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THE VOICE OF SOUL

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LOCKED DOORS

Post n°65 pubblicato il 02 Aprile 2013 da splendore07

Siamo porte che si schiudono su quell’ orizzonte infinito che è il mondo delle emozioni.

Quando l’anima smette di essere percepita, la porta si è chiusa e anche quella del cuore, avendo porta comunicante, segue la stessa sorte.

Qualcosa è intervenuto che ha causato l’evento. Spesso è un processo lento,che si instaura dentro la nostra essenza piu’ profonda,impercettibilmente,tanto da passare inosservato, non “rilevato” dal nostro razionale.

 Forse è la nostra parte piu’ vera, che ci segnala che qualcosa dentro è morto, ma nel quale continuaimo a muovere passi. Sono schemi di comportamento che non ci appartengono piu’,ma essendo frutto di abitudini consolidate,“riti”, automatismi,ci mettono al riparo, ci fanno sentire protetti,al sicuro.

Finiamo per ritrovarci svuotati: automi,incapci di riconoscerci, accartocciati su noi stessi.

Ed è solo abbracciando l’incerto,  predisponendo cuore ed anima ad un sentire nuovo, che quelle porte torneranno ad aprirsi.

E’ il sentimento al quale abbiamo trovato il coraggio di abbandonarci, accogliendolo totalmente, che le spalanca.

 Come raffica di vento improvvisa,ci investe con violenza,ci ridesta dal torpore, ci porta in alto; non puo’ essere solo refolo.

 Lasciamo che il cuore si nutra di “follia:”è la sede delle emozioni,dell’istinto, solo così potremo evitare che tutto ci sfugga,anche noi stessi

(Splendore)

 
 
 

THE DREAM

Post n°64 pubblicato il 18 Marzo 2013 da splendore07

Lo sguardo si nasconde dietro il sipario di palpebre abbassate su lunghissime ciglia, dove trema una stilla di puro cristallo che riflette il colore dell'iride celata.

 Solo un inspiegabile gioco di equilibri,mantiene quella goccia sospesa sull'orlo del sogno.

 Esplosione di colori nella mente, che attinge il suo nutrimento dall'arcobaleno che improvviso squarcia il buio della notte;la mente pulsa di luce,si arrende,si nutre di assoluta bellezza: il sogno puo' inondarla.

Sottili vibrazioni vengono trasmesse all'anima ,al cuore, percorrono recessi simili ad infinitesimali rughe di rii inariditi dallo scorrere del tempo.

 La bellezza supera la barriera del tempo e dello spazio,libera di immergersi nella nostra essenza piu' profonda.

E' lì che trova il confine dove le emozioni sono libere si esprimersi

(Splendore)

 
 
 

NON PICCHI TUA MOGLIE? VA' IN CORTEO E GRIDA LA TUA DIVERSITA'

Post n°63 pubblicato il 11 Marzo 2013 da splendore07

L’8 marzo anche per quest’anno è alle spalle.

Una "ricorrenza" completamente svilita nel suo significato. L’obbligato mazzetto di mimosa a testimonianza che il “compagno” si è ricordato della festa. Una cena tra amiche, qualche doveroso articolo dei media.

Passata la festa, tutto finisce. Parafrasando W.Allen si potrebbe dire che noi donne, ci “stiamo festeggiando” addosso.

Scompare dalla giornata, il ricordare le discriminazioni, le violenze, le vessazioni, i femminicidi che le donne continuano a subire. La strada da percorrere è ancora lunga e tutta in salita .E le tanto decantate "conquiste,"l'emancipazione,la parità con l'uomo,di fatto ,sono perlopiu' ancora da "conquistare."

Il mazzolino di mimosa non basta piu’,ammesso che sia mai bastato. Ha vita breve, un giorno, poi finisce nella spazzatura, come il significato che la “festa” dovrebbe avere.

Troppi maschi pensano che picchiare la”propria” donna,non sia violenza, ma qualcosa che costituisca diritto, perché nell’immaginario maschile, la donna ha ancora il ruolo  di subordinazione.

La "mattanza "delle donne continua

 


Ciao a tutti, sono Pier, non bevo da mesi. E sono disidratato.

Mi chiamo Eloise ho iniziato a bere a 14 anni, da  uno anche a mangiare.

-Iniziamo all’insegna dell’ironia.

Sono David, odio l’ironia, non sopporto i comici che ne fanno, e le loro vittime. come nella sindrome di Stoccolma, provano piacere. Io picchio mia moglie.

-Partiam da te. Perché?

