VIOLENZA: BASTA!
PERCHÈ DEVONO SOFFRIRE?
Afghanistan Oh land of bravery
And beauty.
Who devoured you?
Beasts of prey.
What is your crime?
Pursuit of happiness and liberty.
Brutes garbed as men
Out to denude you of dignity.
Afghanistan envy of paradise,
Reduced to ashes by fire and fury
Fire that burnt life and liberty,
Beauty and dignity.
Your bereaved Kabul where arson and
Rape reign supreme.
Where death is cheaper than life
Where life must cry and moan
Where children die before they areborn
Where chastity is molested day andnight.
Hills, valleys and lakes glow in bloodand fire.
The enemy of humanity:
Fundamentalism.
Nella parte delle News di Libero, in Affari Italiani è riportata la storia del mostro che in Tailandia ha violentato più di 400 minori. Non mi metterò qui a riscrivere le stesse cose che potete benissimo trovare dove vi ho indicato... Questo è un commento che voglio fare dato che a quell'articolo non sono permesse reazioni... (Avevo già parlato di una cosa simile quando avevo scritto su Somali Mam, ndr) Io dico... come si fa a dare solo 14 anni di carcere a una bestia del genere? Ok, non ha ucciso nesuno, ma la violenza sessuale distrugge lo spirito! Pensate a quei poveri bambini che sono costretti a crescere tra pedofili e protettori, per ricavare qualche soldo da scopate con gente senza dignità, che non si preoccupano delle conseguenze del bambino, ma solo di infilare il loro uccello in qualche buco!!! Non bisognava dargli 14 anni, ma 14 secoli! Perchè, con tutti gli sconti che gli faranno, per buona condotta, per l'indulto, per infermità mentale e quante altre cagate riusciranno a trovare, non si farà 14 anni, ma al massimo 14 mesi. Così, una volta fuori, potrà tornare in Cambogia o in Tailandia a strupare bambini innocenti, costretti a vendersi ai pervertiti per ricavare qualche soldo e aiutare la famiglia. Faccio forse male a pensarla così? |
La famiglia: Mentre nel 1792-94 si era voluto fare della famiglia un’istituzione assolutamente libera, per Napoleone essa doveva tornare a svolgere la funzione di pilastro della società e riacquisire molti dei ruoli costrittivi e autoritari perduti, in particolare il ruolo del padre come titolare unico del potere. Prima della rivoluzione, il ruolo paterno variava molto di regione in regione, a seconda delle tradizioni e dei diritti vigenti. Dove era in vigore il diritto scritto di tipo romano, il padre aveva tutte le armi giuridiche per trasformarsi in un vero e proprio tiranno nei confronti dei figli e la sua patria potestas (vedi sotto) non si esauriva mai, a meno che il figlio non fosse ufficialmente emancipato, e che ciò comportava un diritto di usufrutto dei padri sui beni dei figli anche dopo il loro matrimonio; inoltre il potere di diseredarli era assoluto e minaccioso. Nel nord della Francia, dove prevaleva il diritto consuetudinario, la patria potestas (in buona parte condivisa con la madre) si esauriva a un’età variabile tra i 20 e i 25 anni del figlio. Esisteva poi un altro livello di potere paterno, favorito particolarmente dalla monarchia assoluta, consistente nella possibilità di far imprigionare il figlio fino all’età di 25 anni, quando questi avesse mancato sia in maniera grave che solo leggermente i doveri filiari. La rivoluzione abolì completamente il dispotismo paterno, ma l’ascesa al potere di Napoleone li ristabilì in modo piuttosto ampio. La maggiore età fu lasciata per le donne ai 21 anni, mentre per gli uomini fu elevato ai 25 anni e per i minorenni si tornò a chiedere il consenso del padre per il matrimonio. Dopo la maggiore età, comunque, i figli dovevano ancora chiedere per i cinque anni successivi con un atto rispettoso e formale il consiglio del padre; in mancanza di consenso la richiesta andava fatta per altre due volte (distanti di un mese l’una dall’altra) e alla terza volta la libertà di matrimonio diventava effettiva. Un matrimonio contratto senza il consenso del padre poteva essere fatto dichiarare nullo da quest’ultimo. Il potere penale sul figlio restava assoluto fino ai 16 anni ed era condiviso con il magistrato fino alla maggiore età. Il codice civile ristabilì una netta differenza tra i figli legittimi e quelli illegittimi, quand’anche essi fossero stati riconosciuti, limitando i diritti di questi ultimi sugli alimenti e rovesciando lo sforzo di parificazione compiuto in precedenza.
