Universo persona

Pedagogia clinica & dintorni

 

   

AMBITI DI INTERVENTO

L’intervento di aiuto per soggetti in età pre-scolastica e scolastica trova orientamento a seguito di un percorso diagnostico ed è rivolto alle abilità: espressivo/elocutorie, organizzativo/motorie, 
comunicativo/relazionali
e apprenditive.
In accodo con la famiglia è previsto un coordinamento tra il pedagogista clinico e la scuola al fine di favorire un’utile integrazione tra l’intervento di aiuto dello specialista e l’iter educativo scolastico.

L’intervento di aiuto a favore di singoli adulti viene garantito da una diagnosi e dalla scelta di tecniche appropriate e armonizzate in modo flessibile, capaci di sostetare la scoperta, la conoscenza e l’accettazione di sé, placare le tensioni, mantenere vivo l’equilibrio delle emozioni, assumere una ritrovata fiducia, muoversi positivamente verso gli obiettivi desiderati. Interventi che predispongono ad andare oltre il disagio fino a modificare positivamente le abitudini, le regole di vita e il comportamento.

 

Le coppie e i gruppi trovano nelle diverse tecniche e modalità di utilizzo, occasioni importanti per uscire dal disordine e dal caos, conoscere e affrontare i rischi e le delusioni esistenziali. Ogni singolo ha l’opportunità di attingere alla propria fonte viva di significati e di risorse per acquisire un adeguato stile relazionale e comunicativo.

Altri interventi di aiuto condotti dal pedagogista clinico sono rivolti:

× all’orientamento scolastico

× alla formulazione di itinerari educativi di aggiornamento e formazione per il personale delle scuole e per gli educatori presenti in enti pubblici e privati

× al sostegno alla genitorialità.

 gruppo

 

PRESENTAZIONE DELLA PROFESSIONE.

 

METODI

Educromo, per il recupero della capacità di lettura; Writing Codex, per la codifica scrittoria; Eucalculia, per il potenziamento delle abilità logico- matematiche; Edumovment, per lo sviluppo delle potenzialità organizzativo-motorie; InterArt, per lo sviluppo della creatività; Body Work, Trust System, DiscoverProject, TouchBall per favorire la conoscenza e la coscienza topografico-corporea; Musicopedagogia, per il potenziamento delle capacità comunicative e interazionali; Memory Power Improvement (MPI), per lo sviluppo dell’attentività e della mnesi;

Prismograph, per educare al segno grafico;

 

 

Bon Geste, per favorire abilità grafo-gestuali; Training Induttivo (TI), metodo di rilassamento per fronteggiare gli stati di disagio psi-fisico; Metodo Ritmo-Fonico, Coreografia Fonetica, Vibro Vocale, per lo sviluppo delle espressività e della comunicazione orale; Metodo Self, per il risveglio delle abilità nell’autonomia  e coscienza di sé; Metodo Feeding, per migliorare la funzione masticatoria; Reflecting, per favorire lo sviluppo del sé; Semiotica Senso-percettiva, per facilitare l’interazione; PsicoFiabe, per stimolare l’immaginazione; Cyberclinica,  PictureFantasmagory, ClinicalMentalPicture per favorire rinforzi ergici e nuove disponibilità al rapporto. 

 

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BULLISMO

Post n°25 pubblicato il 09 Luglio 2011 da pedagogista72
 

 
FACCIO IL DURO
(Ludovica Cima)

 TI HO DETTO: "FACCIO IL DURO.
FACCIO TUTTO A PEZZETTINI,
PICCOLI PICCOLI COME GRISSINI".
MI PIACE ESSERE FORTE,
PERCHE' DECIDO TUTTO IO.
MI PIACE ESAGERARE,
PERCHE' POI TUTTI STANNO A GUARDARE.
MI PIACE DARE ORDINI,
ANCHE AI PIU' PICCINI,
CHE MI SEGUONO COME SOLDATINI.
TI HO DETTO: "FACCIO IL DURO",
E L'HO FATTO SUL SERIO,
MA ALLA FINE HO CAPITO
DOVE HO SBAGLIATO:
HO SCORDATO CHE UN DURO ESAGERATO
NON HA NESSUNO PER DIVIDERE UN GELATO

