Universo persona

Pedagogia clinica & dintorni

 

   

AMBITI DI INTERVENTO

L’intervento di aiuto per soggetti in età pre-scolastica e scolastica trova orientamento a seguito di un percorso diagnostico ed è rivolto alle abilità: espressivo/elocutorie, organizzativo/motorie, 
comunicativo/relazionali
e apprenditive.
In accodo con la famiglia è previsto un coordinamento tra il pedagogista clinico e la scuola al fine di favorire un’utile integrazione tra l’intervento di aiuto dello specialista e l’iter educativo scolastico.

L’intervento di aiuto a favore di singoli adulti viene garantito da una diagnosi e dalla scelta di tecniche appropriate e armonizzate in modo flessibile, capaci di sostetare la scoperta, la conoscenza e l’accettazione di sé, placare le tensioni, mantenere vivo l’equilibrio delle emozioni, assumere una ritrovata fiducia, muoversi positivamente verso gli obiettivi desiderati. Interventi che predispongono ad andare oltre il disagio fino a modificare positivamente le abitudini, le regole di vita e il comportamento.

 

Le coppie e i gruppi trovano nelle diverse tecniche e modalità di utilizzo, occasioni importanti per uscire dal disordine e dal caos, conoscere e affrontare i rischi e le delusioni esistenziali. Ogni singolo ha l’opportunità di attingere alla propria fonte viva di significati e di risorse per acquisire un adeguato stile relazionale e comunicativo.

Altri interventi di aiuto condotti dal pedagogista clinico sono rivolti:

× all’orientamento scolastico

× alla formulazione di itinerari educativi di aggiornamento e formazione per il personale delle scuole e per gli educatori presenti in enti pubblici e privati

× al sostegno alla genitorialità.

 gruppo

 

PRESENTAZIONE DELLA PROFESSIONE.

 

METODI

Educromo, per il recupero della capacità di lettura; Writing Codex, per la codifica scrittoria; Eucalculia, per il potenziamento delle abilità logico- matematiche; Edumovment, per lo sviluppo delle potenzialità organizzativo-motorie; InterArt, per lo sviluppo della creatività; Body Work, Trust System, DiscoverProject, TouchBall per favorire la conoscenza e la coscienza topografico-corporea; Musicopedagogia, per il potenziamento delle capacità comunicative e interazionali; Memory Power Improvement (MPI), per lo sviluppo dell’attentività e della mnesi;

Prismograph, per educare al segno grafico;

 

 

Bon Geste, per favorire abilità grafo-gestuali; Training Induttivo (TI), metodo di rilassamento per fronteggiare gli stati di disagio psi-fisico; Metodo Ritmo-Fonico, Coreografia Fonetica, Vibro Vocale, per lo sviluppo delle espressività e della comunicazione orale; Metodo Self, per il risveglio delle abilità nell’autonomia  e coscienza di sé; Metodo Feeding, per migliorare la funzione masticatoria; Reflecting, per favorire lo sviluppo del sé; Semiotica Senso-percettiva, per facilitare l’interazione; PsicoFiabe, per stimolare l’immaginazione; Cyberclinica,  PictureFantasmagory, ClinicalMentalPicture per favorire rinforzi ergici e nuove disponibilità al rapporto. 

 

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ASCOLTARE L'ALTRO

Post n°29 pubblicato il 19 Luglio 2011 da pedagogista72
 

E’ proprio vero che per accogliere realmente l’altro occorre “tollerare di non sapere cosa incontreremo. L’incontro e l’ascolto sono un’avventura ed è solo l’altro che ci può indicare la strada, passo dopo passo.” (G. Blandino, P. Cavaglià)

