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crescere tra chiesa e convento

Post n°70 pubblicato il 17 Marzo 2012 da anchise.enzo

Quando si cresceva tra Chiesa e Convento (Toro che non c'è piu)
Riceviamo da Vincenzo Colledanchise una rievocazione della vita associativa degli anni Cinquanta e Sessanta del secolo scorso a Toro, quando i ragazzi si dividevano tra simpatizzanti e frequentatori della chiesa o del Convento...

Fino agli anni Sessanta i ragazzi, in paese, amavano ritrovarsi in due distinte associazioni giovanili: l’Azione Cattolica operante presso la Chiesa parrocchiale e la Gioventù Francescana guidata dai frati del convento. Di solito i ragazzi che abitavano lungo il viale S. Francesco gravitavano presso il convento, mentre gli altri che abitavano nella parte vecchia del paese gravitavano presso la Chiesa parrocchiale. Vi era grande rivalità tra le due associazioni, come vi era notorio attrito tra frati e l’arciprete.


Il Parroco Don Camillo Iacobucci
con un gruppo di ragazzi dell'Azione Cattolica (Anni Cinquanta)

Chi li riconosce?

L’Azione Cattolica vantava la guida rigida e continuativa di Don Camillo, l’arciprete. Obbligo assoluto dei ragazzi era quello della partecipazione della messa domenicale e dei più piccoli al servizio liturgico. L’associazione poteva contare su una piccola biblioteca, alcuni bigliardini ed altri piccoli giochi. Nei primi anni Sessanta vi fu l’esibizione teatrale dei giovani nell'oratorio sottostante della chiesa munito di piccolo palcoscenico. Vi furono rappresentazioni memorabili grazie al forte entusiasmo e alla volontà di vivacizzare la vita monotona paesana. Nel periodo estivo una gita fuori regione consentiva ai ragazzi allargare le loro conoscenze geografiche. Il Presidente dell ’Associazione Cattolica era figura preminente per capacità culturali e autorità caratteriale dal quale dipendeva la disciplina degli iscritti, seppur la figura di riferimento assoluta dell’Associazione Cattolica era l’arciprete. Vi era fiero orgoglio di appartenenza al gruppo e sincera amicizia, che si è protratta per molti anni nonostante la diaspora e i diversi destini di tanti tesserati.

I ragazzi del convento, invece, non avevano una guida fissa, ma erano soggetti a continue variazioni legate ai continui trasferimenti dei frati. Si ricordano alcuni di essi veramente dotati di carisma nella guida dei giovani come, negli anni Sessanta, è stato certamente P. Mercurio Parziale, vero trascinatore e affabulatore.


Corteo in occasione dell'ordinazione di Padre Mercurio Parziale (con la stola),
figura carismatica di frate minore (Fine Anni Cinquanta)


In convento il gruppo dei giovani era meno numeroso, ma molto attaccato a quel luogo, che, prima di essere catalizzatore dei bisogni spirituale era forte richiamo per il fascino o la semplice simpatia dei frati. Di pari vi gravitava un gruppuscolo di irriducibili adulti (Martinangelo Ferrara, Nicolino Fasciano, il falegname Ferrazzano, e altri) dediti alle commissioni dei festeggiamenti dell’Incoronata o di S. Antonio, che prediligevano ritrovarsi immancabilmente nella cucina dei monaci, ma si prestavano anche per piccoli lavori di riparazione di ogni tipo, oltre che allestire stupendi “ tuselli” e presepi in chiesa.

Il televisore dei monaci era attrazione irresistibile per i ragazzi, ma anche utile ricatto per indurli a fare i chierichetti per le splendide solenni novene che si tenevano in convento. Ricordo molti rosari per “supplicare” il ritorno della corrente per continuare a visionare “Rin Tin Tin”.

Per alcuni anni ho addirittura pernottato in una cella per adempiere al meglio al compito del chierichetto per le funzioni liturgiche, che, per favorire i contadini, si tenevano nella primissima mattinata. Spesso mi si consentiva di mangiare coi monaci poiché la generosità dei toresi permetteva al frate questuante di tornare sempre carico di ogni ben di Dio per l’irta salita del convento. A volte mi aiutavano anche a svolgere i compiti e, soprattutto, a istruirmi spiritualmente, seppure la forte testimonianza di vita di qualche frate pio era più convincente di ogni parola in tal senso. Molti ragazzi attratti dalla vita dei monaci alimentavano la loro vocazione a seguire lo stesso destino. Si passavano molte ore in quel magico ed edificante luogo e per le attività più disparate. Vi era una biblioteca fornita e tanti giochi. Vi circolavano numerose riviste. Si organizzavano molti pellegrinaggi. Nel coro del convento, intorno all’armonium, ho imparato ad amare la musica e il canto, mentre l’incanto del chiostro con i suoi semplici ma bei affreschi rimane in assoluto il mio luogo dell’animo. Della chiesa del convento saprei riconoscere il suo caratteristico inequivocabile odore fra mille altri odori, che non è suggestione del magico ricordo infantile o incanto nostalgico, ma pura familiarità di un luogo domestico.


Padre Giovanni Petrella
tra adulti toresi che simpatizzavano per il convento
Foto scattata il 23 giugno 1960
in occasione della festa di Sant'Antonio di Padova

Anche qui: chi li riconosce?

Oggi, che le circostanze avverse non permettono neanche di ritrovarsi nella chiesa parrocchiale del paese per il servizio liturgico, figurarsi se fosse possibile convincere i ragazzi abbandonare pizzerie e bar per frequentare oratorio e convento. Mancano i presupposti che invece hanno permesso a noi ragazzi degli anni Cinquanta e Sessanta di essere educati e disciplinati in tali ambiti, e mancano quelle magiche persone che, sapendosi donare, hanno permesso a noi di vivere di rendita non solo dal punto di vista religioso, ma anche educativo. Certamente siamo stati dei privilegiati perché ci è stata concessa la possibilità della scelta, forse anche obbligata, mentre oggi manca qualsiasi opzione perché i luoghi frequentati dai giovani sono altri e non sempre altrettanto edificanti quanto un Oratorio o un Convento, in passato riferimenti preziosi per i ragazzi toresi.

Vincenzo Colledanchise

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