 

Il problema dei bullismo è complesso da sviscerare. Molta importanza pare abbiano i processi imitativi. A meno che non si parli di vere e proprie aree di disagio sociale, Wrestling, videogiochi, recenti cartoni animati, giochi per l'infanzia... tutti contribuiscono ad alimentare comportamenti aggressivi o comunque a tollerare la violenza, perché la portano nelle case, anche dove non ci sarebbe, ma soprattutto ciò avviene in un'età in cui il confine tra realtà ed immaginazione è molto sottile. Tante scene di guerra, ad esempio, vengono vissute da un bambino non come immagini lontane, ma come appartenenti al suo spazio d’azione, cioè come se ne facesse parte.
C'è da dire che molto è cambiato anche nei rapporti generazionali, tra genitori e figli. Spesso coloro che dovrebbero essere una guida, una certezza, non lo sono ed anzi, molte volte immaturi o in crisi a causa di conflittualità interne, chiedono ai figli di accettare situazioni di divisioni, dinamiche conflittuali, senza che essi siano attrezzati (per l'età) ad affrontarli, dove non capiti di pretendere da loro di esserne i catalizzatori.
In particolare, nel tempo, pare che un ruolo fondamentale, nel determinare molti comportamenti di aggressione a cose e persone, lo abbia avuto l'inadeguatezza educativa. Si parla di "società senza padre" proprio per rilevare l'assenza dell'autorità, del rispetto delle regole, che tradizionalmente veniva associata alla figura paterna. Ciò verrebbe a determinare un flusso dei moti istintuali senza freni, senza mediazioni, perché non si è formato, (quindi è assente) un codice morale interno alla persona.
La cosa più pericolosa per le nuove generazioni, poi, pare sia l'abuso che fanno di playstation, tv, computer: rischiano di perdere il rapporto con la realtà. Nel mondo virtuale si muore, si uccide, si cade dall'alto... si fa deragliare un treno... poi, si spegne e si ricomincia tutto da capo, senza problemi, senza dolore, senza responsabilità alcuna.
Riappropriamoci del ruolo di guida che un adulto esercita su un giovane, offriamo modelli di equilibrio, diciamo dei no dove serve, motivandoli, che aiutino chi, proprio perché in crescita, deve formare dentro sé un assetto valoriale che gli consenta di vivere con un maggiore rispetto di sé e degli altri
.

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Commenti al Post:
filosdiretto
filosdiretto il 13/07/11 alle 09:06 via WEB
E’ una fase particolare quella che stiamo attraversando. Purtroppo quelle che sono state elencate nel contributo di riferimento sono delle verità cui potrebbero portare a quello che tutti i bulli ne fanno uno dei loro cavalli di battaglia: il gesto, a volte anche violento, cui prende il posto delle parole che non si riescono a scambiare con gli altri. E allora prima dei famosi farmaci che soffocano le parole, prima dei famosi lettini del vis a vis con lo psicologo di turno, si potrebbero incominciare ad imparare i nostri moti dell’anima, nel senso che dobbiamo rientrare nell’ordine delle idee che è una necessità ed un’urgenza quella di cercare di infondere un’educazione emotiva preventiva, di cui, allo stato attuale, c’è un deserto di occasioni in famiglia, nelle scuole e nella società. Questa società, è bene dirlo, sta contribuendo a far esplodere un individualismo sfrenato ed esasperato perché, a differenza di qualche tempo fa, non ci sono più quei contenitori di riferimento che riuscivano ad arginare gli impeti dei più giovani. Mi riferisco alle educazioni più severe, a una più diffusa povertà e ad un particolare inquadramento che era imposto dalla religione. Ora, magari, questi freni appena elencati non ci sono più o, più propriamente, si sono in qualche modo affievoliti ( magari meglio così ) , ma quel che ci ritroviamo forse è peggio, infatti si va formando un esercito di individualità che vive sì, nella consapevolezza di essere più liberi, ma che sicuramente questa libertà è e sarà esplicata sempre più nella solitudine, proprio grazie alle tecnologie elencate da pedagogista72, che ne costituirebbero la causa principale. La solitudine genera automaticamente il non sapere stare con l’altro e convince il giovane che è lui il “padrone delle cose e degli altri”. E’ inutile nascondersi dietro il classico dito: serve un’azione decisa e mirata nell’educazione dell’anima di questi giovani ( ma prima nella nostra ), che sia il più possibile conforme ai tempi che viviamo, tempi che hanno bruciato gli spazi di ogni riflessione, tempi che hanno ridotto al nulla più assoluto qualsiasi accenno alla comunicazione ( è rimasta solo quella virtuale ), tempi che ci hanno allontanato da quel “sentire” in anticipo ciò che è bene e ciò che è male, tempi che hanno tradotto in Bit e Byte ogni azione umana. Bisogna intervenire sul cuore, come ci diceva B. Pascal nel suo “pensées”. Egli ci dice di coniugare e armonizzare “l’esprit de finesse” con “l’esprit de geometrie”, quindi la parte del cuore leggero e nobile in armonia con la nostra intelligenza che, appunto, se privata del cuore, non genera un male comune, ma un male assoluto che il “Genesi”, nell’esplicare la figura di Lucifero, ne parla come il “più intelligente degli angeli” ( Genesi 3,1).
 
