Creato da sandykan il 22/02/2008

FIBROMIALGIA TERAPIA

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Post N° 72

Post n°72 pubblicato il 18 Marzo 2008 da sandykan
 

All'età di 19 anni mi ammalai di anoressia. Ne uscii da sola. A 21 anni cominciai ad avere dei torcicolli strani, frequenti dolori alle spalle, alle braccia e alle gambe. Mi rivolsi a molti medici che curarono dapprima una nevrite, poi delle contratture muscolari ed in seguito delle tendiniti con l'uso di potenti antinfiammatori, fino al punto in cui mi venne una epatite iatrogenica...

Non so se questo è lo spazio riservato ad una lettera come questa ma intendo raccontare la mia storia di malata e del mio rapporto con l'ambiente medico.

All'età di 19 anni mi ammalai di anoressia. Ne uscii da sola. A 21 anni cominciai ad avere dei torcicolli strani, frequenti dolori alle spalle, alle braccia e alle gambe. Mi rivolsi a molti medici che curarono dapprima una nevrite, poi delle contratture muscolari ed in seguito delle tendiniti con l'uso di potenti antinfiammatori, fino al punto in cui mi venne una epatite iatrogenica.

Dopo quasi due anni di tentativi vari, mi rivolsi ad un reumatologo il quale mi diagnosticò la sindrome fibromialgica. Il rapporto con questo dottore fu sempre parecchio difficile, perché non mi spiegò mai che cosa fosse la fibromialgia e le sue visite avevano una scadenza di sei mesi in sei mesi a causa dei suoi numerosissimi pazienti. Non ci fu neanche mai la possibiltà di parlargli al telefono per eventuali problemi dati dai farmaci prescrittomi.

Provai tutte le cure, dagli antidolorifici, ai vasodilatatori, ai miorilassanti, agli antidepressivi. Tutti con il risultato di un benessere solo temporaneo. Mi venne la gastrite e detti colpa al mio stato ansioso. Nella mia città ci sono solo due reumatologi presso la Clinica Universitaria e quindi mi affidai all'altro poiché le visite furono leggermente più facili da ottenere.

Le cure però non cambiarono di molto. Mi convinsi comunque in tutti questi anni di avere una “malattia” che mi avrebbe accompagnato per tutta la vita e che non mi avrebbe permesso mai di vivere felicemente, una malattia difficile da comprendere e che mi toglieva la vitalità e l'energia del corpo e della mente.

È stata dura accettare i miei dolori continui, le crisi depressive, la dipendenza dalle medicine, l'ansia devastante, l'impossibilità di riavere di nuovo un corpo sano dopo tutte le mie difficoltà precedenti.

Però non mi arresi, e continuai a mettermi alla prova cercando di fare una vita il più normale possibile. Iniziai la psicoterapia. Ho sempre danzato e continuai a farlo ottenendo dei risultati incredibili. Quando si è malati e si conosce l'infelicità, la reazione successiva è quella di voler ottenere a tutti i costi il benessere.

Esagerai, come al mio solito. Detti sollievo alla mia mente, superai le mie difficoltà psicolgiche, mi proiettai verso l'esterno con grande estroversione, ma indebolii ulteriormente il mio corpo.

Un anno e mezzo fa incominciai ad avere dei pruriti strani di notte nelle zona vaginale. Li curai dal ginecologo con una serie infinita di pomate, cortisoniche e non, senza ottenere alcun risultato. Il medico fu addirittura stufo di vedermi in ambulatorio. Mi vennero tagli e ragadi a causa di tali pomate. Decisi allora di andare da un dermatologo che mi consigliò delle tinture rosse di cui ora non ricordo il nome, ma poichè anche questa volta i pruriti non passarono, per mesi presi degli antistaminici e la diagnosi finale fu “psoriasi” poichè mia madre soffre di questa malattia da moltissimi anni.

Il prurito si diffuse alle orecchie e sulla cute ma senza nessuna chiazza o arrossamenti. Mi furono dati shampo ed ancora altre pomate che mi misi su queste zone, ma non accettai il fatto di curare una psoriasi senza che si vedessero quelle famose piaghe che sapevo ben riconoscere sul corpo di mia madre.

