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nascere donna una volta...

Post n°71 pubblicato il 17 Marzo 2012 da anchise.enzo

Nascere donna un tempo (Toro che non c'è più)
Nel contesto in cui attualmente la figura della donna viene screditata e strumentalizzata a fini poco edificanti, dopo tante battaglie sostenute per la sua emancipazione, mi pare giusto ricordare le dure tappe che hanno segnato faticosamente la sua redenzione sociale in tempi recenti, soprattutto nel nostro ambito paesano.


Prima comunione di ragazze toresi (Anni Cinquanta)
Qualcuno ci aiuta a riconoscerle?
In redazione abbiamo riconosciuto oltre a Don Camillo,
solo Giovanni Tromba in braccio alla mamma Incoronata, in alto a destra
e davanti a loro Netta D'Amico con la borsetta


Pur inserite in una società patriarcale, di solito le donne erano le figure maggiormente edificanti della famiglia. Se ne ricordano i loro grandi sacrifici e la loro straordinaria dedizione per portare avanti la numerosa prole, nel contesto di una esistenza legata a mille precarietà e condizionamenti. Nel mondo rurale, la donna veniva relegata in un ruolo predefinito, quello dell’ambito domestico dove era confinata ad assolvere le sue naturali funzioni di moglie e di madre, ma spesso era pure costretta ai duri lavori dei campi.

Fin da piccole erano segregate tra le mura domestiche, dalle quali potevano allontanarsi per una fugace evasione per andare ad attingere l’acqua al pozzo, vicino o lontano che fosse, con la tina in testa. Inoltre, si consentiva loro di frequentare le chiese. Una nota caratteristica paesana era costituita dai maschi assiepati davanti al sagrato per vederle passare in rassegna, dopo la “messa cantata”, quando scendevano lente la scalinata della chiesa per essere ammirate.

A scuola ci andavano solo per imparare a leggere e far di conto. Molte giovinette frequentavano le scuole di cucito, come quelle delle Signorine Carlino e di Luigella. Infatti, non si chiedeva altro per il loro matrimonio che l’illibatezza e una buona dote, e nel doddario vi erano elencati scrupolosamente, tra l’altro, decine di panni da esse stesse ricamati.

Le signorine Pilla (conosciute a Toro come le signorine Carlino, dal nome del padre)
con le ragazze che frequentavano la loro scuola di cucito.
Foto scattata davanti la casa del Barbacane (Fine Anni Trenta)
Anche qui c'è qualcuno che ci aiuta riconoscere le altre,
a parte la signorine vestite di nero, la prima a sinistra e l'altra seduta in prima fila?


Figure spesso minute, ma forti caratterialmente, tenaci tanto nella fede che nella loro fedeltà ai grandi valori familiari, fino a sopportare stoicamente anche le botte e i maltrattamenti da parte di qualche grezzo consorte, pur di tenere la famiglia unita e di governarla con onore e senso di responsabilità.

Mi viene di ricordare le signorine di buon casato di Toro che rimanevano zitelle e si mettevano in prima fila nella chiese con il loro inginocchiatoio privato che assolvevano a dei compiti liturgici importanti, donando alle chiese tutte le loro fatiche di ricamo.

Anche sui pullman in occasione dei pellegrinaggi venivano loro riservati i primi posti, anche perchè guidavano canti e litanie. Quante ragazze gravitando nelle loro case hanno potuto apprendere buone maniere, leggere i loro libri, apprendere la loro arte.




Ricordo mia mamma Pina (Riparola) che lavorando sodo ha potuto crescere una morra di figli. Ma un ricordo struggente di nostalgia è legato alle mie due nonne, una migliore dell'altra, a dispettto di mariti duri o inetti.

Insomma, mille esempi di una femminilità paesana foriera di valori grandi. Di queste grandi e semplici figure , che hanno incarnato con dignità il ruolo di donne e di madri dobbiamo tenere alto il ricordo ora che si è scivolato nella deriva di una mera strumentalizzazione del loro sesso e, paradossalmente, da parte di chi dovrebbe invece valorizzarle ed emanciparle socialmente ancor di più..

Vincenzo Colledanchise,

 
 
 
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