piedimonte_1978
piedimonte_1978 il 13/07/11 alle 12:12 via WEB
Vorrei ricordare ai genitori le parole di un famoso pedagogo olandese: "ogni bambino è un Prinicpe della luce che poi con l'educazione diventa una sorta di cretino". In tanti anni di lavoro mi è capitato di vedere molti ragazzini, quasi tutti, dotati di immaginazione, coraggio, sete di conoscere, e pochi, quasi nessuno, provvisti della virtù di quell'obbedienza cieca, pronta e assoluta che molti educatori e genitori vorrebbero. Ma poi, mediante l'educazione, sono stati corretti, svuotati, di immaginazione e di coraggio e riempiti di obbedienza”. Voglio dire che bisogna fare in modo che ogni persona, anche in età infantile, sia libera di essere ciò che è e non subisca quel processo di smantellamento della libertà a cui tutti continuiamo ad essere sottoposti. La troppa pressione, a volte , sortisce l’effetto opposto e allora si creano degli involucri riempiti di nozioni rigide mischiate con ampie dosi di finta libertà, perché noi grandi diamo la parvenza di far scegliere in libertà, ma in realtà in quel momento stiamo dominando il malcapitato di turno. La reazione, con il tempo, non può essere che scomposta e, la problematica del bullismo, viene fuori manifestandosi con azioni che iniziano dalla semplice prepotenza verbale, per sfociare in azioni singole o di gruppo. Responsabilizzare i giovani attraverso una educazione che abbia un’unica direzione, questa mi sembra la via giusta. Il tutto parte dalla famiglia di origine. Chi mette al mondo dei figli ha il dovere di prepararli a stare in società, cercando di far vivere loro il proprio tempo senza sconfinare nell’assurda pretesa di formarli attraverso un carico eccessivo di responsabilità ( magari lasciandoli soli in casa con i giochi elettronici in mano e il frigo a disposizione ), né assecondarli in tutto con il rischio di non riuscire più a far fronte alle loro richieste, che inevitabilmente si moltiplicano con il passare del tempo. Succede quindi che, quando ad un giovane gli si toglie di colpo tutto l’agio goduto fino a quel momento, lo si rovina definitivamente, e da li in poi nascono ulteriori pericoli, che vanno dalla depressione fino ad una vera e propria ribellione che potrebbe avere delle conseguenze drammatiche. Questa discussione raccoglie le stesse argomentazioni di quella relative alla discussione sul “disagio giovanile“, pertanto mi scuso con l’autore del contributo se i commenti potrebbero somigliare.
 