Mi venne la prima cistite e la curai con gli antibiotici. Incominciarono i mal di pancia ed il prurito divenne talmente forte da rivolgermi al pronto soccorso una serie innumerevole di volte. Fui vista da vari medici e le interpretazioni furono le più varie. Il prurito venne definito “sine materia”, i mal di pancia non calcolati. Continuai con gli antistaminici. Accettai di farmi vedere da un immunologo che mi ricoverò al Day Hospital.

Feci tutti gli esami possibili compresi quelli per le allergie alimentari ma non venne fuori nulla, solo una candidosi, diagnosi per cui fui rilasciata dall'ospedale. Mi rovinai ulteriormente l'intestino con le successive cure e rimasi al punto di partenza. Stetti senza lavorare mesi e mesi a causa di questi disturbi, l'ansia crebbe a tal punto da mettere a dura prova la mia sopportazione.

Ritornai di nuovo da un altro dermatologo per eseguire il Patch Test, ma non me lo fece. Mi prescrisse della vitamina A e dei farmaci per le allergie alimentari. Peggiorai sempre di più. Dato il mio passato di anoressica, mi disse che i miei disturbi erano solo frutto di miei “autocondizionamenti” e che il mio corpo inconsciamente rifiutava da solo le medicine.

Non lo interpellai più, sapevo dentro di me che questo non era vero, mi fidai anche di me stessa. Mi rivolsi senza l'adeguata prescrizione al pronto soccorso del reparto di reumatologia poichè fu impossibile contattare il mio reumatologo: mi colse la disperazione. Mi fu detto che tutte quelle carte erano inutili, che mi dovevo mettere il cuore in pace, accettare i miei disturbi, prendere del buscopan per un mese e mezzo.

Nessuno mi credette, ovvero nessuno credette alla mia esposizione dei fatti. D'altra parte tutti gli esami continuarono ad essere poco probanti. Se non fossi stata seguita dall'esterno dalla mia psicologa e se non avessi conservato un pò d'energia dentro di me per affrontare quell'ulteriore situazione, chissà cosa sarebbe successo. Ebbi un'altra cistite ed episodi di coliche intestinali. Iniziò un nuovo calvario con il gastroenterologo.

Nuovi accertamenti e sempre gli esiti negativi. Andai all'ospedale per farmi ricoverare. Non mi trattennero, il mio caso non fu evidentemente così grave. Mi informai via computer sulle intolleranze alimentari trovando informazioni datemi da un ospedale e fui certa di aver trovato la soluzione.

Tutto combaciava. In seguito dovetti ricoverarmi a pagamento seguita dal mio gastroenterologo in attesa di aver un appuntamento da una nutrizionista che poi mi indicò il nominativo di un esperto nel settore delle ipersensibilità alimentari. Eseguii ancora l'urografia, l'ecografia e la colonscopia non sopportando alcun farmaco.

Non mi credette nessuno, mi continuarono a dire che non esiste “nessuna patologia di prurito legata a problemi intestinali”. Quante volte colsi negli occhi dei medici incredulità di fronte ai miei dolori fisici. Più tentai di spiegarmi raccontando le mie ultime “scoperte”, più mi considerarono una ipocondriaca. Uscii dall'ospedale piangendo. Non mi feci illusioni sulla visita che avrei effettuato presso il centro che mi fu indicato; probabilmente sarebbe stato un altro fallimento ed invece oggi posso dire di essere felice di aver incontrato qualcuno in grado di capire la relazione tra l'intestino e il resto del corpo e della mente.

Prima di questo ho subìto una serie infinita di umiliazioni, e al di là dei dolori fisici che con grande volontà ho sopportato, oggi mi rendo conto di quanto la medicina tradizionale sia volta spesso a curare solo gli effetti, e quanta poca attenzione si dia al malato che in venti minuti deve raccontare tutto il suo excursus e ricevere la diagnosi, quanta aria di superiorità ci sia nell'approccio con il paziente, quanto poco tempo si dedichi all'interpretazione dei sintomi e quanto facile sia la prescrizione dei farmaci senza spiegare a cosa il paziente potrebbe andar incontro e quanto sia facile prescriverli senza aver accertato un vero e proprio disturbo. Ma soprattutto mi sono meravigliata dell'incredulità della medicina tradizionale nei confronti di quella definita “alternativa”.

