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lavoro,polizia municipale, mobilita, giurisprudenza, dottrina brunetta, malattia,polizia municipale, concorsi, preparazione

 
 
 
 
 
 

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« modifica art. 33 della 165/2001Grazie »

Via libera ai trasferimenti! Niente più nulla osta dell'amministrazione cedente riguardo alla mobilità volontaria

Post n°120 pubblicato il 18 Febbraio 2012 da geraldbraho

L’orientamento (recente e nuovo) secondo il quale alla luce del tenore e significato letterario della nuova normativa alla luce della Riforma Brunetta, per il passaggio diretto del personale tramitte la mobilità, non occorrerebbe  più alcuna autorizzazione  - nulla osta dell’amministrazione di appartenenza.

 

            A dire la verità, tale orientamento è rappresentato maggiormente dal contributo del prof. Amedeo Bianchi della Bocconi.

            Per completezza della questione e per speditezza di ragionamento riporto qui in seguito l’impostazione del Prof. Bianchi originaria:

 

            “Se l’interpretazione della legge può essere definita come l’attività tendente a determinare il significato della norma giuridica al fine della sua applicazione, ogni qual volta questo processo riguardi un nuovo testo normativo, si finisce inevitabilmente per confrontarsi con il diritto vivente, ossia con quella parte di vita concreta, che si sviluppa, agisce e determina parallelamente all’atto di creazione della norma.

            Inevitabilmente, il caso concreto sfugge allo schema astratto e qui interviene la visione del singolo interprete cui spetterà di misurarsi, oltre che con quello schema, anche con opposte visioni, destinate a permanere diversificate fintanto che non intervenga un’interpretazione autentica del legislatore, posto che se è vero - come insegna Emilio Betti - che "Il senso (della norma) deve essere quello che nel dato si ritrova e da esso si ricava, non già un senso che da esso si trasferisca dal di fuori", raramente una soluzione interpretativa è destinata a rimanere in assoluto “la soluzione”.

            Ciò posto, e preannunciando una disponibilità al confronto che tenga conto di tale assunto, il caso con il quale ci misuriamo in questa sede è quello, non ancora affacciatosi con forza sulla scena del dibattito dottrinale e giurisprudenziale del nuovo articolo 30 del D. lgs.vo 30 marzo del 2001 n. 165 così come consegnatoci dopo la Riforma Brunetta di cui al D. lgs.vo 27 ottobre 2009 n. 150 a mente del quale “Le amministrazioni possono ricoprire posti vacanti in organico mediante cessione del contratto di lavoro di dipendenti appartenenti alla stessa qualifica in servizio presso altre amministrazioni, che facciano domanda di trasferimento. Le amministrazioni devono in ogni caso rendere pubbliche le disponibilità dei posti in organico da ricoprire attraverso passaggio diretto di personale da altre amministrazioni, fissando preventivamente i criteri di scelta. Il trasferimento è disposto previo parere favorevole dei dirigenti responsabili dei servizi e degli uffici cui il personale è o sarà assegnato sulla base della professionalità in possesso del dipendente in relazione al posto ricoperto o da ricoprire”.

            L’aspetto maggiormente innovativo della disposizione è racchiuso nella previsione per cui tali passaggi diretti possono essere attuati “previo parere favorevole dei dirigenti responsabili dei servizi e degli uffici cui il personale è o sarà assegnato” e dunque senza alcuna necessità del nullaosta da parte dell’amministrazione da cui la risorsa proviene.

            Sul punto, però, comincia a delinearsi una visione che appare scettica, sostenendosi, al contrario di quanto la stessa norma afferma, che il nulla-osta dell’amministrazione di provenienza sia ancora necessario, pur se richiesto in forma diversa.

            A parere di chi scrive, tale interpretazione “conservativa” può essere superata facilmente, facendo riferimento a diversi canoni ermeneutici, non senza tener presente, per dirla con Herbert Hart, che "lo scettico sulle norme è talvolta un assolutista deluso".

            Invero, il primo canone ermeneutico da utilizzare è quello dettato dall’articolo 12 – 1° comma, delle disposizioni della legge in generale secondo cui: “Nell’applicare la legge non si può ad essa attribuire altro senso che quello fatto palese dal significato proprio delle parole secondo la connessione di esse, e dalla intenzione del legislatore”.