minds1971
minds1971 il 29/07/11 alle 07:48 via WEB
I protagonisti di atti di bullismo, prevaricazioni, nonnismo, sono stati ritenuti per più di un secolo (già lo scrittore E. De Amicis inizia a parlare di un alunno che nutre il suo odio nei confronti di tutto e tutti), come soggetti che non desiderano migliorare. In generale danneggiano con prepotenza i più deboli e più esposti alle prevaricazioni, a scopo di affermazione personale di stampo delinquenziale. Gli autori del bullismo hanno tutte le età: alunni di scuola elementare, media, liceale, (oggi su you-tube è possibile visionare anche alcune tracce di filmati che li ritraggono durante i danneggiamenti). Prevaricano, perpetrano deliberatamente, intenzionalmente, ripetutamente pressioni offensive; aggrediscono, danneggiano, feriscono, vandalizzano gli effetti personali dei loro compagni, sottraggono beni simbolo, deridono e in qualche caso diffamano, calunniano, offendono, discriminano ed escludono i più deboli incapaci di difendersi; impediscono la fruizione di beni materiali, culturali, morali; trascorrono quasi l’intera giornata “inseguendo l’allegria” e per tenersi in “forma” si divertono a spaccare tutto, con furia disumana. Vi sono bulli che sono integrati positivamente nella scuola e nella famiglia ed altri che non hanno intenzione di vivere normalmente, né di sottoporsi alle regole della famiglia e della scuola. Nella seconda ipotesi, i bulli non hanno un buon curriculum scolastico, non sono precisi e non rispettano l’orario d’ingresso a scuola, fanno numerose assenze ingiustificate, non svolgono i compiti assegnati dai docenti, copiano i compiti dagli altri o addirittura li sottraggono materialmente ai compagni più bravi, apponendovi ingenuamente la loro firma. Quando vengono interrogati si girano continuamente verso i compagni di classe, in cerca di supporto, ma stranamente essi cercano aiuto dai compagni “scolasticamente malconci” del loro piccolo clan invece di implorare suggerimenti dai compagni più bravi: questo fenomeno di persistenza ed irriducibilità va a connotare in maniera inequivocabile i ragazzi e adolescenti che non hanno intenzione di migliorarsi e quindi sono già all’inizio di una carriera criminale. Recentemente si levano voci di allarme sociale da più parti, per l’evidenziarsi di alcune forme di imbarbarimento sociale, che trasversalmente colpiscono l’umanità. Quindi sembrerebbe che una parte della popolazione mondiale, a pelle di leopardo, venga presa dalla rabbia, cattiveria, aggressività e pericolosità. C’è la necessità di raccogliere i cocci prodotti da una miriade di fenomeni negativi che hanno connotato l’età evolutiva dei giovani formatisi nel periodo cosiddetto della pedagogia italiana “postbellica”, al crepuscolo dello scorso secolo (scuola permeata da rilevanti fenomeni di abbandono, bulimia, bullismo, devianza sociale e criminalità), proprio nelle aree geografiche più martoriate e bisognose. A proposito di aree geografiche economicamente depresse c’è da dire – in premessa teorica – che ancor di più occorre una ricerca pedagogica e psicologica giuridica che contemperi le esigenze degli studi sullo sviluppo della “personalità integrale” degli individui. Intanto a tutt’oggi la corposa pedagogia “crepuscolare” in parte sopravvissuta all’ultimo novecento, “conserva in modo massimalistico e logicistico” un’impostazione metodologica volta a mitigare i sintomi del bullismo senza affrontare lo studio sistematico delle cause, a livello motivazionale. Appaiono incredibili, più che inadeguate nel complesso, le misure pedagogiche messe in atto alla fine del 900, col sistema di “tappa” e “tappa”, agendo per progetti fatti di azioni e misure “rafforzative” della didattica scolastica ordinaria anche se qualche volta, in collegamento con i Servizi sociali Comunali, con misure emendative di correzione (allontanamenti, affidamenti), che ancor di più esasperano i “bulli”: essi comprimono le loro pulsioni passivamente fino ad una successiva ripresa reattiva, imprevedibile. Nel nostro caso, l’osservazione del bullo va ricondotta alla stesura del profilo psicologico (strumento tipico della psicologia giuridica – leggasi Carta di Noto) applicato al “bullo” e possibilmente a tutti i soggetti che “gravitano” o “ruotano” intorno a lui. Non è un mistero che, per le scienze psicologico-giuridiche, per arrivare all’individuazione della genesi di un comportamento di un individuo bisogna analizzare svariati soggetti a lui prossimi, stendendone i profili psicologici. E appunto con questo metodo d’indagine e di raffronto di profili plurimi gli Psicologi CTU riescono ad evidenziare, (se richiesto dal magistrato, anche nelle sedi istituzionali deputate, nei procedimenti di affido familiare ed extrafamiliare di minori, nei GLH per l’integrazione delle Persone diversamente abili, nei procedimenti di affidamento di minori ad Istituti di rieducazione minorile, nei procedimenti penali) quella significativa “compresenza”, nei casi di bullismo, prevaricazione, nonnismo, di indicatori psicologici di carenze economiche, culturali, morali, affettive. La ricerca pedagogica comparata e la ricerca pedagogica emendativa dovranno muoversi secondo una nuova direttrice di studio motivazionale che personalmente giudico parecchio interessante, anche dal punto di vista psicologico giuridico, per arrivare alla interpretazione scientifica delle prevaricazioni, del bullismo e del nonnismo.
 