Debolezza della superiorità, per sentirmi forte non essendolo.

Castrarvi tutti….Non l’hanno violentata……E’ violenza lo stesso.

-Eloise fallo finire. 

Bella la parola “fallo” con la parola “finire”. E smettere di pensare sempre a quello? 

Vero, noi uomini siamo incapaci di parlare d’altre misure: la misura dell’ignoranza, del pre-dominio, del prevaricar divaricando.

Dovrebbero aggiungervi un cuore, non tagliare altro: capireste cos’è palpitare.

-Tenera Nadine….Troppo tenera. Mi sono fatta plasmare da un padre ,molto: mi maltratta e non riesco a staccarmene.

Plasmare ricorda il plasma, legami di sangue che ci tengono avvinte e vinte, annodate come fili, e noi, burattine, a ripetere sempre la stessa scena.

-Hai introdotto lucidamente il tema famiglia

Non è lucidità, è paura, che è la sua lente d’ingrandimento: ti fa vedere la dimensione del bene e del male.

Forse dobbiamo solo diventare grandi, siamo ancora “uominimi” , crediamo che usare la forza sia il massimo.

Retorica. Vedi  Pier il massimo non dipende dal tono muscolare o dalla voce, ma da tonalità, da sfumature. “Sfumaturità”: mi viene in mente questa parola. Una gradazione dell’intelligenza, grado del sapere, salire una nuova scala fatta di gradire, che impone nuovi passi.

-Perché “impone” David?

Dobbiamo essere obbligati a capire, da soli non ci riusciamo.

Soli? Fate branco, siete milioni, una squadra, giocate un campionato, fate falli perché vi piace.

Ancora sta parola.

Ci state massacrando, ve ne accorgete?

Non esageriamo

Lo avete già fatto. Non siamo tutti uguali.

Vecchia scusa moraleggiante. Perchè  non scendete in strada, voi non uguali, a manifestare la vostra differenza, la vostra dolcezza?

Bello: tutti gli uomini che non hanno mai picchiato una donna, alè….in piazza!

Non per vicinanza o solidarietà, a voi donne, ma protesta contro gli altri noi, per farli sentire minoranza, minorati.

-Abbiamo terminato, ci vediamo venerdì alla manifestazione d’affetto

 

A.Bergonzoni “Aprimi Cielo”  Venerdi’di Repubblica

 
 
 

SEARCHING FOR THE COURAGE

Post n°61 pubblicato il 27 Febbraio 2013 da splendore07

Il coraggio non si nutre di certezze, non si nutre di promesse per il futuro: ogni promessa creerebbe aspettative, le aspettative, la speranza, e, nutrire la speranza significa alimentare la disperazione.

Occorre “solo” essere vigili, presenti, consapevoli, imparare ad “abitare” il momento, in modo che sia sempre un continuo rinnovarsi del “qui e ora”con tutte le incertezze, le insicurezze, proprie della vita umana, e con tutti i suoi pericoli.


La vita è un gioco d’azzardo terribilmente rischioso: fosse una scommessa, non l’accetteremmo.


Coraggio non è assenza di paura, ma l’essere consci di averne-a volte parecchie-ma di riuscire ad affrontarle.


Forse cerchiamo sorta di “prigione” dorata, nella quale poter vivere al riparo, dai venti impetuosi, ai quali la vita ci espone.

Invece dovremmo “abbracciare” l’incerto”, perché così è la vita.

Il sentirsi vivi è appannaggio dell’insicurezza.

La vita non essendo processo meccanico, non dà certezza alcuna; è un mistero imprevedibile, nessuno sa cosa potrebbe accaderci il momento successivo.

Se così fosse, la vita diventerebbe finzione, perderebbe il fascino dell’imprevisto, delle soprese, e questa è la sua bellezza e allo stesso tempo  la sua“paura”.

Ma  è nelle incertezze di cui la vita si “nutre”,che risiede la libertà.

Il coraggio non si identifica con compiere imprese eroiche con assoluto sprezzo del pericolo, ma un molto piu’ “umano”vivere ,affrontando le nostre insicurezze, timori, quelli che ci vengono dalla quotidianità.

Bisognerebbe imparare a “gioire” di ciò che è nuovo, accettandolo senza riserve, anche se genera timore.

Spesso il nuovo viene percepito come fonte di eventi negativi, dimenticando che potrebbe essere fonte di nuove opportunità.

 Bisognerebbe abbandonare  vecchi schemi di comportamento che non ci rappresentano piu’, ma che siamo restii a lasciare, perché frutto di abitudini consolidate, di “riti” che ci danno sicurezza,ci fanno sentire protetti.