Ritornata dalla città in cui ho valutato la mia ipersensibilità alimentare, e stando decisamente meglio, ho informato il mio gastroenterologo dei disturbi a questa correlati. Mi ha guardato con la stessa aria di incredulità precedente non ammettendo che un altro medico potesse aver risolto il mio caso. Quanta ottusità. Addirittura l'ultimo dermatologo mi disse che non possedevo “capacità d'intendere” perché osai sottolineare i suoi errori di fronte all'evidenza dei fatti. E così tutti gli altri medici con cui ho voluto confrontarmi, ad eslusione di un solo reumatologo che si è invece considerato interessato e disponibile a collaborare con il centro cui mi ero rivolta, nonostante la sua scarsa conoscenza sull'argomento “intolleranze”.

Ora sto intervenendo sulla fibromialgia in altro modo, sono riuscita a far collaborare la mia psicologa con l'osteopata. Ho capito le origini dei miei disturbi. Ho capito la “mia” fibromialgia e se di “cambiamento” si tratta, cambiamento sarà.

Intendo ristabilire il mio equilibrio fisico e psicologico rispettandomi. Magari ci vorrà del tempo prima di arrivare ad una totale e nuova consapevolezza ma se non ho perso nel corso di tutti questi avvenimenti la tenacia e la volontà, non intendo di certo cominciare ora.

Ciò che a tutt'oggi mi fa ancora inorridire è che se non avessi avuto i mezzi per muovermi e capire giustamente la mia situazione, mi sarei davvero convinta di essere in preda a forme di depressione e di ipocondria forti e se non lavorassi con i miei genitori, forse avrei perso il lavoro.

Oggi che sto molto meglio, so che se non avessi avuto una giusta capacità di valutazione sarei diventata una “vittima” come tanti altri.

 
 
 

ginnastica e fibromialgia

Post n°71 pubblicato il 09 Marzo 2008 da sandykan
 

Quasi tutti i pazienti fibromialgici asseriscono che il riposo fa loro bene. Sforzi e tensioni, per contro, aggravano la sintomatologia. Di conseguenza la maggior parte dei pazienti cerca di risparmiarsi, cosa ben comprensibile. “Macchina ferma si arrugginisce”, dice però il proverbio: risparmiarsi troppo porta a un’ atrofizzazione progressiva di alcuni gruppi muscolari e a un sovraccarico degli altri. Il riposo è anche una delle soluzioni terapeutiche più pericolose: è facilissimo ammalarsi per essersi risparmiati troppo!

 

Ogni pratica di rilassamento muscolare, quindi, deve essere accompagnata da una corrispondente pratica di potenziamento, altrimenti la malattia procede a grandi passi.

 

Queste argomentazioni appaiono evidenti a quasi tutti; non altrettanto evidente però appare la loro applicazione nella vita quotidiana. Quando ogni singolo movimento è faticoso, l’idea di fare dello sport non è certo molto attraente.

Che cosa potete fare?

 

Prima di tutto, darvi tempo. Non occorre che recuperiate la forma ottimale in poco tempo: ogni tentativo violento o eccessivo porta alla delusione e aumenta le tensioni muscolari. Inoltre muoversi deve essere un piacere e un divertimento, altrimenti non riuscirete a farlo con regolarità. Dare consigli validi per tutti sul tipo di attività fisica da fare non è facile: dipende dalle vostre preferenze, dall’età e dalle precedenti attività sportive.

http://www.weiss.de/437.0.html

 
 