magistratisinistri
magistratisinistri il 05/08/11 alle 13:54 via WEB
Trovare collaborazione a scuola, anche con i genitori diventa veramente difficile. Sfrutto ogni anno quelle opportunità con l’istituto previdenziale che gestisce la mia categoria, pertanto mi trovo in vacanza con alcuni colleghi. Uno di essi mi ha raccontato le pene che sta passando, ancora oggi, a distanza di due anni scolastici, per aver cercato di “controllare” un paio di alunni che avevano preso di mira altri alunni della loro classe e non solo. Tutti sapevano di questo quadro che si era creato e tutti i professori si sono messi d’accordo di intervenire in un’unica maniera. Per primo informando i genitori e poi man mano … Morale della favola, questo mio conoscente si è permesso di dare seguito a quanto precedentemente detto e, in men che non si dica ha avuto i genitori dei bulli contro e, questo è pazzesco, anche gli stessi professori che avevano preso parte alle riunioni per cercare di risolvere il problema. Ma in che mondo viviamo? Ora lo stanno mettendo in condizione di chiedere trasferimento perché ha infangato il buon nome della scuola. Ma è pazzesco. In un’altra discussione si incitava a credere nei bambini; e in questo caso? Non si dovrebbe forse dare credito ad un professore che ha sempre esercitato la propria “missione” con diligenza e profitto?
 
pedagogista72
pedagogista72 il 06/08/11 alle 13:59 via WEB
Dispiace, e non poco, per il fatto che un docente debba pagare per la sua buona fede. Il post, che precede questa mia risposta, però, lascia un senso di impotenza e scoraggiamento che, per me stessa, vorrei superare (o tentare di farlo). Il ricorso agli Organi collegiali della scuola, come sede specifica per decisioni di carattere educativo, oltre che didattico, che siano condivise e corresponsabili, mi sembra il punto d'inizio. Il dirigente (o chi per lui) come presidente, la garanzia di un verbale redatto da un segretario preposto, la presenza di tutti i docenti della classe e le firme in calce alla definizione delle scelte metodologiche specifiche da adottare sono fattori sufficienti per scongiurare l'isolamento di chi cerca di svolgere con professionalità il proprio lavoro. Nel caso di Istituti superiori, ove sono applicabili dei provvedimenti disciplinari, è opportuno ricordare che quest'ultimi sono atti amministrativi veri e propri, quindi soggetti alla normativa riguardante gli atti della P.A.. Il Consiglio di classe, proprio perchè in grado di irrogare sanzioni disciplinari, è uno degli organi scolastici collegiali con valenza esterna e le decisioni prese in quella sede possono incidere sulla sfera giuridica verso terzi. La normativa ci viene in soccorso e occorre attenersi ad essa, oltre che andare con i piedi di piombo, soprattutto nei casi in cui urtare la suscettibilità altrui è inevitabile, almeno quanto sollevare, di lì a poco, quell'atteggiamento immaturo di quei docenti che cercano di approfittare di determinate situazioni per creare attorno a sè un'immagine personale di efficienza, poco utile (quella sì) alla scuola e alla reale formazione dei giovani.
 
