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Credo in te

Pam Brown

Credo in te, amico.
Credo nel tuo sorriso,
finestra aperta
nel tuo essere.
Credo nel tuo sguardo,
specchio della tua onestà.
Credo nella tua mano,
sempre tesa per dare.
Credo nel tuo abbraccio,
accoglienza sincera
del tuo cuore.
Credo nella tua parola,
espressione di quel che ami
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Credo in te, amico,
così, semplicemente,
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La strage di Bologna

Post n°298 pubblicato il 30 Ottobre 2008 da mirabelladgl1
 

Perché la voce degli innocenti rimbomba nel silenzioso dimenticare?

Umanità hai ancora tanto da imparare, ma devi ricordare ciò che hai già imparato.

 Umanità hai perso la curiosità di sapere?

 L'inganno viene subito da chi non si vuole informare.

Il 2 agosto 1980, alle 10.25 del mattino, si verifica la strage più devastante della storia del dopoguerra italiano. Con una deflagrazione dalla violenza inaudita salta in aria la stazione di Bologna. Ottantacinque morti e centinaia di feriti per una tragedia intorno alla quale ipotesi e depistaggi si sono alternati per oltre venti anni. Le dichiarazioni di alcuni pentiti portano già 26 giorni dopo la strage ai primi mandati di cattura: 47 personaggi del mondo eversivo di destra arrestati, che saranno scagionati, tutti, qualche mese più tardi. La svolta nelle indagini arriva il 6 febbraio del 1981, quando nelle mani della giustizia finisce il ricercato numero uno fra i neri, Giuseppe Valerio Fioravanti. L’ideatore e il leader dei Nuclei Armati Rivoluzionari, responsabili di decine di omicidi, l’ultimo dei quali a fine giugno 1980, quando uccidono il giudice Mario Amato. Giusva Fioravanti viene arrestato con l’accusa, fra le altre, di concorso in strage per i fatti di Bologna. La compagna – di vita e di morte – Francesca Mambro resterà in libertà ancora per poco, per finire dietro le sbarre anche lei a marzo. Sono loro, secondo le indagini, la magistratura e l’opinione pubblica, ad aver piazzato quella bomba a Bologna.Circa 21 anni fra dibattimenti e sentenze, l’ultima delle quali emessa nel giugno del 2000. Ma mentre nelle aule giudiziarie si tiene la battaglia contro l’innocenza gridata da Mambro e Fioravanti, altrove nel paese iniziano a costruirsi clamorosi depistaggi. E’ il gennaio del 1981 quando prende corpo la prima messa in scena che tenta di portare le indagini fuori dal paese. Teatro ancora una volta la stazione bolognese, dove sul treno Taranto – Milano la polizia rinviene una valigia piena di armi, esplosivo, ma soprattutto due passaporti falsi, uno tedesco e l’altro francese. Il Sismi allora produce una serie di  informative che riconducono il ritrovamento alla famigerata operazione “Terrore sui treni”, condotta da estremisti di destra tedeschi e francesi. Un’operazione terroristica che però non è mai esistita. Un tentativo di depistare le indagini per portarle sulla pista internazionale, operata dai servizi segreti italiani, che sarà pagata con alcune illustri condanne di quattro ufficiali del servizio segreto militare.Poi è la volta della cosiddetta “pista palestinese”. Nel 1979 vengono arrestati a Ortona tre membri dell’autonomia operaia e un cittadino giordano rappresentante del Fronte di Liberazione della Palestina, Abu Anzeh Saleh, perché in possesso di lanciamissili sovietici. La Commissione parlamentare d’inchiesta “Mitrokhin” nel 2005 si baserà proprio su questo dato per formulare l’ipotesi di una ritorsione dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (Olp). Ritorsione, perché dal 1973 l’Italia ha un accordo segretissimo con la dirigenza araba, stipulato dal capo della Dc Aldo Moro, che permette il transito di armi palestinesi sul nostro territorio senza arresto per i militanti, purché l’Olp non attacchi l’Italia.