Ascoltare comporta un impegno mentale ed emotivo non indifferente: lontano da sterili forme di passività, richiede uno sforzo di comprensione e un atteggiamento di partecipazione sgombri da preconcetti e schemi cataloganti.
Si può incorrere nella presunzione di aver ascoltato, quando si banalizza, con l’arroganza di chi ha già capito, senza confrontare ipotesi interpretative diverse, finendo magari narcisisticamente nella manipolazione dell’interlocutore, sulla base dei propri fini. Si arriva ad ostacolare una comunicazione autentica, se si ha la convinzione aprioristica di saper ascoltare, senza accettare di mettersi in discussione, mancando di recepire non solo ciò che avviene nell’altro, ma anche in se stessi, quando si entra in relazione con l’altro.
L’ascolto dell’altro si fa ancora più difficile, poi, quando si deve tradurre in disponibilità ad accogliere vissuti dolorosi, traumatici, che rimandano ad un’esistenza inaccettabile o imprevedibile; si fa quasi intollerabile quando si carica di pesanti silenzi, rifiuti, ribellioni.  E’ possibile in tali circostanze reagire invadendo la sfera altrui, con l’egocentrico atteggiamento di chi attira l’attenzione su di sé, negando di fatto il riconoscimento dell’alterità, ovvero la paternità delle scelte e l’abilità di trovare soluzioni al disagio. E’ altresì  un rischio il ricorrere ad un’interpretazione illusoria della realtà, come meccanismo di fuga da eventi sgradevoli e dai sentimenti penosi ad essi associati, con la conseguenza di una registrazione non corretta delle informazioni per eccesso o per difetto.

In Pedagogia clinica l'ascolto dell’altro è richiesto praticamente sempre, in ogni forma, circostanza e attività, ma in particolare durante il momento del colloquio anamnestico. La raccolta della storia dell’individuo, scandita dagli avvenimenti incisivi e le reazioni ad essi, avviene senza un cliché fatto di domande o una modalità inquisitoria. Rispettando il fluire del racconto che la persona fa di sé, in un clima di fiducia e accoglienza benevola, il Pedagogista clinico regola i suoi interventi, con l’intento di recepire motivazioni profonde, stili di vita, ansie, necessità, risorse …, nella consapevolezza di quanto sia delicato questo compito. Egli fin dal primo istante dell’incontro avvia con la persona una comunicazione che si rende verbale ed extraverbale insieme e che restituisce un senso e un significato nuovi ai vissuti.

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Commenti al Post:
magistratisinistri
magistratisinistri il 21/07/11 alle 00:28 via WEB
Tempo fa ho seguito un corso di pedagogia per motivi professionali. Niente di particolare, solo un assaggio. Prendo spunto da questo: “Semiotica Senso - percettiva, per facilitare l’interazione” ( preso dai metodi della pedagogia clinica ) e mi faccio due riflessioni . Come l’intelligenza ha il compito di riorganizzare senza posa l’esperienza, così l’educazione svolge la medesima funzione nell’avvicendamento delle generazioni, consentendo così sia la continuità sia il cambiamento. L’educazione è “ricostruzione e riorganizzazione dell’esperienza” che accresce il significato dell’esperienza stessa e aumenta l’abilità a dirigere il corso dell’esperienza stessa ( che gioco di parole ). Nessun modello determinato o esterno deve essere prescritto , il criterio pedagogico del buon educatore consiste nel verificare se l’apprendimento o l’intervento favoriscono altri apprendimenti o ulteriore educazione. In questo corso ci hanno parlato della semiotica, o scienza dei segni, che comprende lo studio dei linguaggi non verbali e dei testi, verbali e non). Alla semiotica riconduce sia l’ontologia, sia la logica comune. Praticamente ogni cosa è un segno in quanto il suo essere coincide con gli effetti che essa produce. Tutte le cose sono dunque connesse in una catena di rimandi e vivono solo in quanto stimolano reazioni e interpretazioni. La logica, in fin dei conti, è la scienza delle interpretazione dei segni, i quali vanno concepiti come relazioni triadiche, in quanto possiedono una qualità materiale ( per esempio la stoffa di cui è fatta la bandierina che segna il vento ) una “connessione di fatto” con l’oggetto che significano ( il movimento della bandierina in relazione alla direzione del vento ) e infine un “significato”. Il “significato” emerge nell’abito dell’”interpretante” ( così riportano i miei appunti ), cioè in quel comportamento che pone in relazione i primi due caratteri del segno e dice che il primo ( la bandierina ) “significa” appunto il secondo ( la direzione del vento). Così si sviluppa l’abito logico dell’uomo , attraverso una interpretazione illimitata e, l’uomo, a sua volta, è un segno in un universo di segni; egli coincide infine con il suo linguaggio. Scusate se non riesco a collocare questo commento in nessuna discussione, pertanto lo inserisco in questo posto, perché la semiotica è una tecnica della pedagogia clinica, così come tutti i linguaggi e gli ascolti annessi. Mi rendo conto che è anche un pochino contorto e con tante parentesi, ma io utilizzo questo blog anche come fase di studio e approfondimento di alcuni corsi e temi che affrontiamo durante l’anno scolastico.
 