magistratisinistri
magistratisinistri il 07/08/11 alle 23:34 via WEB
Mi sono preso del tempo per rispondere perchè mi dovevo informare. Come volevasi dimostrare non era stata fatta alcuna riunione ufficiale , ma solo un accordo per vie brevi, di quelli in cui tutti sono d'accordo, ma dopo cinque minuti sono tutti pronti a smentire perchè non si ricordano oppure perchè: "ma io avevo capito...", "ma io avevo detto...", insomma, una trappola. Pare che solamente successivamente si dovesse procedere a mettere tutto a verbale. Insomma, sono state fatte le cose un pò alla "carlona" e il risultato si è visto. A volte si crede che la fiducia sulla parola possa risultare sufficiente, ma ci rendiamo conto che, al giorno d'oggi, è necessario sempre il nero su bianco.
 
piedimonte_1978
piedimonte_1978 il 08/08/11 alle 08:58 via WEB
Non ci sono più accordi sulla parola, magistratisinistri. Purtroppo si va avanti a carte bollate e a verbali redatti in calce. E' stata una leggerezza quella del tuo collega e amico, nonostante gli si può riconoscere un attaccamento al lavoro e la consueta buona fede. Purtroppo viviamo in un mondo falso in cui qualcuno si prende le responsabilità solo in gruppo e se ci è costretto. Il tuo amico è stata una voce fuori dal coro.
 
minds1971
minds1971 il 22/08/11 alle 15:34 via WEB
Nella società dello svuotamento dei valori e della crescente perdita dei punti di riferimento, i media sembrano interessarsi ai giovani soltanto quando sono protagonisti di delitti efferati o di episodi di violenza nei confronti di persone e cose: dagli atti vandalici contro gli edifici scolastici, sino alle aggressioni fisiche o verbali ai danni di compagni e insegnanti. L'allarme bullismo esplode soprattutto nella scuola, dove si esprime in molteplici forme, individuali o di gruppo, mentre Youtube e i telefonini contribuiscono a diffondere una nuova "devianza" giovanile: il cyberbullismo. Qui tentiamo di evidenziare il ruolo ambivalente e al contempo decisivo della comunicazione mediatica, che da un lato produce rappresentazioni dei giovani e dei loro vissuti, ma dall'altro, attraverso la Media education, si propone come ambiente privilegiato per l'acquisizione di una capacità critica e come sostegno valido ed efficace per la prevenzione di situazioni di disagio sociale. Ma anche i complessi ruoli giocati da scuola, famiglia e società. Quale sarà il futuro di questi giovani? Resteranno sempre i ragazzi fuori dalla società, dalla famiglia, dal gruppo, dalle "buone regole" del vivere civile? Il bullismo rappresenta una nuova forma di devianza, propria dei giovani, che necessita di grande attenzione, in quanto spesso si manifesta come azione di gruppo nei confronti di uno o più individui incapaci di difendersi. Il suo persistere può trasformare i bulli in futuri devianti o criminali e le vittime in soggetti irrimediabilmente depressi o suicidi. Il bullismo va scoperto, analizzato e compreso nelle sue diverse forme e sfaccettature, perché solo con un impegno costante si può favorire il recupero di un clima più sereno nell'ambito scolastico, in primis, e in quello familiare poi. Il termine bullismo, dall'inglese bullying, è usato per etichettare gli atteggiamenti di prepotenze e angherie ripetuti in ambito scolastico, di cui sono vittime i ragazzi più deboli. Il fenomeno del bullismo è sempre esistito, pur se ignorato o sottostimato, ma da qualche tempo se ne parla molto, forse perché è stato scoperto dai mass media e di conseguenza ha avuto una nuova "visibilità". Genitori e istituzioni sono chiamati per primi alla responsabilità che il loro ruolo comporta. I ragazzi chiedono di essere gratificati, ma anche puniti se è necessario. Un comportamento giustamente punito tutela tutti forti, deboli, bulli e non. Naturalmente a patto che sia la famiglia, custode e testimone di valori positivi e responsabili. Infatti, dobbiamo sempre ricordare, che ciò che i ragazzi chiedono e di avere relazioni con adulti responsabili e coerenti e non con individui che della sopraffazione e dell’imbroglio fanno l’unico credo. La scuola appare il luogo privilegiato di attuazione del fenomeno, ma anche il fattore causante, per cui risulta importante l'apporto collaborativo di tutti coloro che ruotano intorno a tale istituzione sociale: il dirigente scolastico, i docenti, il personale non docente, gli studenti e i familiari, nonché la struttura, l'organizzazione e la gestione della scuola stessa.
 
