THE VOICE OF SOUL

LA "SPOON RIVER" DEL LAVORO

Mi è capitato tra le mani un vecchio libro di fiabe,scovato in  soffitta. Forse il mio primo di quelli che un tempo venivano definiti “racconti per l’nfanzia”. avevo 6  anni.Pagine ingiallite dall’ingiuria del tempo.La copertina ha  conosciuto trascorsi piu’”gloriosi”.Del colore rosso vivo,ora ne riporta solo qualche chiazza sbiadita, sul cartone quasi completamente distrutto.Lo apro, i disegni a corredo delle pagine, sono perlopiù  in bianco e nero,qualche rara illustrazione a colori aggiunta,in mezzo al libro, sembra quasi avulsa da esso: una pagina bianca piu’ spessa e di carta piu’ “pregiata” con  figure tracciate a tenui colori pastello ,che sono poco piu’ che silhouette,fa bella mostra di sé, nel mezzo  delle altre pagine ,di colore della carta da pacco,e ruvide quasi come carta vetrata.Inizio la leggere qualche riga. Il titolo del libro “La piccola fiammiferaia”,favola principale di una raccolta di altre “minori” , tutte storie di povertà e indigenza estrema,senza happy ending.Mi chiedo, ora che gli anni sono molti di piu’, quale mente “perversa”potesse aver concepito, una raccolta di tanto dolore e tristezza,da destinare a bimbi che ,si avvicinavano, per la prima volta, alla lettura. Penso,in quegli anni, i primi 60, la povertà ,era la prerogativa della maggior parte delle famiglie.Poi, una flessione,quasi una rivelazione: quanto possano essere dolorosamente e drammaticamente,attuali, questi racconti di fantasia,oggi a distanza di oltre 40 anni,  che  riportano storie  di  simile indigenza,alla quotidianità, che sta assumendo contorni, di vera e propria “epidemia”.La mente corre , alla cronaca angosciosa riportata,ultimamente,sempre con piu’ frequenza dai quotidiani, di persone che si tolgono la vita, perché private anche del minimo indispensabile che, gli permetterebbe di continuare a vivere e, magari a sperare,in un domani meno tragico.La dignità calpestata,di chi è senza mezzi di ussistenza,dei poveri che già lo erano,  resi ancora piu’ poveri e degli “impoveriti” causa perdita lavoro.L’onta della vergogna di non essere in grado nemmeno di mantenere se stessi. Porta inevitabilmente nel giro di tempi brevi, verso il baratro del nulla,dal quale sarà impossibile risalire. Questo contagio di suicidi è un segno di resa, di solitudine.Una sorta di bollettino di guerra.Ora, le “morti bianche” hanno l’altra faccia della medaglia: non piu’ solo morti SUL lavoro,ma morti PER il lavoro.La “crisi” è per molti il non saper piu’ come fare, è il non rassegnarsi all’annullamento della propria personalità. Queste persone che si arrendono fino al gesto estremo,lo fanno perché si sentono abbandonate da tutti. Senza lavoro non sei nessuno,puoi solo essere lasciato al tuo destino tragico ,che prima o poi si compirà. Si arriva addirittura ad “immolarsi” come  moderni “bonzi”dandosi fuoco,pur di porre fine all’angoscia di una vita che, non puo’ piu’ essere considerata tale.Ci si immola, per la libertà come atto si sfida  contro la repressione di un regime che,  soffoca i piu’ elementari diritti umani.Ma anche il lavoro, non è forse una forma di libertà?

 (Splendore)