filosdiretto
filosdiretto il 21/07/11 alle 08:12 via WEB
C’è una sostanziale differenza tra i post che fa l’autore del blog, più tecnici e più in linea professionale, da quelli che miei, o di chi commenta in generale, che sono per lo più il frutto di esperienze vissute o di casi più generali, a volte banali. Succede anche così in questa occasione, almeno per quel che mi riguarda.Si parla dell’ascoltare, del saper ascoltare. Molte volte non lo sappiamo fare, e non mi riferisco al solo ascolto che si fa con i padiglioni auricolari ( più che altro sentire ), ma l’ascolto vero e proprio. Succede quindi che l’invisibile armonia del cerchio che ripete se stesso, nelle persone che devono essere ascoltate, spezza ogni irruzione rumorosa del senso. Il loro sguardo di pietra vede troppa progettualità nello sguardo degli uomini, troppa speranza che vuole seppellire, a volte, disperazione. E allora e proprio in quel momento che il loro silenzio va ascoltato perché dice la verità che, con la nostra vita euforica, ogni giorno noi soffochiamo con la nostra epidermide, perché il loro sguardo di pietra è un atto di accusa al silenzio che abbiamo imposto al nostro cuore. Il colloquio è fatto solo di parole, ma le parole non si dicono solo, si ascoltano anche. Ascoltare non è “prestare” l’orecchio, è farsi condurre dalla loro parola là dove conduce. Se poi, invece della parola, c’è il loro silenzio, allora ci si fa guidare da quel silenzio. Nel luogo indicato da quel silenzio è dato reperire, per chi ha uno sguardo forte e osa guardare in faccia la realtà, una verità avvertita dal loro cuore e sepolta dalle nostre parole. Questa verità , che si annuncia nel loro volto di pietra, tace per non confondersi con tutte le altre parole. Parole perdute per “l’evento” che ogni giorno tentiamo di disabilitare dietro le maschere in cui sono dipinte ovvietà, incrostazioni di felicità, o recitare euforie. Talvolta, spesso anzi, il saper ascoltare riesce a scongiurare gli “eventi” molto dolorosi, quelli che si potrebbero manifestare con il gesto estremo, ma bisogna fare in tempo. Bisogna essere vigili, anche e soprattutto con i più piccoli, perché il ritenere di non essere “ascoltati” può sorgere anche in tenera età, proprio quando si inizia a formare “l’uomo”. Forse sono uscito fuori tema, ma ho espresso un pensiero che è più che altro un vissuto, pertanto lo vedevo attinente con questa discussione e , in particolare, con la prevenzione e/o con l’aiuto che la disciplina pedagogica clinica può dare.
 
piedimonte_1978
piedimonte_1978 il 23/07/11 alle 19:04 via WEB
Sapere ascoltare è una delle capacità più importanti che una persona possa avere. E' vitale per chiunque voglia comunicare con altre persone. La capacità di prestare ascolto è la più importante di tutte le doti di comunicazione. Più importante dell' eloquenza. Più importante di una voce suadente. Più importante ancora della facilità di scrittura. E' proprio dalla buona capacità di ascoltare che inizia la comunicazione efficace. L'ascolto è la prima attività comunicativa necessaria per ottenere la fiducia dei vostri interlocutori. Abbastanza stranamente, prestare ascolto alle opinioni di qualcun altro è spesso il metodo migliore per convincerlo delle vostre opinioni.Le persone amano essere ascoltate e quasi sempre rispondono a chi le ascolta. Inoltre, nessuno può sapere tutto. Ascoltare gli altri è il modo migliore per imparare. Ciò significa ascoltare clienti, amici, familiari e perfino quello che hanno da dire i critici più severi. Non significa diventare schiavi delle opinioni altrui, ma significa prestarvi ascolto fino in fondo. Alla fine si sarà grati per molte delle loro idee. Ascoltiamo per ottenere informazioni. Ascoltiamo per capire. Ascoltiamo per imparare. Ascoltiamo per il piacere di ascoltare. Ascoltiamo per aiutare. Considerando tutta questa attività di ascolto che svolgiamo si potrebbe pensare che è una cosa che sappiamo fare bene. E' sorprendente, invece, quanto poche siano le persone realmente in grado di saper ascoltare . L'ascolto è una capacità che tutti possono migliorare. Diventare un buon ascoltatore permette di migliorare la propria capacità di negoziare e di convincere gli altri, di evitare conflitti ed incomprensioni.
 
