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Post n°75 pubblicato il 06 Agosto 2013 da splendore07
("Tram verde" - olio su tela - Bruno Caruso) E’ il piu’ feroce dei mesi. Il mese della “belva”. Un tempo, sonnecchiante per la calura, si svegliava raramente, azzannava qualche raro “malcapitato”, e si riaddormentava, stordita dall’afa, stanca per la “fatica”. Oggi, è “pratica” usuale ed accettata dai piu’ , l’essere “sbranati,” da quella cattiveria sottile, che l’agosto metropolitano, impenna. E’ anzi “normale” aspettarsi ,con una sorta di preveggenza che serpeggia in qualche recesso del sentire, che il domani sia foriero di qualcosa di molto sgradevole. Molto banalmente puo’ essere la vacanza agognata e ferocemente disillusa. Lontani i tempi nei quali il poter dire “ho trascorso giorni meravigliosi”, aveva il catartico significato di essere sfuggiti alle “zampate” della “tigre d’agosto”. I “tempi moderni”, l’ hanno vista” svegliarsi "il primo giorno del mese, per riaddormentarsi solo con l’avvento di settembre . Entra in azione puntando le sue vittime preferite da sempre: i cani e i vecchi, sui quali si avventa con inaudita violenza ,sbranandoli. Cani e vecchi, fanno da sempre parte di quel tristissimo “costume” che va sotto il nome di abbandono. Chi è costretto al “confino” in città, se dispone di qualche soldo e di qualche “residua” forma non dico amicale , ma di conoscenza , puo’ tamponare l’emergenza e, tentare di passare indenne l’agosto metropolitano, con buone “chances” di successo che li porterà indenni al traguardo dell’agognato settembre: l’uscita dal girone dantesco. Ma per i vecchi, è solitudine infinita. Li vedi uscire presto, simili a gigantesche api, da minuscoli appartamenti uguali a cellette di un gigantesco e grigio alveare di cemento che, la calura e l’afa agostana, trasformano in forni già dalle prime ore del mattino. Sciamano lentamente verso lillipuziane “oasi” di verde spelacchiato, sporco e polveroso, alla ricerca di una panchina scrostata e rotta, possibilmente all’ombra di qualche stentorea pianta che proietti un po’ di ombra su quelle malandate e bollenti “assi” ,che sembrano sfidare ogni legge di gravità, mantenendosi in piedi miracolosamente, senza crollare sotto il peso di quell’umanità “reietta”, altrimenti nota come pensionati. Si “spalmano” a ricoprirle ,al pari di strati di un dolce vecchio, stantio, e col vago sapore di rancido. I dialoghi, sempre gli stessi, sono improntati alla misera spesa quotidiana, virante all’elenco dei propri e altrui acciacchi o al macabro aggiornamento, orale, dell’elenco dei morti. Oppure, ti capita di incontrarli in quegli smisurati e spersonalizzanti luoghi che vanno sotto il nome di “centri commerciali”, seduti su panchine di plastica, in spazi chiusi che simulano la “piazza”. Ma, almeno, possono godere di refrigerio, sotto il perverso soffio di un’aria condizionata di polare memoria, che per resistere senza rischiare l’assideramento, richiederebbe equipaggiamento da esquimese. O, ancora ,li incroci muoversi a rallentatore, con un carrello semivuoto, immobili davanti al reparto surgelati, cercando di far passare piu’ tempo possibile, prima di essere afferrati nuovamente dagli artigli della micidiale calura. Ma, agosto in città, “regala” anche amenità varie. Per ovviare ad una comunicazione di assai basso livello, ecco che arriva la soluzione: incrementare la rumorosità, specie nelle ore notturne. E allora, è un “fiorire” di iniziative atte ad alzare i decibel al limite della sopportazione dell’umano orecchio. Evocazioni medievali, diluvi di canzonette, balli per anziani, feste di partito, festival latino-americano. Agosto, offre ai “sopravvissuti” metropolitani ,questi "innegabili" piaceri. Non far dormire, è il “diktat” dell’estate, al quale i comuni, si prodigano con “indefesso impegno”. Difficile capire il perché ,turisti ,che arrivano da “civiltà” ,dove il silenzio è protetto, calino in massa da noi, sopportando code allucinanti sulle autostrade, spendendo cifre folli per dormire e mangiare, allietati dalle molestie e dai gas di scarico selvaggi, in un paese, il nostro, dove chi ha attenzione e rispetto per gli altri è perduto, additato, deriso, per "eccesso di civiltà." Dopo il tormentone delle vacanze “obbligate” ,con la fine del mese ,arriva un’indicibile malinconia. E, con il primo buio, ti assale una tristezza che non si placa. Ma settembre è alle porte: il ritorno alla “normalità”.