La donna: La rivoluzione, pur senza arrivare a concedere alle donne il diritto di voto, condusse a uno sbocco positivo il movimento contro l’oppressione femminile già iniziata nel corso del XVIII secolo. Napoleone invece decise di raccogliere tutte le tendenze antifemministe precedenti. L’innovazione giuridica compiuta nel 1792aveva anche il dichiarato intento di sottrarre la donna al dispotismo del marito; fra le cause di divorzio per colpa, l’abbandono e le ingiurie gravi, fra cui l’adulterio, valevano identicamente per i due sessi. Il codice Napoleone considerò invece l’adulterio del marito giusta causa del divorzio solo se costui aveva dato pubblico scandalo portandosi a casa l’amante. Mentre il marito adultero e pubblico concubino pagava un’ammenda, la donna adultera subiva una punizione consistente nella reclusione in una casa di correzione per un periodo che andava da 3 mesi a 2 anni. Inoltre il codice napoleonico ammetteva la figura del delitto d’onore compiuto dal marito. Il codice civile considerava la donna come affetta da una debolezza fisica e intellettuale, sempre bisognosa di protezione e sempre sottomessa ad un tutore; il matrimonio costituiva solo il passaggio dal padre al marito. La stessa donna maggiorenne non sposata vedeva essa stessa ridotta i propri diritti civili (in alcuni casi la sua testimonianza non aveva valore legale); ma nel matrimonio la disuguaglianza dei sessi era particolarmente chiara: la rivoluzione considerò il regime della comunione dei beni come l’unico naturale, vedendo la famiglia come una repubblica dove i diritti di possedimenti si spartivano in maniera eguale fra i coniugi. Per il codice del 1804, la famiglia era paragonata ad una monarchia: il padre/marito era un re e la donna del tutto priva di diritti civili. Essa doveva seguire il marito ovunque questi avesse posto la sua residenza, se non voleva essere accusata di abbandono; manteneva una proprietà del tutto teorica sui propri beni, perché solo il marito aveva il diritto di amministrarli; la donna non poteva vendere o ipotecare i propri beni e i suoi atti erano seguiti caso per caso dal marito; nell’eventualità di disaccordo sull’educazione dei figli il parere del marito era sempre destinato a prevalere.
La patria potestas: Proprio del diritto romano, come si evince dalle Istituzioni di Gaio: G.1.55 «Item in potestate nostra sunt liberi nostri, quos iustis nuptiis procreavimus. Quod ius proprium civium Romanorum est (fere enim nulli alii sunt homines, qui talem in filios suos habent potestatem, qualem nos habemus)...» Parimenti sono in nostra potestà i nostri figli, che abbiamo procreato in giuste nozze. Ciò è diritto proprio dei cittadini romani (di regola infatti non ci sono altri uomini, che in tal modo hanno potere sui loro figli, quanto ne abbiamo noi)... I poteri e i privilegi derivati da tale istituzione non erano acquisibili dai cittadini stranieri, nemmeno ottenendo la cittadinanza romana, a meno che non si intervenisse con determinati provvedimenti. La patria potestas era intesa come i poteri che il pater familias esercitava sui membri della sua famiglia: non solamente i figli maschi, ma anche su tutti i discendenti di linea maschile; le donne rimanevano proprietà del pater familias finchè non si sposavano, dal momento del loro matrimonio entravano sotto il potere del pater familias del marito. Erano proprietà del pater familias anche le donne sposate attraverso un apposito rito, detto conventio in manu: questo rito passò in secondo piano già in epoca repubblicana, lasciando il posto ad una maggiore autonomia delle donne (limitata comunque rispetto a quella maschile, anche dal punto di vista giuridico). Anche gli schivi erano sotto la patria potestas del pater famialias, in una condizione molto simile a quella dei figli. La patria potestas non viene mai meno per il raggiungimento di una maggiore età e dura fintantoché il pater familias non muore, fatto dal quale nasceranno nuovi patres familiarum, che riceveranno in eredità i loro discendenti. Il rapporto si estingue inoltre quando il pater o il filius perdono la libertà o la cittadinanza, quando il padre viene arrogato, quando il figlio viene dato in adozione, quando i figli vengono esposti o quando il padre viene arrestato per crimini sessuali. Poteva estinguersi inoltre tramite un atto volontario del padre, l’emancipatio. |
Il termine Aborto deriva dal participio passato latino abortus, del verbo aboriri.
