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Post N° 19

Post n°19 pubblicato il 23 Maggio 2008 da ivan_cimmarusti

La Roma di Alemanno

Tratto dal settimanale 'Internazionale'
Di  
Birgit Schönau
Facciamo uno sforzo di fantasia. Immaginiamo il
sindaco conservatore di Amburgo che il giorno dopo l'elezione dichiara:
questa teca di Richard Meier non mi è mai piaciuta. Facciamo un
referendum tra i cittadini e vediamo se ci chiedono di toglierla. È
inimmaginabile. E non solo perché i tedeschi non hanno un'Ara pacis, ma
perché certe cose, da sindaco di una metropoli europea non si dicono (e
non si pensano). Certo, poi è arrivato il dietrofront.
Ma intanto ne avevano scritto i giornali di mezzo mondo. Ed erano
intervenuti i soliti architetti romani che, all'epoca, non vinsero il
concorso e quindi ce l'hanno con Meier. E che hanno colto l'occasione
per dire che ormai il danno (la teca) è fatto, e che non è il caso di
ripensarci: costerebbe troppo.
Il nuovo sindaco di Roma è andato avanti. Dopo Meier, se l'è presa con
la Festa del cinema. Non male per un laureato in ingegneria
dell'ambiente e del territorio. Meno star hollywoodiane e più spazio al
cinema italiano, ha detto. E anche stavolta si sono schierati con il
sindaco appena eletto attori non proprio noti a livello internazionale,
ma divi de' noantri.
Più che l'ondata neofascista, Roma deve temere uno tsunami di
provincialismo
che boccia l'architettura contemporanea e i divi di
Hollywood. Che ritiene importante far alzare in piedi gli alunni
davanti al maestro e fargli cantare l'inno nazionale. E che attacca il
Gay pride. Più che la marcia su Roma sembra un balzo indietro negli
anni cinquanta, quando la capitale e il paese erano più piccoli, più
semplici, più governabili e più cattolici.
Dietro la vecchia idea di Roma caput mundi si nasconde la grande paura
di gestire Roma come capitale mondiale. Ed è anche per questo che i
romani hanno votato a destra. La stessa città che duemila anni fa era
il centro cosmopolita di un impero guidato spesso da imperatori non
romani e non italici, oggi ha dei problemi ad accettare la realtà
multiculturale.
E neanche la sinistra si è mostrata pronta per una Roma moderna, ed
europea
. Anzi, di fronte alla tragedia di Tor di Quinto, dove un
giovane rumeno ha assassinato una signora romana, l'allora sindaco
Veltroni fu colto da un raptus populista. Fece sgomberare i campi
nomadi dalla capitale e perfino togliere la "settimana multietnica" dal
programma delle mense scolastiche. Incredibile.
Da quell'orribile delitto sono passati sei mesi. I romani si sentono
sempre meno sicuri, anche se vivono in una delle metropoli più sicure
del mondo. Si sentono aggrediti dalla presenza degli stessi stranieri
che si occupano dei loro genitori anziani – Roma è la città più vecchia
d'Europa – o dei loro pochi figli. Da secoli accoglie milioni di
persone che arrivano da tutto il mondo, ma oggi la città fa fatica a
convivere con chi non è solo un turista di passaggio.
Il senso d'insicurezza è preoccupante. La città non è pronta a
diventare una metropoli normale, consapevole dei problemi ma anche dei
vantaggi di una società multiculturale. E così perfino Richard Meier
viene trattato da intruso extracomunitario. Forse è solo propaganda. O
forse è l'inizio di una battaglia culturale che Roma può solo perdere.
Diventando certo non più sicura, ma più piccola.

 
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