(Splendore)
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Cerchiamo di aggrapparci a quelle infinitesimali “forme” di comunicazione minima, per evitare che altri ci “entrino dentro” e ci devastino.
Sorta di strategia di sopravvivenza che forse scatta come sorta di automatismo.
La metropoli, te li rovescia addosso nel mese di agosto, e il tutto si “raggruma” in una sola sensazione che ti penetra totalmente e che va sotto il nome di angoscia.
Il deserto, anziché promuovere forme di empatia, che dovrebbe essere naturale inclinazione tra i pochi “naufraghi” diventa occasione per un ulteriore inasprimento dei rapporti tra “umani”.
C’è solo un esponenziale innalzamento della diffidenza, del timore che il “diverso” (inteso come extracomunitario, soprattutto) possa essere fonte di “incontri” e contatti sgraditi.
La diversità è vissuta, come non mai, con sospetto e portatore di pericolo. Il colore della pelle, la manifesta indigenza, sono forte deterrente ad accelerare il passo, o ,cambiare direzione di marcia, se si ha la “sventura” di incrociare, quelli che occupano l’ultimo gradino della “scala umana”.
Forse, l’aspetto positivo della metropoli agostana, è sorta di “catena di solidarietà” che si instaura nei vecchi. Essendo nella stessa barca, si aiutano per non affondare nei “marosi” di una città pronta ad inghiottirli.
Insofferenza e vulnerabilità, vengono dal nostro “deserto interno”, prima ancora di quello esterno e il “caos” altro non è se non il frutto di emozioni che non riusciamo a “codificare” ed esternare.
Non riesco a cogliere magia alcuna in una metropoli d’agosto, ma solo una quotidianità ancora piu’ dura, dove anche i servizi essenziali si “defilano” pericolosamente, aumentando il disagio e la sensazione di abbandono.
Una enorme saracinesca abbassata dove campeggia tristemente un cartello con la scritta “chiuso per ferie da 1 al 31 agosto”
Vero, il senso di abbandono, non scompare durante il resto dell'anno,forse è solo "sopito" dalla frenetica attività di una grande metropoli nei restanti undici mesi. Il disagio altrui è qualcosa che non ci riguarda direttamente, perchè non direttamente coinvolti. Posso capire che per te, vivendo una realtà dove costrasti stridenti non sono così manifesti, essendo la tua una "realtà" che non ha nessun connotato della grande area urbana. La provincia offre, forse, ancora piccoli sprazzi di condivisione,comprensione,aiuto. Insomma, un contesto piu' "umano", dove la diversità è meno marcata.
Grazie, Carolina accetto il tuo augurio,ne ho bisogno :-)
Well, ho ripassato la lezione, quindi posso guardare con occhio benevolo, anche al tuo non esattamente “delicato” epiteto con il quale “etichetti” certi frequentatori della community, all’interno della quale entrambi scriviamo. Concordo con il tuo giudizio, ma libero, fortunatamente, “offre” anche altro altrimenti, avrei abbassato la “serranda” da tempo.
Tu hai la “fortuna” di non appartenere a nessuna delle “categorie” menzionate. Non sei “vittima” di scelte obbligate, puoi “intervallare” l’alienazione, quel senso di vuoto e abbandono che la città trasmette, (come ho detto la sensazione è quella di una gigantesca serranda abbassata, sulla quale campeggia cartello “chiuso per ferie dal 1 al 31 agosto”), fuggendo per “rigenerarti”.
Il fiume e la campagna elargiscono i loro preziosi “doni” in ogni periodo dell’anno, è sufficiente, fermarsi, osservare e lasciarsi penetrare da quelle sottili vibrazioni, per “rinascere” alle emozioni quelle che “muovono” il nostro sentire.