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Post n°18 pubblicato il 03 Marzo 2007 da Dafne89msl
Intervista raccolta il 31 Dicembre 2006
Alla domanda che ho fatto a Sandra O’Reilly, nella quale le chiedevo di raccontarmi la storia della notte più brutta della sua vita, lei ha risposto così: « Si, certamente. Sono stata stuprata due volte nella stessa notte. Da due gruppi di persone. La prima volta è successo mentre stavo dormendo con i miei bambini. Qualcuno si introdusse in casa mia da una finestra, il rumore e la luce della torcia mi svegliarono. Quando scesi dalle scale, vidi un uomo entrare dalla finestra della cucina, ma quando gli gridai contro, lui si avventò su di me, prendendomi per i capelli e spingendomi contro il muro. Fu molto violento. Non riuscivo a vedere la sua faccia. Poi mi legò e mi bloccò. Chiamò un altro uomo, affinché venisse ad aiutarlo. Presero un coltello e un paio di forbici, puntando uno contro la mia gola, le altre contro il mio stomaco e mi intimarono di non muovermi. Io non potevo fare nessun rumore perché avevo paura per i miei figli. Non volevo che loro si svegliassero. Uno dei violentatori prese un paio di calze infilandomele in gola. Non riuscivo a respirare appropriatamente e mi sentivo svenire. Entrambi mi violentarono e poi coprirono il mio corpo con un lenzuolo, infine mi misero nella mia macchina. Questa si ruppe a circa 20 chilometri da casa mia. Loro cominciarono a irritarsi perché la situazione gli stava sfuggendo di mano. In quel momento ero cosciente, ma faticavo a respirare. Non arrivava abbastanza aria nei miei polmoni. Svenni. Quando mi ripresi, rimasi in silenzio per un momento, cercando di riordinare i miei pensieri e capire cosa stava succedendo. Avevo paura che i violentatori erano ancora lì, ma cercai di muovere il mio corpo. Poiché non succedeva nulla e non li sentivo più, colsi l’occasione: mossi il mio corpo vigorosamente e riuscii a slegare le mie mani bloccate dietro la schiena. Poi riuscii a togliere le calze dalla mia gola. Trassi un respiro profondo. Successivamente ebbi la forza di una tigre: volevo telefonare a qualcuno che potesse andare per curare i miei bambini. Ma non vi era alcun telefono e la macchina non voleva partire. Ero veramente preoccupata per i miei bambini, specialmente per la mia piccola ragazza di cinque anni. Anche perché i violentatori mi avevano detto che le avrebbero fatto del male se non fossi rimasta in silenzio. Era tardi, intorno all’una di notte. Non passava nessuna macchina. Mi sentii fortunata quando vidi le luci di una macchina che si avvicinava alla mia. Feci un balzo e fermai la macchina. Vi erano sei uomini dentro. Chiesi loro se possedevano un cellulare poiché la mia macchina era rotta e avevo bisogno di fare urgentemente una chiamata. Ma quando notarono cosa indossavo cominciarono a farmi domande tipo cos’era successo esattamente. Cercai di spiegare con parole rotte che dei rapinatori erano entrati in casa mia e mi avevano violentata. Uno di loro suggerì che due di loro mi portassero alla polizia, mentre gli altri stavano con la macchina. Ero davvero molto grata a quegli uomini e il pensiero di poter far presto una chiama mi confortava. Il guidatore cominciò a farmi sempre più domande su cosa era successo ed io ero molto imbarazzata. Mi guardava con uno strano sorriso. Squadrò il mio corpo e io mi raggomitolai per sottrarmi al suo sguardo. Non mi sentivo sicura e cominciavo ad avere paura. Cambiarono strada. Allora iniziai a pregarli di lasciarmi andare, ma loro non volevano rispondermi. Cercai di aprire la portiera e saltare giù, ma il guidatore mi tirò verso di lui con forza avvolgendo un pezzo del vestito attorno al mio corpo. Loro mi portarono in un campo di canne da zucchero e entrambi mi violentarono avidamente, nello stesso momento. Il mio corpo divenne una preda per questi avvoltoi. Poi uno dei due violentatori disse all’altro di stare con me, mentre lui andava a chiamare gli altri. Io cercai di parlare col violentatore che era rimasto con me nel campo di canne. Stava piovendo in una gelida notte d’inverno. Io ero nuda e infreddolita. Lo pregai di lasciarmi indossare il mio vestito. Lui stava strappando il vestito e lo strappò con forza maggiore, quando lo pregai di lasciarmi andare prese il mio vestito e lo gettò nel fango. Cercai di riportarlo alla ragione chiedendogli di lasciarmi andare. Ma non aveva un briciolo di umanità nei miei confronti. Non c’era nulla che poteva portare questa persona alla ragione; non capiva cosa stavo dicendo, cosa stavo provando. Giunse la macchina con gli altri uomini. Ora riconosco che quanto successe dopo passò molto in fretta. Avevo ancora un briciolo di forza per recitare (riuscii infatti a convincere uno di loro che non volevo andare alla polizia e che nessuno sarebbe venuto a conoscenza di questa storia) e riuscii a raggiungere la casa di mia mamma intorno alle 3. poi andai subito alla polizia e la mia storia colpì molto la popolazione. A marzo venne organizzata una marcia nella capitale, a cui parteciparono 15000 persone. La marcia durò due ore. Molti negozi permisero ai loro impiegati di partecipare alla marcia. Fu una marcia silenziosa che temprò il nostro essere. Per me era essenziale che i miei stupratori venissero arrestati. Non potevo tollerare il fatto che queste persone danneggiassero ancora la nostra società. Fu un arduo lavoro, ma non mollai mai. Un anno dopo, due dei quattro stupratori furono arrestati. Alcuni mesi più tardi anche gli altri due. Ci furono molti cambiamenti nel Paese. Da quel momento le vittime di stupro furono trattate meglio. E le vittime iniziarono a parlare. Io mi battei affinché furono apportati degli emendamenti nella legge e così successe. Anche se io non potei beneficiare dei nuovi emendamenti, ora sono ugualmente felice perché le altre vittime possono farlo. Furono apportati anche cambiamenti all’interno della polizia e gli ospedali sono stati forniti di strutture adatte per accogliere le vittime di stupro».