 

applicazioni di calore

Post n°70 pubblicato il 09 Marzo 2008 da sandykan
 

Fin dall’antichità il calore è stato impiegato sotto varie forme per distendere muscoli doloranti, probabilmente per la sua capacità di migliorare l’irrorazione sanguigna e insieme di diminuire l’eccessiva tensione delle fibre nella zona colpita. È possibile che il calore influisca anche sulle fibre nervose che trasmettono il dolore. C’è un’ampia scelta di mezzi diversi: fanghi, di paraffina, lampada a infrarossi, cuscinetti caldi, bagni termali, bagni di sole, Stanger-bäder eccetera. Potrete trovare di certo offerte adatte a voi nelle vicinanze negli studi dei fisioterapisti, in piscine o stabilimenti termali o in case di cura. Comunque potete già fare qualcosa da soli, senza spesa e senza doversi spostare da casa.

 

Fate regolarmente un bagno caldo in vasca, regalandovi un po’ di tempo in perfetta quiete. Potete aggiungere qualche olio essenziale che rafforzi l’effetto dell’acqua calda o provare il cosiddetto “bagno di Cleopatra”: mezzo bicchiere di latte con uno o più cucchiai di olio d’oliva, da mescolare all’acqua del bagno, meglio mettendo il bicchiere direttamente sotto il getto. Pare che la regina egiziana dovesse a questi bagni il suo favoloso incarnato…

 

Se non avete la possibilità di fare il bagno, anche una doccia calda prolungata può costituire un ottimo modo di concludere una giornata faticosa. Un suggerimento: mettete nella doccia un piccolo sgabello (con sotto i gommini!) e lasciatevi scorrere l’acqua calda sulla schiena, un vero godimento per la muscolatura contratta!

Anche gli impacchi caldi sono utili, specialmente in caso di contratture nella zona della nuca. Prendete un asciugamano, arrotolatelo o piegatelo fino alla forma e alla grandezza desiderata e poi versatevi sopra dell’acqua bollente. Se avete un forno a microonde vi potrete semplicemente riscaldare un asciugamano inumidito. Quando la temperatura è al livello desiderato mettete l’asciugamano sul muscolo contratto. In seguito potrete allentare un po’ la tensione ruotando un po’ le spalle o incrociando e sciogliendo le braccia. Lo stesso potete fare irraggiando la zona contratta con una lampada a infrarossi.

 

Nelle farmacie potete trovare impacchi di fango o di paraffina. Dopo essere stati scaldati nel forno rilasciano un calore molto gradevole e di lunga durata; si possono riutilizzare più volte. Ancora più economiche sono le antiche ricette casalinghe: noccioli di ciliegie o cristalli di sale grosso chiusi in un sacchetto di stoffa e poi scaldati nel forno hanno effetti molto simili.

 

Anche la sauna e il bagno di vapore sono un ottimo sistema per rilassare la tensione muscolare. Ancora più se siete in buona compagnia: deve essere un piacere! Solo un paio di suggerimenti: non trattenetevi nella sauna troppo a lungo a rischio di uscirne esausti; 10-15 minuti sono di solito il tempo giusto. Se potete, meglio più spesso e per tempi più brevi. A parte la durata, è certo utilissimo alla circolazione se appena usciti dalla sauna potete fare una doccia fredda o un rapido bagno freddo: è un ottimo esercizio per i vasi cutanei!

 

Forse non disporrete a casa di una vasca con idromassaggio, ma dovreste provare questa forma di “terapia del caldo”, una volta che ne aveste l’occasione.

Le indicazioni del dottor Kneipp sono molto utili in tutti questi casi: ad ogni trattamento caldo (lungo) far seguire un trattamento freddo (breve). Prendete l’abitudine di far seguire al bagno caldo una rapida doccia di acqua fredda, prima solo sulle braccia e le gambe, poi il tronco e il viso: dà un grande slancio alla circolazione sanguigna!

 

I bagni in piscine termali offrono svariati effetti positivi combinati se in acqua si effettuano movimenti di ginnastica: distensione muscolare grazie al calore, assenza di gravità per la spinta positiva e allenamento muscolare grazie al movimento. Un bagno termale è dunque il meglio che possiate offrirvi. Non tutti però abitano dei dintorni di una località termale: informatevi sui giorni in cui si fa della ginnastica acquatica in acqua calda, alcune piscine pubbliche offrono questo servizio.