Ma non dimenticare che chi rimane, quale superstite, in questo deserto agostano, dove l’unica “abbondanza” è costituita dal caldo, dall’afa, dalle zanzare, deve fare i conti con l’assoluta mancanza dei “servizi minimi”, quelli che ti permettono un mese di pura sopravvivenza, soprattutto nei riguardi degli anziani soli, i quali possono contare solo su associazioni caritatevoli, e il buon cuore dei volontari.
E che dire dei “nuovi vecchi”? una “sottocategoria”, di quelli che vi rientrano per questioni anagrafiche. Persone 50enni divenute peso e inutilità, causa perdita di lavoro. Una massa omogenea di umanità alla quale è stato tolto il principale requisito per considerarli tali :la dignità. In una società dove il valore di un uomo è dato da quello che produce, sei una nullità, una vergogna da emarginare e nascondere.
l’abbandono di questa “ingombrante ed inutile umanità”, è totale, feroce e si dipana nell’indifferenza, pressoché generale.
I media “strombazzano” di una crisi che “morde” fino a dilaniare le famiglie, ma nonostante tutto, il deserto cittadino è ancora una realtà che caratterizza questo mese, da sempre sinonimo di “stacco” di chiusura per ogni tipo di attività. Insomma, ancora impera lo “stereotipo” della vacanza obbligata “stessa spiaggia, stesso mare”.
Non è solo questione di una sensibilità che porta ad una dilatata percezione, è sufficiente estendere lo sguardo oltre il proprio naso.
Piu’ sono limitati i confini piu’ la visuale della normalità si restringe. Non esistono norme “preconfezionate”, un “ready made” da comperare alla stregua di una scatola modello “ikea” da aprire, assemblando i pezzi seguendo le istruzioni allegate. Non esiste elenco di “modi” per "fare le cose", esiste il nostro modo. Dovremmo solo avere il coraggio di seguirlo e non tradirlo mai.
Riporto la tua replica in seguito alla mia richiesta di “lumi” in merito: “l’ambiguità del concetto di “normalità” non vi sarà mai normalità in un mondo che cammina distrattamente... senza mai fermarsi e soffermarsi… noncurante di quanto non gli appartenga… per fortuna, in questo mondo, taluni si fermano e soffermano… tu tra questi sai… pensando, in particolare, al mese di settembre… la “normalità” impone che sia legittimo il cosiddetto “stress da rientro sul posto di lavoro” molti ne parlano, i giornali ne scrivono, le TV diffondono … noncuranti dello stress di chi il lavoro non lo ha mai avuto, oppure lo ha perso, oppure si è “immolato” ad esso... e già...l’ambiguità della “normalità”… splendida Giò “l'insostenibile leggerezza dell'essere” …
La normalità che tu intendi, è frutto di un sentire che si rifà alla ricerca di una “verità” ,di un “modus vivendi” che nulla ha a che fare con l’agire che caratterizza il mondo quale ora è. Una sensibilità ,che porta alla riscoperta di quei valori, che sono stati dimenticati, che giacciono sotto spessi strati di polvere, abbandonati per l’adozione di “di dis-valori, sui quali si fonda un sentire falso, distorto, che ha anestetizzato ogni forma di sentire, spazzandolo via, senza remore, per lasciare spazio ad un deserto che investe anima e atrofizza la mente, incapace di produrre un pensiero che sia proprio.
Mai come in questi tempi bui che viviamo, il ritorno alla “normalità”, intesa come ripresa lavorativa, genera angoscia, frustrazione, senso di impotenza. L’incubo del non trovare piu’ il proprio posto di lavoro dal rientro delle vacanze,(che ultimamente hanno assunto anche l’aspetto della pausa forzata), è reale, palpabile, e non puo’ che far scivolare verso un senso di resa, di ineluttabile destino al quale sembra non sia possibile sfuggire.
Anche quest’anno, i media, provvederanno a “sciorinare” vademecum per “riadattarsi” al ritmo di lavoro, evitando la “depressione” che il ritorno dalla pausa porta con sé, dimenticando, come tu giustamente sottolinei, chi un lavoro lo ha perso, non lo ha mai avuto, oppure a”lui” si è immolato. Tristi,disperati "bonzi", “white collars” o semplici operai. Su questa “umanita’” ,che arriverà al traguardo di settembre, grava lo “spettro” di un futuro, anche immediato, di assoluta indigenza, che andrà ad ingrossare le fila dei “nuovi poveri”.