Coraggio che dovrebbe comprendere il cambiare ciò che deve essere cambiato, anche andando contro il pensiero di chi abbiamo intorno.

Coraggio di abbracciare il nuovo nei rapporti affettivi, tagliando i cosiddetti “rami secchi”, nonostante la paura che una decisione del genere comporta, sul lavoro, sul cammino, che mai dovremmo interrompere, quello che porta alla ricerca, alla conoscenza di noi stessi, perché siamo un continuo “work in progress ”con tutti gli “sconvolgimenti” che questo comporta.


 C’è molto di me in quello che ho scritto.

 Proietto in quelle parole, le mie paure, insicurezze e, il conseguente bisogno di attingere alle mie risorse piu’ profonde per “estrarne” il coraggio, appunto.

 

Non puoi essere veritiero, se non sei coraggioso.

Non puoi essere amorevole, se non sei coraggioso.

Non puoi essere fiducioso, se non sei coraggioso.

Non puoi cercare la realtà, se non sei coraggioso.

 

NON CHIAMARLA INCERTEZZA:CHIAMALA MERAVIGLIA

NON CHIAMARLA INSICUREZZA:CHIAMALA LIBERTA'


(Splendore)

 
 
 

LA SCRITTURA E' UNO SPECCHIO CHE SI INFRANGE: L'INSUFFICIENZA DEL NOSTRO DIRE

Post n°60 pubblicato il 07 Febbraio 2013 da splendore07

Lo scrivere è un insieme di intuizioni, sensazioni, emozioni, imponderabilità, agonia e resurrezione dell’anima, esaltazioni, delusioni; è profonda alchimia.

Le emozioni provate di fronte ad un tramonto, un parco nel pieno splendore della primavera, o con gli alberi scheletriti nell’inverno, una musica ascoltata in un particolare stato d’animo, visi incontrati per caso che ci hanno colpito e che non rincontreremo, uno sguardo che ci ha impressionati  piu’ della bellezza degli occhi, un sorriso  capace di trasmettere emozioni che arrivano nel profondo, facendo vibrare le corde dell’anima ;e, senti il bisogno di trasmettere quelle immagini, quello struggimento esattamente come si è manifestato, attraverso la parola.

Pensi: se potessi descrivere tutta questa profondità !

Stendhal diceva che i particolari sono ciò che di piu’ importante esiste nello scrivere.

Cechov: si deve tentare l’impossibile per descrivere le cose come nessuno ha mai fatto.

Lo scrivere è uno specchio.

Cosa possiamo considerare specchio? L’acqua lo, è cosi pure il mare, gli occhi sono lo specchio dell’anima. E ci sono specchi diabolici, deformanti, magici.

C’è lo specchio della quotidianità nel quale non ci riconosciamo.

Dietro allo specchio, alberga il sogno, e senza romperlo, noi tutti vorremmo avere accesso a quel sogno, renderlo realtà, perchè è  la nostra essenza piu’ profonda.

E se lo scrivere è uno specchio, questo riflette la vita.

Spesso capita che nello specchio, si riflettano solo frammenti di esistenza, perché si è incapaci di “riprodurne” l’interezza.

Ed allora diventa uno specchio infranto.

Tutto quanto detto sopra, è sinonimo di un ventaglio di sensazioni difficile da rendere tramite le parole; non per limitata conoscenza di vocaboli, ma perché non sufficienti ad esprimere esattamente come vorremmo, come sentiamo, le emozioni vissute.

Scrive Heidegger: Dove il linguaggio si fa parola?

Anche se puo’ sembrare strano, è là dove noi non troviamo la parola giusta per qualcosa che ci tocca, ci trascina, ci tormenta, o ci entusiasma.

Ed è dei sentimenti, delle emozioni, la caratteristica del non potersi esaurire con parole che abbiamo a disposizione, e da questo deriva l’intrinsecità delle emozioni, dei sentimenti: il rivelarsi di quello che è loro proprio: l’inesprimibile.

L’insufficienza del linguaggio, non come penuria di vocaboli, ma come segno che l’orizzonte delle sensazioni, è spostato molto piu’ avanti di quello della parola.

E allora bisogna “imparare” -“impresa” tutt’altro che semplice,-  ad abitarne i “confini”, costituiti dalle sue insufficienze, dalle sue inesprimibilità.

  (Splendore)


Liberamente tratto da un testo di M. Rodoreda ,scrittrice catalana e U. Galimberti ,filosofo

 
 
 

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