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Post N° 9

Post n°9 pubblicato il 20 Maggio 2008 da ivan_cimmarusti

Immigrati, ecco i lager
della Spagna








Tratto da 'il Giornale'
Di Alessandro Caprettini

Roma - «Ma da che pulpito...!» s’indigna Stefano
Zappalà, vice-presidente della commissione Libe (libertà e giustizia) dell’Europarlamento. Ce l’ha con i socialisti spagnoli per le raffiche di accuse che fanno partire contro l’Italia sulla questione immigrati.
«Dovrebbero tacere e vergognarsi!» rileva al telefono da Strasburgo.
Perchè lui c’era a Ceuta e Melilla quando l’8 e il 9 dicembre del 2005,
una commissione Ue andò a verificare lo stato dei centri di accoglienza
temporanea delle due enclave spagnole in territorio marocchino, dopo
che l’anno prima erano stati uccisi 5 emigranti e ben 45 rimasero
gravemente feriti a seguito di un tentativo di irruzione in territorio
europeo e dopo che, nel corso dei mesi seguenti, si erano contate
ancora 11 vittime tra i disperati che provavano a saltare il «muro».
Già. Perchè se sono noti quello di Berlino
(buttato giù), quello israeliano (ancora in costruzione) e quello al
confine Usa-Messico
, pochi sanno che anche Madrid ha fatto costruire il
suo: una doppia barriera di filo spinato lunga più di 10 chilometri,
alta 6 metri, all’interno della quale c’è una strada per permettere il
passaggio di automezzi. Un muro spinato che i clandestini, già
inseguiti dalle forze dell’ordine marocchine - che spesso depredano i
disgraziati che vi si avvicinano e li portano da lì fino al Sahara
algerino, lasciandoli nella sabbia - provano a saltare in ogni modo.
«Costruiscono scale con tronchetti di palma. Poi si radunano in gruppi
diversi a distanza di qualche chilometro, così che quando la Guardia
civil si prepara a entrare in azione da una parte, l’altro gruppo parte
all’assalto - racconta ancora Zappalà -. Ma spessissimo finisce che
tentando il salto dalla prima rete vanno a sbattere sulla seconda,
provocandosi ferite gravissime su tutto il corpo».
Ne ha visto di sangue, l’eurodeputato
azzurro, nei Ctp delle due città spagnole
. «Sbreghi su petti, gambe,
braccia. Volti tumefatti di povera gente». E gli spagnoli? «Niente. Si
limitavano a far sapere di essere obbligati ai respingimenti. Il doppio
filo spinato serve a quello: se uno scivola nella strada di mezzo,
viene subito accompagnato ad una delle porte che si aprono verso il
Marocco. Si avverte la milizia di Rabat e li si lasciano lì, pronti per
la deportazione nel Sahara». Quel che poi ha potuto fare la Ue su Ceuta
e Melilla è ben poco: «L’immigrazione, nonostante Frattini abbia fatto
notare più volte la necessità di un intervento integrato europeo, è
tema proprio dei singoli paesi. C’è chi nella Ue ha definito
l’immigrazione clandestina reato penale, chi lo definisce reato dopo 3
mesi, chi dopo 6. Il nostro mandato era ricognitivo, non d’indagine.
Abbiamo votato un documento con alcune raccomandazioni, ad esempio, ma
a Madrid hanno fatto finta di nulla».
Proprio tra le raccomandazioni
dell’Europarlamento c’era quella di fornire ragguagli sulla strage
dell’anno precedente. Ancora non c’è stata risposta, visto che
l’indagine non è chiusa a causa delle dichiarazioni opposte di militari
marocchini e Guardia civil iberica. I primi sostengono che i colpi sono
stati sparati ad altezza d’uomo dalla polizia spagnola. Quest’ultima
sostiene invece che le pallottole venivano dal deserto. «Resta il fatto
che le accuse che oggi partono verso di noi da Madrid sono una entrata
a gamba tesa che non meritiamo: noi andiamo persino con la nostra
marina militare a salvare i barconi che naufragano al largo di
Lampedusa, mentre gli spagnoli...» osserva laconico Zappalà. E che
l’elenco di soprusi a Ceuta e Melilla - tra spagnoli e marocchini, poca
la differenza - sia lungo, lo dimostra anche la sfilza di testimonianze
raccolte da Medici senza frontiere (www.meltingpot.org) che parlano di
centinaia e centinaia di feriti, umiliati, deportati, morsi da cani e
addirittura violentati. Un massacro vero e proprio davanti al quale i
tentativi di rogo dell’accampamento rom a Ponticelli sono quasi uno
scherzo. Anche perché a Napoli era gente inferocita, e non certo le forze
armate, a minacciare l’accampamento degli zingari. Mentre a Ceuta e
Melilla (su cui la pressione si è fatta più forte da quando gli
spagnoli hanno aumentato la vigilanza alle Canarie) sono uomini in
divisa a prendere a calci e a pugni l’esercito dei disperati che si
ammassa a fianco del muro e, spesso, a ributtarli nel deserto privi di
sostentamento.

 
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