Nessuna prospettiva, nessuna certezza. E’ il prezzo enorme da pagare per questa crisi che sembra non avere fine.
Il lavoro, non piu' diritto, ma privilegio.
Sono convinta che chi lasci traccia di sé, costituisca sempre un arricchimento per il blogger e per chi si trovi a leggere i commenti.
Pongo solo come condizione alla quale non transigo, l’assenza di espressioni che possano offendere, o che si rifacciano al turpiloquio e che naturalente il commento non esuli dal "topic". Mi verrebbe da dire un “commento tecnico”, qualcosa di informativo. Credo sia utile ricordare ciò che sono sicura ai piu’ sfugga.
Se non erro, il primo articolo della nostra costituzione recita: L’Italia è una repubblica fondata sul lavoro.
Da qui, forse, l’errata percezione del lavoro come diritto inalienabile per ogni cittadino.
Il mio riferimento al lavoro come privilegio è da intendersi, vista l’inarrestabile un’emorragia di posti, quei pochi che riescono a conservarlo, sono da considerarsi fortunati.
Concordo e amplio la locuzione latina da te citata “intelligenti pauca sufficiunt”.
Prolisso?, sorrido.
Sai bene cosa io riesca ad “esternare”, come dovrei “ appellarmi”?
Ora, sono felice, mentirei se dicessi il contrario, che chi “frequenti” il mio blog si sia reso conto che lo “splendore” sia solo ed esclusivamente riferito alla mia interiorità, al mio modo di essere e ultimo, ma non per importanza,al mio modo di pormi.
Sono convinta che tra “anime sensibili”, si instauri un “dialogo” che ha vibrazioni su “note piu’ alte” che gli altri non avvertono.
Succede di rado, ma quando accade è un dono, molto raro e quindi prezioso, in un mondo privo di valori, dove solo l’apparire conta.
Un grazie infinito Danny, so che sei un’anima bella e delicata, tanto quanto la mia.
Cercherò di lasciarmi contagiare dal tuo solare sorriso.
Grazie.
*______*
Concordo, chi non produce in una società dove vige il piu’ sfrenato consumismo, dove a dettar legge è la sola economia di un mercato globalizzato, dove il solo “parametro” con il quale il singolo viene considerato è quanto sia “produttivo”, il fatto di essere uscito da tale “stritolante” spietato ingranaggio, qualcuno che non assolve piu’ al “diktat” della produzione, diventa “campione senza valore e , al pari di un oggetto, viene scartato, eliminato, privato ferocemente di quel requisito essenziale che differenzia l’uomo da una “cosa” : la dignità.
La società considera “obsoleti” individui che per età costituirebbero un immenso “serbatoio” di “know-how” frutto di esperienza piu’ che decennale, una ricchezza che invece di venire valorizzata, “sfruttata”, viene brutalmente penalizzata. Negli Stati Uniti, sono stati elargiti incentivi alle aziende per far ritornare al lavoro, persone di mezza età, ritenute “capitale umano di immense risorse”, il mercato del lavoro, ha capito che sono individui insostituibili.
Ma la nostra "italietta" continua a considerarli una zavorra, se ne libera, come i profughi che arrivano alle nostre coste, e lo “scafista” senza scrupolo alcuno, abbandona alla deriva, in balia del mare.
Di recente i media hanno dato risalto all’episodio di razzismo o presunto tale, del quel è stata vittima Oprah Winfrey la quale, si è vista "negare" la richiesta di una borsa da 28 mila dollari (sic!) perché a giudizio della commessa, non se la sarebbe potuta permettere. Quello che colpisce è l’enfasi con la quale si sia data notizia dell’episodio, quando per contro, ci sono anziani che sono costretti a rovistare nei cassonetti dei rifiuti. Questo non avviene in paesi dove la povertà è “endemica”, ma alle nostre latitudini.
Abbiamo perso, dimenticato, volutamente?, qualsiasi senso di eguaglianza sociale, abbiamo perso, anche il piu’ piccolo senso di “pietas” che ci ha fatti diventare perfettamente impermeabili, indifferenti a tanto orrore.