Parte della Commissione Mitrokhin non accetterà le conclusioni della ritorsione araba e la magistratura non vaglierà mai questa ipotesi. Come quella che vorrebbe alla stazione emiliana un militante tedesco del terrorista internazionale “Carlos il sanguinario”, a sua volta collegato con l’Olp. Thomas Kram, esperto di esplosivi e apparentemente ospitato in un albergo bolognese proprio nella notte tra l’1 e il 2 agosto. Quindi un carico di esplosivo non destinato all’Italia, ma semplicemente in transito, che collega gli uomini di Carlos e quelli dell’Olp: non volevano che saltasse, lo stavano solo spostando. Una verità dai risvolti internazionali, in cui c’è la necessità di trovare velocemente un colpevole per coprire la politica del “doppio binario” con l’estero che l’Italia sta intrattenendo.. Ed ecco che due criminali minori - “con delle colpe, ma non i peggiori del mondo” dicono loro – finiscono condannati all’ergastolo.
Sarà invece la Commissione Stragi ad avanzare ancora un’altra ipotesi: il collegamento diretto fra la strage di Bologna e un altro evento tragico, accaduto appena pochi giorni prima: il 27 giugno dello stesso 1980, quando una strana confusione nei cieli porta il DC9/870 dell’Itavia a precipitare nel mare di Ustica.I periti incaricati dell’inchiesta preliminare sui fatti di Ustica affermano di aver ritrovato nei rottami dell’aereo tracce di esplosivo simile a quello utilizzato per confezionare l’ordigno della strage di Bologna.
Eppure qualcosa non torna. Il Giudice istruttore del processo di Ustica, Rosario Priore, afferma in un’intervista: “Nessun pezzo dell’aereo reca tracce di esplosione (…).  La stessa versione è confermata da Leonardo Lecce, uno dei sei periti della I Commissione d’indagine su Ustica, che nega la possibilità che l’aereo sia stato abbattuto a causa di un’esplosione. Parallelamente, si affaccia anche la cosiddetta “pista libica”, che vorrebbe le due tragedie collegate come ritorsione del generale Gheddafi per l’accordo stipulato fra Italia e Malta. 
 Dopo anni di indagini e udienze, per la giustizia italiana non ci sono stati dubbi: quella di Bologna fu una strage attuata da elementi dell’estremismo di destra con i depistaggi di servizi segreti e massoneria deviata. In seguito ad una lunga serie di processi, il 23 novembre 1995 le sezioni penali unite della Corte di Cassazione hanno condannato all’ergastolo come esecutori materiali Giusva Fioravanti e Francesca Mambro. Hanno inoltre condannato a dieci anni di reclusione Licio Gelli e gli ufficiali del Sismi Francesco Pazienza, Piero Monsumeci e Giuseppe Belmonte, riconosciuti come affiliati alla Loggia massonica P2 e responsabili di depistaggio nelle indagini.L’ultimo atto, nel giugno del 2000, ha poi condannato per depistaggio anche l’ex capo della Banda della Magliana Massimo Carminati, il pregiudicato Ivano Bongiovanni e l’ex direttore del Sismi di Firenze, Federigo Mannucci Benincasa.Mambro e Fioravanti, in tutti questi anni, hanno continuato a ribadire con forza la propria innocenza. Vittime, secondo il loro punto di vista, di una “ragion di Stato” più forte della ricerca di un’equa verità. “Sacrificati per la tranquillità nazionale” che aveva bisogno di un capro espiatorio facile e approvato dalla piazza.
Fioravanti afferma che le tesi più vicine al vero siano quelle dell’onorevole Cossiga, quando parla di “incidente”. Una verità insomma che vede il paese al centro di uno scacchiere internazionale complesso, che per coprire politiche estreme riversa la responsabilità del disastro su colpevoli piuttosto scontati.
Vulgata vuole che per la strage di Bologna giustizia fu fatta. Una giustizia a metà, però, perché restano da spiegare le motivazioni alla base di quei depistaggi, e quel torbido panorama che troppo spesso emerge dai fatti che hanno insanguinato il paese negli anni della tensione. Quelle sinistre connivenze fra estremismi, apparati militari, massoneria e servizi deviati che torna ad inquietare, e a rendere l’immagine di una “strategia della tensione” fatta di molteplici sfaccettature, ma che è stata sempre e comunque pagata con il sangue dei cittadini.

 

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