Creato da vogliolamiaalba il 12/01/2012

La mia passione.

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Post n°25 pubblicato il 26 Febbraio 2012 da vogliolamiaalba

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La luna ha sempre esercitato su di me un fascino incredibile. Specie nelle sere calme e tiepide come questa, quante stelle e che bella questa luna. Resto incantato a guardarla e, con un tremito d’emozione, capisco quanto ascendente questo magico satellite possa avere sulle persone e sulla loro vita. Sono convinto che il destino degli uomini sia scritto tra quelle pieghe strane, che ne dipingono i tratti. La faccia della luna mi ricorda mia nonna. Anche lei era placida e sempre sorridente. Il viso tondo, la pelle bianchissima e poche, sparute efelidi sul naso e sulle guance. Era sempre allegra, si divertiva a osservare tutti e tutto in silenzio, senza mai giudicare. Dopo la morte di mio nonno si era trasferita a casa nostra, ma non è mai stata una presenza ingombrante, tutt’altro. Io l’amavo moltissimo e, fin da bambino avevo l’abitudine di restare accucciato per terra, sul tappeto vicino alla sua poltrona. Lei sferruzzava io le raccontavo la mia vita, le affidavo i miei sogni e le mie aspettative. Fu una sera di aprile, che, emozionato per aver visto la luna riflessa nel laghetto vicino a casa, entrai in salotto e, con voce sognante, recitai la famosa poesia di Leopardi. “ Che fai tu, luna in ciel? Dimmi, che fai, silenziosa luna?"  Mia nonna sorprendendomi, mi rispose con queste frasi: luna, mia bella luna, che nel ciel risplendi, fammi sognar dormendo chi sposerò vivendo. Incuriosito la pregai di ripetere quelle poche strofe dal suono così strano. Magico. Lei sorrise e cominciò a raccontare.  Poi man mano che passavano gli anni tutte le volte che mi capitava di vedere la luna, mi veniva in mente mia nonna. Ogni volta ripetevo quelle strofe, era come per ricordarmi di lei. Cinque anni fa, una notte d’estate non ci pensavo più, ma feci quello che mi aveva insegnato mia nonna, o meglio come diceva nonna. Il mattino mi svegliai con un gran mal di testa. Mentre guidavo per andare al lavoro, mi ripetevo che ero ancora un bambino che si attaccava a certi detti.  Arrivato in ufficio cera una donna alta, bionda, con i capelli ricci, lunghi sulle spalle e occhi particolarmente magnetici. Mi guardava sorridendo e poi fuggiva via, io la rincorrevo, volevo conoscerla meglio. Ecco, era lei la donna che volevo. Ma più mi avvicinavo a lei, lei più scappava. Un giorno mi disse, che l’unico sentimento che provava per me era quello dell’amicizia. Alzai le spalle e mi dimenticai del gioco della luna. I giorni, i mesi, gli anni passarono, scivolando lenti, e la vita si portò via mia nonna e i suoi racconti di magie e di mondi fantastici. Che cosa potrà mai fare la luna in cielo? Ma si può essere più stupidi di così? Ma questo Leopardi non aveva proprio nient’altro da fare nella vita?

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