Gli Ospiti sono gli utenti non iscritti alla Community di Libero.
 
 
 

INFO


Un blog di: pedagogista72
Data di creazione: 07/09/2010
 

BENVENUTO/A NEL MIO BLOG!!!


Ciao a tutti, sono l'autrice di questo blog. Dal giugno 2010, oltre ad essere una maestra di Scuola Primaria, sono diventata un Pedagogista Clinico. Mi sono specializzata con un corso post-laurea promosso dall’ I. S. F. A. R. di Firenze e ho pensato di utilizzare un canale web per far conoscere e valorizzare le mie iniziative nell’ambito dell’aiuto alla persona, cui l’intervento pedagogico clinico è rivolto.
Il mio primo lavoro è quello dell’insegnamento, quindi proporrò soprattutto dei progetti indirizzati a soggetti in età scolare, ma ciò non toglie che è mio intento rendere nota questa professione e la validità dei suoi metodi anche in altri ambiti d’intervento e per tutte le età.
Ho usato l’espressione “pedagogia clinica & dintorni” in quanto questo contenitore multimediale accoglierà contributi di altra natura, che appartengono alle attività e interessi di chi scrive e che comunque sarà facile distinguere da quanto è strettamente attinente alla professione del pedagogista clinico.

 

Agli amici, conoscenti e visitatori che a vario titolo contribuiscono ad arricchire questo blog con la loro presenza:

 

FORMAZIONE PERSONALE

  • Laurea in Pedagogia (Università di Messina)
  • Specializzazione in Pedagogia Clinica (ISFAR di Firenze)
  • Master di II livello in Dirigenza Scolastica (UNICAL)
  • Master di II livello in "Dislessia e DSA in ambito scolastico" (UNICAL)
  • Insegnante a T.I. nella Scuola dell'Infanzia dal 2002 al 2004
  • Insegnante a T.I. nella Scuola Primaria dal 2004 in poi
  • Competenze informatiche:ECDL e LIM
  • Corsi di aggiornamento, laboratori, attività e progetti vari nelle scuole pubbliche.
 

Aiuto alle persone

LA PEDAGOGIA CLINICA

La pedagogia clinica ha come compiti lo studio, l’approfondimento e l’innovazione nel campo pedagogico, in riferimento a modalità diagnostiche e metodi educativi, volti ad aiutare non solo il singolo individuo, ma anche il gruppo con percorsi di superamento di ogni forma di disagio psicofisico e socio-relazionale. Superando ogni visione miope dell’essere, tale scienza ha fatto della Persona il suo presupposto: l’uomo è considerato nella sua interezza, nella sua complessità, in una visione che è olistica. L’ottica di un’educazione permanente, inoltre, fa considerare ogni individuo in continua evoluzione, dalla nascita alla morte, quindi passibile di rinnovamento e creativi sviluppi di sé e dei propri vissuti. Le persone coinvolte nell’aiuto pedagogico clinico, sia esso rivolto al singolo o al gruppo, sono accompagnate nel raggiungimento di nuovi equilibri e di una rinnovata disponibilità allo scambio con gli altri e con l’ambiente.

 

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