Con le applicazioni calde si sbaglia di rado e si fa quasi sempre qualcosa di divertente o gradevole, oltre che di benefico. C’è solo un’eccezione: in presenza di un’infiammazione acuta occorre evitare il calore. Ma questo lo scoprirete subito da soli.

http://www.weiss.de/435.0.html

 
 
 

tecniche di rilassamento

Post n°69 pubblicato il 09 Marzo 2008 da sandykan
 

È molto utile che impariate una delle classiche tecniche di rilassamento. Avete a disposizione molte possibilità: il training autogeno, il rilassamento muscolare progressivo, le svariate tecniche ipnotiche, lo Yoga, la meditazione, il biofeedback, la musicoterapia, il Tai Chi Chuan, la terapia del respiro eccetera. Cominciano a essere piuttosto diffuse anche in Italia, provate a informarvi presso le palestre, i Centri Yoga, gli studi medici o gli psicologi.

 

Andate a vedere quello che vi si offre e scegliete la tecnica che vi è più simpatica. Deve piacervi, altrimenti non la porterete avanti con regolarità anche nella vita di tutti i giorni, cosa assolutamente indispensabile. Alle persone religiose la preghiera o un silenzioso raccoglimento in chiesa o nella natura potranno offrire la pace o l’equilibrio che cercano.

Non occorre impiegare molto: pochi minuti al giorno sono già di grande giovamento.

 

Una variante particolare dei metodi di rilassamento muscolare è così semplice da poter essere descritta anche su questa pagina. Consiste in un costante cambiamento di stato dei gruppi muscolari, da tensione a distensione. Provate a farlo mentre leggete queste righe. Sedetevi comodi. L’esercizio comincia con le braccia. Stringete le mani a pugno e tendete le braccia verso fuori con tutta la forza che avete, o quasi; mantenete questa tensione per 10-20 secondi. Dovreste sentire la fatica! Alla fine aprite i pugni, lasciatevi cadere le braccia in grembo e rilassatele completamente. Sentite quanto è piacevole? Respirate a fondo e lasciate che esca tutta l’aria, godendovi il momento. Ripetete una volta il respiro. È stato bello, vero?

Ora è la volta delle gambe. Tendete la muscolatura al massimo, mantenete la tensione per 10-20 secondi e poi rilassatela di nuovo. Respirate nuovamente due o tre volte, inspirando a fondo ed espirando lentamente. Si prova la stessa sensazione di quando ci si siede finalmente dopo avere terminato un lavoro faticoso.

 

Ora passate alla schiena e alla pancia. Tendete con forza la muscolatura della schiena, della pancia e delle natiche e mantenete la tensione. Questo sì che è un lavoro! Lasciate andare la tensione e godetevi il respiro profondo e disteso.

Potete fare questi tre esercizi dovunque vi troviate: in treno, in auto, con un po’ di esercizio anche durante una riunione noiosa, sono quasi invisibili! Il quarto esercizio è meglio faro quando si è soli. Si tratta di tendere i muscoli della faccia e del collo. Non abbiate paura, fate delle smorfie terribili! Per riflesso è probabile che tendiate anche i muscoli della pancia e della schiena. Mantenete questo stato per qualche secondo, poi lasciatelo andare e respirate in piena distensione.

È tutto qui. Non dura più di due o tre minuti. Naturalmente potete modificare il procedimento, soprattutto se l’avete già imparato in una forma diversa. E’ particolarmente efficace se lo fate ad occhi chiusi.

 

Avete provato? Se sentite già una sensazione di benessere, godetevela e pensate in quale momento della giornata potete inserire questa pratica nelle vostre attività. D’altra parte conviene che lo facciate quando sentite una forte tensione muscolare; inoltre occorre esercitarsi per qualche volta prima di sentirne il beneficio. Se non funziona ancora, scegliete un’altra pratica più adatta a voi.