minds1971
minds1971 il 22/08/11 alle 15:43 via WEB
Il dizionario Devoto-Oli definisce così la parola “ascoltare”: «Trattenersi volontariamente e attentamente a udire, prestare la propria attenzione o partecipazione a qualcuno o qualcosa in quanto informazione o motivo di riflessione». Certo... non tutto quello che sentiamo dire, non tutto quello che leggiamo merita di essere capito e approfondito. Ma ci vuole qualcosa di più di un “buon orecchio” per cogliere i segnali interessanti che spesso non sono dove ce li aspettavamo. Se entriamo in un dialogo, in uno scambio, abbiamo scarse probabilità di farci capire (e di essere ascoltati) se prima non abbiamo saputo ascoltare “con attenzione e partecipazione” – e anche riflettere. Naturalmente “ascoltare” non significa usare solo l’udito; ma capire ciò che gli altri dicono e quali sono le loro intenzioni. Anche quando la comunicazione si trasmette con parole scritte anziché “a voce”. E proprio perché non vediamo le altre persone (e non possono correggerci subito, con una parola a con un gesto, se le capiamo male) dobbiamo essere particolarmente attenti nell’ascoltare e capire. Il mondo è pieno di persone che ascoltano soprattutto se stesse. Di solito, se non sanno capire gli altri, non hanno neppure una percezione chiara del loro gonfiato ma confuso “io”. Passano tutta la vita a coltivare un “sé” immaginario, che cercano di imporre al prossimo. Il problema è che spesso ci riescono, perché c’è anche nella natura umana il desiderio di essere “seguaci”, di accodarsi a qualcun altro; e chi parla più forte ha ragione, anche se non sa quello che sta dicendo. Il risultato è che si può coesistere, perfino convivere, senza mai capirsi o avere alcuna vera comunicazione. Questo è il dramma!
 
 
filosdiretto
filosdiretto il 23/08/11 alle 12:12 via WEB
La comunicazione è un gioco che associa chi parla e chi ascolta in una danza che cerca di superare le distorsioni della confusione che troppo spesso offuscano la chiarezza dei messaggi. Se entrambi i partecipati alla danza della comunicazione rimangono sordi all’altro, la comunicazione interpersonale è senza speranze. Questo è il primo di una serie di raqccomandazioni sull’importanza dell’ascolto, argomento fondamentale per chiunque ha deciso di navigare la vita e le sue correnti, lasciando le isole dell’incomprensione e dell’isolamento e navigare i mari dell’accoglienza e della comprensione. La premessa sopra espressa indica lo stretto rapporto che lega la capacità di ascolto ad una migliore comunicazione interpersonale, alla crescita professionale e alla soddisfazione sul lavoro. Se siamo buoni ascoltatori, un maggior numero di persone avrà una rel-azione positiva nei nostri confronti. Ascoltando siamo in grado di ridurre notevolmente, ad esempio durante le riunioni, il tempo dedicato a risolvere i problemi ed è possibile migliorare i rapporti interpersonali. Le persone che collaborano con noi saranno più propositivi e coinvolti al raggiungimento dei propri obiettivi. Di tutto il tempo che dedichiamo a comunicare, la parte di gran lunga più grande è dedicata all’ascolto. Da uno studio è venuto fuori che, in media, utilizziamo solo il 25% del nostro potenziale di ascolto. Ascoltare come metodo per ottenere informazioni è usato molto più che leggere o scrivere. È il canale più spesso utilizzato nell’apprendimento e paradossalmente, è la capacità meno capita di tutte. Spesso siamo portati a pensare che ascoltare e sentire siano la medesima cosa, questo è fuorviante perché alimenta la convinzione che l’ascolto sia una funzione istintiva propria dell’essere umano, proprio per questo finiamo per impegnarci poco ad allenare la capacità di ascolto finendo per trascurare una delle funzioni di comunicazione fondamentale, precludendoci la possibilità di accrescere autoconsapevolezza e comprensione di noi stessi e di noi tutti. Ciò che accade riducendo l’ascolto al mero sentire è la creazione di inutili in-comprensioni, equivoci, istruzioni mal comprese, perdita di informazioni fondamentali ed importanti, imbarazzo e frustrazione, oltre al grave rischio di ferire i sentimenti di qualcuno. In pratica, finiamo per limitare la possibilità di migliorare le nostre relazioni inter-personali e professionali. Ciò che voglio sottolineare è che l’ascolto o meglio la capacità di ascolto è un’abilità che si apprende, si allena costantemente e che richiede prima di tutto la scelta consapevole di chi ascolta di essere attivamente proteso verso il messaggio di comunicazione che vuole raccogliere.
 