I luoghi di culto non svolgono piu’ da tempo il loro ruolo di aggregazione . Una volta il sacerdote era lo “psicoterapeuta” dei poveri. La confessione, era un rito atto sì alla “remissione” dei peccati, ma la funzione principale era l’ascolto dei problemi personali ai quali si trovava sorta di conforto, suggerimenti per una possibile soluzione. Ora, anche il sacerdote, ha abdicato a questa funzione, non è piu’ un “riparatore di anime”, ma sorta di “impiegato” che assolve ai propri doveri, il primo dei quali è la celebrazione della messa. Neanche la “predica” ,dopo il vangelo, ha piu’ quella funzione di scuotere gli animi, tutto si risolve in qualche “formula” pronta, e il pensiero che se ne ricava è : lo devo fare, lo faccio” .
Concordo con il tuo dire che l’alienazione abbia perso il suo periodo simbolo, i tempi restano bui per tutto il resto dell’anno, ma lo svuotarsi, tuttora, delle città dilata il senso alienante del sentirsi abbandonati a se stessi, in periodo come quello che stiamo vivendo dove la “forbice” che sta tra i ricchi e i poveri e gli impoveriti, si divarica sempre piu
Mi ha molto colpita quel dipinto, di un autore che non conoscevo. Trovo che sia altamente impattante e la figura stilizzata dell’uomo in basso a sinistra leggermente piegato su su stesso, quasi fosse schiacciato da sorta di angoscia trasmessa dal deserto urbano che lo circonda, rappresenti alla perfezione l’alienazione agostana.
Un altro grazie per l’ulteriore apprezzamento che mostri nella chiusa per il mio scritto. Mentirei se dicessi che non mi “fanno brillare gli occhi”. Ma mi schermisco, non sono un “autore”, solo perché la passione per la scrittura, mi spinge a riversare sul foglio virtuale le mie emozioni.
Un abbraccio anche a te, my irreplaceable woman friend
Mi ritengo, senza che questo possa essere ritenuto giudizio pretenzioso, una persona dotata di interiorità ricca, che è sinonimo di sfumature di emozioni.
Come dettoti, questa peculiarità è portatrice molto spesso di dolore anziché gioia, proprio per l’”oceanicità” delle sensazioni che non avendo “filtro”, colpiscono in modo viscerale, amplificandole, dilatandole all’infinito.
Ogni tanto, ancora cerco di porre argine al dilagare, ma è una diga fragile che crolla molto presto, e il “contenuto” mi inonda. Ma non cambierei nulla, della mia sconfinata capacità di sentire, per una piu’ tranquilla e “arida” percezione che sconfina con la banalità e gli stereotipi.
Tu, mi assomigli, è per questa ragione che ti “specchi” in me: guardi e ti vedi riflessa.
Persone, “abitate” non solo da un’anima, ma da diverse.
Caratteristica che a volte, genera tormento infinito, per il “caos” che la governa. Tante emozioni in lotta tra loro, per la supremazia, difficile se non impossibili, riuscire ad armonizzarle, a farle convivere in pace.
Sono convinta che il “compito” del blogger, non si esaurisca con il post, quello è solo l’inizio. I commenti che vengono lasciati costituiscono la “partenza” per l’approfondimento del “topic”. I pensieri altrui sono sempre fonte di confronto, di arricchimento ,di un continuo scambio. Sono occasioni uniche per riflettere. E’ un “lavoro” che faccio con passione quello del replicare, anche se non nascondo che l’impegno è notevole, ma parto dalla convinzione che chi lasci il proprio pensiero, meriti una risposta esauriente alle proprie parole.
Bello il tuo dire che “mi dono”,forse succede proprio così, agli altri "dono" me stessa, attraverso quel meraviglioso strumento che è la scrittura. E con il mio scrivere, mi “apro”agli altri. Credo si possa cogliere la mia essenza piu’ profonda anche solo dalle risposte che posto.
Sì, concordo con il tuo dire, è raro, anzi direi che quasi costituisca mia esclusiva prerogativa, il dilungarsi così nelle risposte al limite del “prolisso”, piu’ sfrenato :-) A volte, sono colta dal dubbio di annoiare, e di “spaventare” con l’estrema lunghezza, tanto da pensare, possa costituire deterrente alla lettura.
Il tempo per migliorarsi, non ha scadenza. Basta volerlo e il successo è garantito.
Tu hai talento nello scrivere.
Credo la limitatezza nei commenti e messaggi, spesso sia solo questione di pigrizia.
Un abbraccio anche a te