            Ebbene, il testo dell’art. 30 in commento dice: “Il trasferimento è disposto previo parere favorevole dei dirigenti responsabili dei servizi e degli uffici cui il personale è o sarà assegnato”.

            Il senso, fatto palese dalla norma è, dunque, la necessità di acquisire il parere dei dirigenti responsabili dei servizi e degli uffici dove il personale ha richiesto di essere trasferito. E consideriamo presupposti consolidati, sia la privatizzazione del rapporto di lavoro pubblico, sia il principio di separazione delle competenze.

            Infatti, nonostante la necessità del nulla-osta dell’amministrazione cedente potrebbe adombrarsi nella successiva espressione “cui il personale è …. assegnato”, il significato proprio di tale espressione va piuttosto ricercato nell’ipotesi di dipendente che sia già in servizio in posizione di comando o di fuori ruolo presso l’amministrazione che deve rilasciare il parere, altrimenti l’espressione sarebbe stata completata con “…e sarà assegnato”, e non con l’alternativa “o sarà assegnato”.

Ciò per un ovvio duplice ordine di motivi.

            Il primo sta nel fatto che, se così non fosse, potrebbe, paradossalmente, bastare il parere favorevole solamente dell’amministrazione cedente senza che quella ospitante nemmeno esprimesse il proprio gradimento.

            Il secondo motivo, che ovviamente vede distratti i commentatori più scettici e conservatori, risiede nel disposto normativo che ha visto l’art. 30 del Decreto 165, integrarsi con l’art. 2 bis, aggiunto dall'articolo 5 – 1° comma quater della legge n. 43 del 2005.

            Infatti, tale norma vuole che le amministrazioni, prima di procedere all'espletamento di procedure concorsuali, finalizzate alla copertura di posti vacanti in organico, attivino le procedure di mobilità, provvedendo, in via prioritaria, all'immissione in ruolo dei dipendenti, provenienti da altre amministrazioni, in posizione di comando o di fuori ruolo, appartenenti alla stessa area funzionale, che facciano domanda di trasferimento nei ruoli delle amministrazioni in cui prestano servizio. Ecco perché il legislatore, confermando la combinazione tra le diverse disposizioni dello stesso previgente articolo, ha ritenuto di considerare anche il personale che .…è assegnato.

            La norma, a dire il vero, sembra avere il senso di una disciplina di carattere speciale, destinata a prevalere sullo schema ordinario della cessione – rispetto a cui, peraltro, il nulla-osta si pone come

una inutile duplicazione – altrimenti la precisazione avrebbe il senso di un’affermazione pleonastica e priva di rilievo pratico.

            Del resto, l’art. 12 citato, in presenza di problemi interpretativi per insufficienza del dato letterale o equivocità, oltre che del significato grammaticale delle parole, invita l’interprete a tener conto dell’intenzione del legislatore, riferita non soltanto alla volontà di coloro che hanno formulato il testo, quanto alla norma immessa nel sistema di norme che disciplinano la stessa materia.

            A ulteriore conferma di quanto si sostiene, basti ricordare che la norma generale de quo, già prima di essere novellata dalla Riforma Brunetta, in ossequio ai principi privatistici che ormai dal 1993 caratterizzano il rapporto di pubblico impiego, considerava il passaggio diretto (mobilità volontaria), come cessione di contratto, prevedendo, però, in maniera assolutamente chiara e inequivocabile che presupposto sarebbe stato il nulla-osta dell’amministrazione cedente.

Presupposto giuridico che, certamente non per semplice casualità, è stato espunto dalla norma riformata.

            Ebbene, anche in tal senso, le intenzioni specifiche della Riforma Brunetta, sono quelle di attuare una maggiore flessibilità, soprattutto per quanto attiene alla disciplina della mobilità, che diventa uno strumento per superare la tradizionale rigidità applicativa dell’istituto nel settore pubblico.

            L’obiettivo del legislatore delegato è stato quello di rimuovere insormontabili ostacoli che da anni impedivano o limitavano il passaggio da un’amministrazione ad un’altra.

            Non a caso è stato da più parti rilevato che le norme in materia di mobilità, sia intercompartimentale che tra amministrazioni diverse, saranno salutate con favore dai dipendenti pubblici interessati a transitare ad altre amministrazioni.

            Se, dunque, la linea tracciata per il futuro è quella di rendere le amministrazioni più aperte al cambiamento, anche sul fronte del reclutamento del personale, in vista di ottimizzare l’allocazione dello stesso, non è possibile pensare che per perseguire tale obiettivo sia stata scelta una strada più impervia della precedente.

