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LA "VITA PICCOLA", DIVENTARE IL BAMBINO CHE SIAMO SEMPRE STATI
Post n°70 pubblicato il 28 Maggio 2013 da splendore07
La vera promessa della felicità è scritta nella debolezza, nella fragilità, ma anche nello stupore e nella fantasia di cui il “piccolo”è l’interprete piu’ naturale. Persino nei Vangeli il bambino è indicato come destinatario ideale del “regno”. Non siamo destinati, come adulti, alla felicità: siamo troppo complicati. Per esserlo, dovremmo "diventare il bambino” che alberga in noi e che soffochiamo, o, con il quale , non siamo piu’ in grado di interagire. Abbiamo perso la spontaneità , la freschezza tipica dell”età piccola”. I bambini, passano con estrema velocità dalla gioia al pianto e viceversa, senza conservarne memoria. Ogni volta “puliscono” le emozioni, per essere aperti a quelle nuove che verranno, in un continuo divenire, in una continua rinascita. Il bimbo non conosce rancori, nostalgie, rimpianti. E’ lo stupore, la voglia continua di scoprire che lo porta alla gioia. Noi abbiamo perso tutto ciò. Per accedere a questo “nuovo universo” di speranza, occorre fare proprio lo “spirito dell’infanzia”, aprendosi al piacere del gioco, del gratuito, dell’invenzione, persino dell’amore senza ritorno. Bisogna spogliarsi della costrizione impregnata di convenzioni, menzogne, pigrizia mentale, indifferenza- se non avversione- per l’altro e ,soprattutto, la ricerca ossessiva del proprio tornaconto. Il mondo reale e “grande”, si fonda su una logica sclerotizzata, difficile- se non impossibile - da smantellare. La quotidianità che abitiamo, nasconde una trappola insidiosa: la confusione determinata dall’inversione dei ruoli bambino-adulto. Da una parte, i piccoli vengono travestiti prematuramente da adulti, vengono chiusi in schemi fissi di comportamento che precludono loro, il libero corso allo “scatenamento” del mondo fantastico, proprio dell’infanzia. Dall’altra, si assiste alla “bambinizzazione” dell’adulto, identificata in una perdita della propria responsabilità individuale, che lo spinge sulla china di una costante regressione nostalgica. Il piccolo capisce ciò che l’adulto ha smesso di capire: il mondo è un corpo celeste, tutte le cose che del mondo fanno parte- ma anche quelle al di fuori - sono composte da “materiale celeste” e il loro senso-tranne una “travolgente” dolcezza- sono insondabili. NON SI TRATTA DI TORNARE BAMBINI, MA DI DIVENTARE BAMBINI Cercando-impresa quanto mai ardua in qualsiasi età della vita-di essere pronti a compiere quel salto verso la “pienezza” del nuovo, che solo la “vita piccola”- nella sua imperfezione di creatura-riesce a realizzare. (Splendore)
(alcuni spunti sono liberamente tratti da una recensione al saggio"Come un bambino"di G. Caramore)
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Inviato da: splendore07
il 30/11/2018 alle 18:14
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