Gli Ospiti sono gli utenti non iscritti alla Community di Libero.
 
 
 

INFO


Un blog di: pedagogista72
Data di creazione: 07/09/2010
 

BENVENUTO/A NEL MIO BLOG!!!


Ciao a tutti, sono l'autrice di questo blog. Dal giugno 2010, oltre ad essere una maestra di Scuola Primaria, sono diventata un Pedagogista Clinico. Mi sono specializzata con un corso post-laurea promosso dall’ I. S. F. A. R. di Firenze e ho pensato di utilizzare un canale web per far conoscere e valorizzare le mie iniziative nell’ambito dell’aiuto alla persona, cui l’intervento pedagogico clinico è rivolto.
Il mio primo lavoro è quello dell’insegnamento, quindi proporrò soprattutto dei progetti indirizzati a soggetti in età scolare, ma ciò non toglie che è mio intento rendere nota questa professione e la validità dei suoi metodi anche in altri ambiti d’intervento e per tutte le età.
Ho usato l’espressione “pedagogia clinica & dintorni” in quanto questo contenitore multimediale accoglierà contributi di altra natura, che appartengono alle attività e interessi di chi scrive e che comunque sarà facile distinguere da quanto è strettamente attinente alla professione del pedagogista clinico.

 

Agli amici, conoscenti e visitatori che a vario titolo contribuiscono ad arricchire questo blog con la loro presenza:

 

FORMAZIONE PERSONALE

  • Laurea in Pedagogia (Università di Messina)
  • Specializzazione in Pedagogia Clinica (ISFAR di Firenze)
  • Master di II livello in Dirigenza Scolastica (UNICAL)
  • Master di II livello in "Dislessia e DSA in ambito scolastico" (UNICAL)
  • Insegnante a T.I. nella Scuola dell'Infanzia dal 2002 al 2004
  • Insegnante a T.I. nella Scuola Primaria dal 2004 in poi
  • Competenze informatiche:ECDL e LIM
  • Corsi di aggiornamento, laboratori, attività e progetti vari nelle scuole pubbliche.
 

Aiuto alle persone

LA PEDAGOGIA CLINICA

La pedagogia clinica ha come compiti lo studio, l’approfondimento e l’innovazione nel campo pedagogico, in riferimento a modalità diagnostiche e metodi educativi, volti ad aiutare non solo il singolo individuo, ma anche il gruppo con percorsi di superamento di ogni forma di disagio psicofisico e socio-relazionale. Superando ogni visione miope dell’essere, tale scienza ha fatto della Persona il suo presupposto: l’uomo è considerato nella sua interezza, nella sua complessità, in una visione che è olistica. L’ottica di un’educazione permanente, inoltre, fa considerare ogni individuo in continua evoluzione, dalla nascita alla morte, quindi passibile di rinnovamento e creativi sviluppi di sé e dei propri vissuti. Le persone coinvolte nell’aiuto pedagogico clinico, sia esso rivolto al singolo o al gruppo, sono accompagnate nel raggiungimento di nuovi equilibri e di una rinnovata disponibilità allo scambio con gli altri e con l’ambiente.

 

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