 
 
 

Un tentativo di definire un modello integrato

Post n°68 pubblicato il 09 Marzo 2008 da sandykan
 

Cerchiamo di mettere insieme i singoli elementi costitutivi della malattia a formare un modello organico. Questo non potrà essere altro che un tentativo: la causa prima dell’insorgere della malattia è ancora sconosciuta. Ci sono noti solo alcuni elementi della vicenda del malato fibromialgico; è probabile che ci manchino ancora conoscenze importanti, o che queste si nascondano dietro fenomeni già noti.

 

Si può già dire con certezza che la malattia non abbia una sola, singola causa, e neanche una causa prevalente. Nell’insorgenza della fibromialgia concorrono molti fattori (in terminologia medica è detta una “patologia multifattoriale”), ognuno dei quali, di per sé, è relativamente innocuo. La malattia può comparire solo quando tutti questi fattori si presentano tutti allo stesso tempo, rinforzando reciprocamente la propria incidenza. Esaminiamo insieme alcune delle catene causali coinvolte nel fenomeno.

La condizione della schiena è di importanza decisiva: nella grande maggioranza dei casi i primi sintomi si presentano proprio a suo carico. Sovraccarico, immobilità o e vizi di carico della colonna vertebrale sono condizione necessaria all’insorgere della malattia.

 

In alcuni pazienti la fibromialgia insorge dopo anni di lavori pesanti, ma statisticamente si tratta della minoranza: sono molto più numerose le persone che soffrono di mal di schiena senza svolgere un’attività fisica importante. Esse presentano un indebolimento della muscolatura, il che comporta, al minimo sforzo, un sovraccarico dell’apparato posturale e motorio.

 

• Le cause scatenanti possono essere anche di origine traumatica, come incidenti d’auto con “colpi di frusta” o sublussazioni vertebrali. Altri fattori di rischio sono lo stato di sovrappeso protratto per anni, la differenza di lunghezza delle gambe (dismetria), le malformazioni della colonna vertebrale.

 

• L’interrelazione dei meccanismi posturali e motori mette non solo la muscolatura ma anche i corrispondenti nervi in una condizione di sovraffaticamento e ipereccitabilità, generando un circolo vizioso di sforzo, contrattura, ipereccitabilità e dolore a cui è difficile sfuggire.

 

• Cause ancora sconosciute generano alterazioni degli ormoni e dei neurotrasmettitori, in particolare di quello della serotonina. Questo porta svariate conseguenze, tra cui fatalmente anche un aumento della sensibilità al dolore che a sua volta rinforza il circolo vizioso dolore-sforzo.

 

• Quasi tutti i pazienti fibromialgici soffrono disturbi del sistema digerente. Non è ancora chiaro chiaro se questa sia una delle cause o una conseguenza della malattia; di certo porta con sé ulteriori conseguenze, in quanto il sistema digerente è connesso con le altre funzioni del corpo da svariati processi. Fra l’altro, il tratto gastrointestinale è strettamente collegato con il sistema nervoso vegetativo, il sistema linfatico e quello circolatorio ed è sede della produzione della serotonina.

 

I sintomi a carico del sistema digerente, solitamente, vengono accentuati da un comportamento alimentare sfavorevole: la persona molto sofferente deve a rinunciare a tante cose, nella vita, e cerca consolazione almeno nel bere e nel mangiare. Di solito, purtroppo, questo porta a mangiare più dolci e più cibi ipercalorici, i quali cronicizzano i problemi gastrointestinali. Questo genere di alimentazione, inoltre, apre la porta alle infezioni micotiche (funghi).

 

• Alla malattia concorrono anche i disturbi circolatori che si instaurano in caso di infiammazioni estese, come quelle del tratto gastrointestinale.

 

• Quasi tutti i pazienti lamentano ritenzione idrica ed edemi, che non dipendono da disfunzioni renali ma dal sistema linfatico. I tessuti edematosi possono anche comprimere alcuni nervi (ad esempio, in quelli cranici), peggiorando le condizioni di dolore del paziente. Gli edemi, inoltre, danno una sensazione di malessere generale, specialmente alle donne.

 

Personalmente ritengo che la loro causa risieda principalmente nei disturbi del tratto gastrointestinale in quanto strettamente connesso con il sistema linfatico.

