Creato da dea_mendicante il 27/03/2008
di latta. baffi di latta.

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ottobre e novembre son passati con due saltelli e così...
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già..le ragazze sartine che non sprecano i fili. loro...
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quei petali potranno appassire ma le ragazze sartine...
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un fiore tra i fiori
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Novembre.

Post n°13 pubblicato il 03 Novembre 2008 da MalaMemoire

avrei voluto assaltarti.

come accade ai negozi di giocattoli la vigilia di natale, nei film americani. padri inseguono in ritardo sul resto dell'anno il sorriso dei figli, alla ricerca del regalo perfetto, nei grandi centri commerciali inghirlandati. stornelli, campanelli, i cappottini e i guantini belli. avrei voluto assalirti ed essere la folla umana che si riversa in te, con una fame che non capisci e accogli sui pavimenti che si sporcano in fretta, le scale mobili che si azionano per fare salire ai vari piani del tuo stomaco esseri insulsi. tutto pullula. germina come la malattia. avrei voluto essere qualcosa che corrode, che fa male. avrei voluto corroderti e sgretolarti dall'usura. non so scindere i pensieri malati da quelli sani.

avrei voluto assaltarti come i samurai nel Giappone di una volta, pieno di peschi in fiore e pesci rossi. pieno di tsunami e terremoti. avremmo avuto pelli abbastanza bianche per tingerle di rosso, per un kimono in seta e i lunghi bagni serali. passare nei secoli con l'immortalità delle leggende, arrivare in una vecchia macchina che attraversa le luci di Shibuya, avere i capelli corti di Midori, proporre film porno in vecchi cinema, parlare in modo sconcio.

avrei voluto restituirti a un inizio scaltro, brillante, nuovo di zecca, come uno zecchino che luccica. voglio per gli altri quello che spero per me.

sono tornata dalle sartine. pioveva e ho lasciato l'ombrello sullo zerbino. le sartine avevano la porta aperta e ascoltavano quel modo di scrosciare compatto, che mancava da un po'. lo ascoltavano con occhi grandi, ma non come i tuoi, e nel farlo si pungevan le dita con gli aghi e perdevano gocce di ambra, avevano sangue di miele, fiori di feltro tra i capelli, una lacrima dipinta sotto l'occhio, o una stellina forse. avevano un modo da marionette aggraziate di restare assenti. ho lasciato impronte sulle assi storte del pavimento consumato, ho scostato le grucce per vedere meglio i vestiti. ne volevo uno per la festa, il battesimo dell'inizio. volevo tornare a casa e festeggiare. ho ripreso l'ombrello, ritmato i passi, osservato come sotto gli angoli delle case la pioggia facesse sbocciare i tulipani di vetroacqua, si spargevano piccole pepite trasparenti attorno a loro.

così mi sono messa un vestito da anni '30 e una benda sull'occhio, perchè solo così posso vedere bene.

trarrò forza dalla tua forza, crescerò come le campanelle arricciate nel campo da bocce e bloccherò il ruzzolare delle palle pesanti sulla sabbia.

vorrei accarezzarti la spalla ora, e dirti che è novembre. ma ora non hai più arti da aggiustare e ne sono felice. traggo felicità dalla tua felicità.

vorrei assaltarti, come un abbraccio tra amiche adolescenti. dirti tanti grazie e poi stare zitta per un po'.

 
 
 

Un mese, un salto

Post n°12 pubblicato il 03 Ottobre 2008 da dea_mendicante

Passeremo ottobre con gli occhi chiusi e il cuore gocciante: una goccia un giorno. Passeremo questo mese e arriverà novembre e gli occhi riapriremo e diverse ci vedremo. Passare ottobre sarà come saltare un fosso, ad occhi chiusi, e novembre arriverà e la nostra schiena sarà uno stelo e nella pioggia ci bagneremo e a nulla varrà serrare i petali, i petali appassiranno, ma noi avremo sempre il nostro centro che è il nostro occhio, un occhio di tulipano dallo stelo elegante e robusto, e flessuoso per guardare meglio.
Passeremo ottobre e arriverà novembre: è deciso. È deciso che faremo il salto e le gocce di cuore che perderemo saranno contate: non una goccia in più non una in meno. Saremo tulipani in un paesaggio mutato, e ci guarderemo e ci riconosceremo, ad occhi aperti ad occhi chiusi, con questo cuore tra le foglie e le foglie scure lontane, con questo cuore mischiato a terra e acqua piovana, ora pesante ora leggero, questo cuore che galleggia e sprofonda ad un nostro comando, un comando distratto, e non ce ne curiamo: la distrazione è una crepa viva e fresca nella terra riarsa della nostra coscienza. Il mio cuore goccia e la mia coscienza è impolverata, e basterebbe una crepa una crepa in cui cadere.

