i valori della democrazia rappresentativa possano magari imporsi anche in una situazione così ostile. Come oramai attempato osservatore delle cose mediorientali da tanti anni, mi viene spontaneo riflettere su quanto, a posteriori, venga corroborata la mia perplessità del 2005, quando Gerusalemme decise di ritirarsi definitivamente da Gaza. All’epoca si disse che l’occupazione costava troppo, in termini economici e di vite umane. Mi sembrò una giustificazione plausibile, e tuttavia miope: era chiaro che lasciando la Striscia a sé stessa, ghettizzandola con confini militarizzati, avrebbe incubato al suo interno forze pericolose per lo Stato ebraico e per la sicurezza internazionale. Insomma, per evitare che Gaza diventasse un Vietnam, Israele ha lasciato che diventasse un Afghanistan, ma armato fino ai denti e con una leadership bellicosa ed iperattiva che ha nell’odio per il suo potente vicino una delle sue più importanti ragioni di vita, anche se bisogna ricordare che Israele lasciò Gaza all’Autorità Nazionale Palestinese, cioè ad un soggetto politico obiettivamente moderato ma corrotto, che fu spazzato via da Hamas nelle prime elezioni libere, appena un anno dopo. Prime ed uniche: come molte dittature, anche quella di Hamas è nata da un atto democratico. Quanto fosse sbagliata quella decisione unilaterale lo si vede oggi, che si sta seriamente valutando di occupare nuovamente quel territorio. La paura, molto fondata, è che stavolta per non soggiacere ad uno stillicidio di attentati e di azioni di resistenza interne, Israele voglia deportare tutta la popolazione in un angolino di terra da tenere recintato e sorvegliato, un serraglio di dolore da poter controllare agevolmente ma che distruggerebbe le residue simpatie per le ragioni israeliane e seppellirebbe l’umanità compassionevole dei padri socialisti del sionismo. Non è possibile commentare questo post
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