 

• Disturbi del sonno, probabilmente causati in tutto o in parte dalla riduzione del quadro della serotonina, peggiorano le condizioni generali e possono causare dolori muscolari che a loro volta rendono più’ difficile un sonno ristoratore.

 

Questi fattori presi singolarmente non portano per forza a una fibromialgia: chiunque di noi, in vita sua, prova ogni tanto uno dei sintomi qui descritti. In condizioni favorevoli siamo in grado di padroneggiare molte situazioni difficili con le nostre forze, con l’aiuto della famiglia o degli amici; ma se le condizioni sono meno favorevoli, le nostre capacità di affrontare e superare i problemi si riducono.

 

Situazioni della vita in cui la capacità di autoguarigione viene messa alla prova possono essere: carichi di lavoro eccessivi per anni, insoddisfazione in campo professionale, disoccupazione, situazione finanziaria difficile, insoddisfazione per la propria condizione di casalinga, conflitti col partner, separazioni, crisi di ridefinizione dei ruoli nella vita (per esempio, l’uscita di casa dei figli ormai adulti), problemi connessi con la menopausa, indebolimenti del sistema immunitario con frequenti infezioni e così via.

 

• Le condizioni di spirito del paziente possono ridurre o aggravare la sintomatologia: quanto più una persona è gratificata o ottimista, tanto più è in condizioni di fare fronte ai momenti difficili. Per contro, scoraggiamento, disperazione, perdita di autonomia e di speranza peggiorano di molto il quadro della malattia, moltiplicandone gli effetti. Una persona abbattuta non prova più alcuno stimolo a muoversi con regolarità, si nutre in modo nocivo, tende ad evitare ogni attività fisica, percepisce più intensamente i dolori e così via.

 

A quel punto, non serve a nulla stabilire se questa condizione psichica sia origine o conseguenza dell’insorgere della malattia: è indifferente che la persona fosse sempre triste già in passato o se la sua depressione sia cresciuta col passare degli anni. Ho visto molti casi di fibromialgia: gli effetti erano e sempre gli stessi, dunque ci si può risparmiare la solita domanda: “prima l’uovo o prima la gallina?”.

 

• Un particolare fattore di rischio è costituito dal rapporto medico-paziente, che influisce molto sulla cronicizzazione del quadro patologico.

 

All’inizio della “carriera di paziente”, di solito, non ci sono grandi problemi, e i medici trattano i primi dolori lombari o muscolari con i procedimenti usuali. Dopo qualche tempo, però, si accorgono che il paziente è “più difficile” di quanto non si aspettassero e che i suoi sintomi non si riducono. In genere a questo punto gli fanno fare una serie di esami clinici, tutti senza risultato. Il medico si trova di fronte a un enigma: la quantità di dolori e l’abbattimento del paziente non trova alcun riscontro proporzionato nell’esame obiettivo. Il paziente viene mandato da colleghi specialisti, ancora senza risultato; il medico curante, quindi, comincia a formulare l’ipotesi che il paziente sia un fannullone che cerca di sfuggire in tutti i modi ai propri doveri, oppure che abbia un problema psichico.

 

Il rapporto tra medico e paziente si deteriora notevolmente: il paziente sente chiaramente che il medico mette in dubbio i suoi dolori, e più si dà da fare a convincerlo che i suoi sintomi sono davvero importanti, più convince l’interlocutore che si tratti solo di una quantità di enormi esagerazioni. Il paziente è deluso e sempre più insicuro, cosa che rafforza ancora di più i suoi sintomi ed eventualmente ne fa comparire di nuovi. Il medico si sente sempre più impotente e alla fine anche irritato: per lui tutta quella congerie variegata di lamenti non ha alcun senso. Questo ingenera una escalation in parallelo: il paziente propone i suoi sintomi in modo sempre più pressante per convincere il medico che è realmente malato, il medico reagisce allontanandosi sempre di più da lui. All’inizio lo considerava solo troppo ansioso, in seguito lo considera scomodo, infine ipocondriaco o mentalmente disturbato. Alla fine consiglia al paziente di rivolgersi a uno psichiatra.