 
 
 

Nel buio

Post n°11 pubblicato il 02 Ottobre 2008 da dea_mendicante

Non ti voglio vai via sparisci sola voglio stare sola voglio essere sola è tutto falso è tutta una menzogna è tutta una carneficina a me non è rimasto nulla si son presi tutto tutto vai via sparisci io non ti conosco io non ti ricordo non ti ho mai conosciuto è stato un errore entrare farti entrare è stato un errore ma ora basta ora basta voglio star sola voglio me me solo me va’ via sparisci sparisci per sempre per sempre dove sono? oddio dove sono? ecco mi sto perdendo perdendo di nuovo è tutto buio ostile oscuro no non c’è bellezza non c’è più e non c’è luce è tutto perso perduto per sempre va’ via via io ho questo buio da ricordare come ho fatto come ho fatto a dimenticarlo a ignorare la sua esistenza il buio è permanenza eterna è qui è ora ed io sono sola ecco di nuovo sola a ricordarmi chi sono e chi ero e non ci sono più inganni e non c’è confusione equivoco dolore nel buio non c’è dolore ci sono io solo io ad occupare il suo posto il posto del dolore avvolta nel buio in questo mio buio senza alternative dove non c’è ventre non c’è mano o braccio c’è un solo corpo il mio c’è un solo alito il mio che mi si gela addosso e benedico quel freddo perché è mio solo mio ed io mi ho finalmente finalmente era passato troppo tempo troppo e non mi ricordavo e mi illudevo con tutta quella luce che c’era con tutta quella vista a perdita d’occhio con tutta quella vincita che mi cresceva nelle tasche e le gonfiava di speranza e il buio rideva ed io non sentivo con tutta quella luce che c’era e che mi accecava ed io non vedevo ora sì ora vedo e quel che vedo è una tenebra densa e quel che sento è il mio respiro che è calmo che è mio solo mio e nessuno può udirlo perché nessuno esiste nel buio ci sono io e solo io e tutto il resto è allucinazione allucinazione che ha bisogno di luce luce che acceca perché io non ricordi più chi sono e dove sono e cosa voglio voglio voglio che tu sparisca.

 

 

 
 
 

Tu che mi chiami Tulipano

Post n°10 pubblicato il 25 Settembre 2008 da dea_mendicante

È che manco a me stessa, è che spunta improvviso il tulipano, ma il tulipano è solo, si guarda attorno e non si riconosce; è che ciò che per te è improvviso e inatteso per me è un movimento già noto già abusato è un movimento consumato, ma tu le mani spellate non le vedi e non vedi nemmeno i gomiti sbucciati e le toppe messe sulle ginocchia: io mi muovo così, spunto quando meno te l’aspetti e tu ti diverti e fai una piccola deviazione e modifichi la traiettoria e pensi: che forza, che bel movimento inatteso, e invece io me l’aspettavo proprio, io faccio così, è che io faccio sempre così; e tu non vedi che mi manca la terra sotto lo stelo, e tu non vedi che sono semplicemente senza radici, per quanto tulipano, tulipano spuntato all’improvviso tra le spighe. È che vorrei essere spiga, spiga tra le spighe, una spiga ben piantata una spiga che cresce piano una spiga non improvvisa.

 
 
 

Odori

Post n°9 pubblicato il 25 Agosto 2008 da dea_mendicante

Vorrei. Incontrarci in un luogo né mio né tuo. Giungervi insieme e insieme ripartire. Questo mi risparmierebbe il supplizio di dover restare.
Sono sempre io a restare; tu sei quello che parte. Che arriva dimora sbrana presidia a volte invade, e poi se ne va. Percorri il perimetro della mia stanza dando una fugace occhiata alle mie cose - come se non fossero un riverbero di me; scompigli coperte e lenzuola del mio letto – come se non fosse la mia umida alcova; riempi le sedie e il pavimento dei tuoi panni – fino a far scomparire i miei; in un minuto sei già nudo e mi attiri a te. 
Letto sfatto, biancheria sparsa tra camera bagno e soggiorno, biancheria sporca, pregna di umori, biancheria da raccogliere e ficcare nel cestello della lavatrice, al più presto senza troppo aspettare. Altrimenti gli odori satureranno l’aria, e masticherò odori nei giorni a venire, quegli odori sessuali così incolpevoli e così devastanti, annidati negli anfratti, che esalano dai recessi del mio corpo e mi inchiodano al ricordo, alla fustigazione del ricordo, al vuoto e alla solitudine del presente, e all’esorcismo non riuscito della mancanza.  Non sono sicura di poter resistere all’impatto con gli odori. Gli odori sono così resistenti.
La stanza i vestiti, e la pelle, poi: ogni sua sporgenza cavità anfratto è impregnato di odori. Gli odori divaricano le gambe della memoria e non puoi sottrarti dallo sprofondare in essa.
Gli odori sono segni di una assenza e spesso tracce di un dolore. Gli odori di questa stanza in questa mattina tarda già quasi meriggio sono un’istigazione alla violazione della propria integrità fisica.

 
 
 
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