Ecco a voi, cari lettori, l’incredibile storia di una donna qualunque. I fatti accaddero una notte del 2002. Ma ancora oggi lei si batte affinché le donne vengano tutelate. |
Post n°17 pubblicato il 22 Febbraio 2007 da Dafne89msl
Cosa è più grave: uno stupro o una rapina commessa quattro anni fa? Personalemnte ritengo più grave uno stupro. Gli agenti della polizia di Tampa (Florida), evidentemente, non la pensano così. Ecco cos'è successo: Una ragazza, all'epoca minorenne, che noi chiameremo Mary, partecipò a una rapina quattro anni fa. I rapinatori incassarono un bottino di 4.585 dollari, che non venne mai restituito. Il pomeriggio del 28 gennaio Mary è stata violentata nel parcheggio del Gasparilla, un festival di pirati che si tiene alla fine del mese di gennaio nella città costiera della Florida. Dopo l'aggressione Mary è andata dalla polizia per denunciare il fatto. Gli agenti della polizia di Tampa l'hanno inizialmente portata in un centro d'emergenza per le vittime di violenza sessuale. Qui gli infermieri le hanno somministrato la prima dose della pillola del giorno dopo. La sera gli agenti, mentre accompagnavano Mary sul luogo dell'aggressione per un sopralluogo, si sono accorti che era in vigore un mandato di arresto nei confronti di Mary per la suddetta rapina. così, Mary è stata condotta in cella, dove l'hanno trattenuta per due giorni, e le è stato negato il permesso di assumere la seconda dose della pillola del giorno dopo. Il caso è poi diventato di dominio pubblico. Il giudice di Tampa, così come il resto della Florida, ha dichiarato di essere: "Scioccato, scandalizzato, stupefatto". Cosa ne pensate? Era giusto arrestare Mary oppure le si doveva permettere un minimo di libertà? |
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Moody afferrò Mahtab per un braccio e le tirò un calcio. Poi la strattonò e la schiaffeggiò con violenza. [..] Repentinamente l'ira di Moody trovò un altro bersaglio. Il suo pugno si abbattè contro la mia tempia e io barcollai all'indietro annaspando.
- Zana Muhsen: "Vendute!"
Gli uomini sono detestabili in questo paese... Sono tutti responsabili della schiavitù delle donne, del mercato delle ragazze marito, e dell'isolazionismo del loro paese. [...] Marcus, un giorno sarai mio figlio, te lo giuro!
- Zana Muhsen: "Ti salverò!"
Nella vita di mia madre ci fu una svolta a quel punto decisiva. Fino ad allora era stata la classica donna sottomessa, che permetteva a nostro padre di metterle i piedi in testa. Aveva avuto sette figli da lui, che l'aveva sempre trattata come spazzatura. A causa delle sofferenze che lui le aveva inflitto aveva avuto due esaurimenti nervosi. L'idea di perdere sia me che Nadia, com'era già successo con Laila e Ahmed, le era stato però insopportabile e l'aveva costretta a cambiare direzioe e a reagire. era anche determinata a salvare daòòp stesso destino Tina, Ashia e Mo. Così si separò da mio padre e cominciò la sua lunga crociata.
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Ciao a tutti!
Volevo chiedervi, gentili navigatori, di lasciare un piccolo commentino sul mio blog...
Giusto per sapere cosa ne pensate...
Grazie mille!
Dafne
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