            Traccia evidente di tale nuovo percorso è rinvenibile anche in altri ambiti di riforma riguardanti pur sempre il pubblico impiego.

            Ci si riferisce alla norma di cui all’art. 23 – 2° comma, dettata per i dirigenti, che, confermando le previsioni contrattuali collettive, in un’ottica volta ad assicurare la più ampia mobilità degli stessi, privilegiandone la libera scelta, fa rimando proprio al medesimo art. 30: se questa norma prevedesse solo per tale categoria di dipendenti il sistema esposto, il rinvio, avrebbe dovuto sancire una particolarità per questo diverso caso, adottando una tecnica normativa diversa dal rinvio formale.

            Invero, il favor verso la mobilità, pur se storicamente “indigesto” in ambito pubblico, non costituisce affatto una novità. In altri comparti è da tempo diritto pacificamente vivente e la sua disciplina differenziata nei diversi settori pubblici, ha determinato fino ad ora ingiustificate disparità e, di fatto, la pietrificazione del sistema di reclutamento in alcuni comparti, come quello locale.

            E’ dato ritenere, alla luce di ciò, che il legislatore abbia voluto iniziare un percorso di omogeneizzazione della disciplina della mobilità in ambito nazionale, facendo riferimento a normative sviluppatesi nel contesto della contrattazione collettiva, ma pur sempre riferite alla necessità di rendere operativo il diritto alla mobilità. Basti pensare alla normativa di cui al C.C.N.L. integrativo del personale del Comparto Sanità, concernente la mobilità volontaria tra aziende ed

enti del comparto o verso altre amministrazioni di comparti diversi – che nel sostituire la disciplina già prevista dagli articoli dal 12 al 15 del D.P.R. 384/90 (C.C.N.L. Sanità), semplificando l’istituto previsto dall’art. 30 del D. lgs.vo 165/2001 - richiede obbligatoriamente la concessione del solo nulla-osta da parte dell’ente a cui si chiede la mobilità in entrata. Infatti, il dipendente che intenda trasferirsi non deve recedere dal rapporto di lavoro in corso con l’azienda di appartenenza, ma deve semplicemente limitarsi a produrre una comunicazione di “preavviso” per poter effettuare alla sua scadenza il trasferimento.

            A questo punto pare assolutamente opportuno consentire alle amministrazioni che non lo avessero già fatto, di adeguare i propri ordinamenti interni in modo da evitare che il dettato normativo, pur se logico e ragionevole, possa creare problemi di destabilizzazione dell’organizzazione. Infatti pare logico che i Regolamenti interni e, comunque, i bandi di selezione e i contratti individuali di lavoro, prevedano, nel rispetto delle previsioni normative generali, un vincolo di permanenza di almeno cinque anni dalla data dell’assunzione. E, in analogia al contratto dei dirigenti, qualora non fosse previsto il vincolo di permanenza, sarebbe opportuno prevedere un minimo periodo di preavviso che potrebbe, anche per i dipendenti, essere di quattro mesi.

Se dunque, sono questi, allo stato, i dati dai quali si può evincere la voluntas legis, attraverso la rappresentata interpretazione teleologica e sistematica, può legittimamente supporsi che, proprio, a questa più snella modalità di azione abbia inteso richiamarsi il legislatore nel formulare il nuovo art. 30 D. lgs.vo 30 marzo del 2001 n.165.

Opinare diversamente significherebbe sovvertire lo spirito della legge, e, se è vero che “la Pubblica Amministrazione non ha alcun obbligo di conformarsi alla interpretazione dottrinale e giurisprudenziale, mentre ha invece l'obbligo - dovendo svolgere ogni sua attività con la rigorosa

osservanza del principio di legalità - di applicare la legge dandone, in base ai prescritti canoni ermeneutici, una interpretazione conforme alla sua effettiva portata normativa” (Cassazione Civile Sent. n. 14086 del 01-10-2002), ritornare al passato, svalutando la portata innovativa delle Riforma, significherebbe svolgere questo prezioso compito adottando un “canone inverso” rispetto all’ordinamento vigente e al suo progresso, al solo fine di ostacolarne l’evoluzione.”

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lasolaris
lasolaris il 20/03/12 alle 13:17 via WEB
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