 

Il paziente ne è scosso, ulteriormente disorientato e comincia a dubitare di se stesso: “Allora in realtà sono diventato matto?” In questa condizione desolata si presenta alla visita psichiatrica, e in quello stato non è difficile conquistarsi una diagnosi di disturbo mentale. Il più delle volte si tratta di “depressione latente”o “mascherata”. I farmaci prescritti, però, non agiscono sui dolori, o lo fanno solo in piccolissima misura. Lo psichiatra si trova nell’esatta condizione, allora, del medico curante.

 

Tutti restano delusi: innanzitutto e soprattutto il paziente, che ha perso fiducia in se stesso e nella medicina; poi il medico curante che non può più fare niente per quel paziente “ingrato”; infine lo psichiatra, che si arrabbia con quel depresso irragionevole.

 

Il capro espiatorio della situazione è il paziente che non è voluto lasciar aiutare e che, quindi, è il responsabile dei propri dolori.

 

• Così si è raggiunta l’ultima fase della malattia: quando il paziente accoglie in sé l’idea di essere il colpevole del proprio stato perde anche l’ultimo rimasuglio di autostima. Non è più’ in grado di prendersi cura di sé: di notte si arrovella, dorme sempre peggio, è sempre più abbattuto e le sue condizioni generali peggiorano. Gli innumerevoli disturbi piccoli e grandi in apparenza privi di senso logorano la personalità che soccombe infine alla malattia, un inestricabile garbuglio di innumerevoli disturbi fisici e psichici: la fibromialgia.


Che malattia è la fibromialgia?

Siamo alla fine della nostra ricerca sull’insorgenza della fibromialgia. In sostanza, di che si tratta? Molte cose non sono ancora chiare, ma tuttavia ci sono basi sufficienti a prendere atto che si tratta di una malattia di tipo nuovo .

 

Siamo abituati al fatto che le malattie abbiano una causa riconoscibile: alcune possono essere provocate da un battere o da un virus (come il mal di gola da uno streptococco), altre possono essere generate da diverse concause. Un infarto, per esempio, può essere conseguenza di tutta una serie di errori comportamentali che vanno dal fumo alla cattiva alimentazione fino allo stress. Tutte queste malattie, soprattutto, portano con sé un certo numero di alterazioni delle funzioni corporee chiaramente riconoscibili: infiammazioni, alterazioni dei vasi sanguigni eccetera.

 

Nella fibromialgia accade tutt’altro: essa insorge in presenza di un gran numero di fattori di per sé relativamente innocui ed è solo in seguito alla loro combinazione, e soprattutto al fatale innesco di catene di causa-effetto, che si giunge a una condizione tanto stabilizzata da non consentire quasi alcuna via d’uscita. Il circolo vizioso che si instaura nell’intero sistema della persona risulta, alla fine, incredibilmente tenace.

 

La seconda particolarità della fibromialgia è che sotto il suo effetto non si verifica alcuna alterazione né della struttura né della funzione. La malattia consiste, di norma, in una riduzione di funzioni: abbiamo quindi a che fare con una delle cosiddette “malattie funzionali” (cosa che non ha niente a che vedere con l’aggettivo “psicogeno”). Ogni parte del corpo, in sé, rimane invariata, solo che le sue funzioni non si armonizzano più col tutto.

 

Per fare un paragone col mondo del computer: la medicina di solito si trova chiamata a risolvere problemi di hardware, mentre in questo caso ha a che fare con un problema di software.

 

La realtà è ancora più complicata di quanto non si possa riprodurre in un modello schematico: le molte catene di causa-effetto non agiscono in successione, ma tutte allo stesso tempo. In altre parole: tutti gli elementi coinvolti sono collegati gli uni agli altri come in una gigantesca scultura aerea di quelle dette mobiles, e ogni elemento influenza l’altro, a volte in maniera molto indiretta e contorta. In questo modo si instaura un quadro patologico complesso che risulta così sconcertante e col quale è così difficile fare i conti.

http://www.weiss.de/352.0.html

 
 
 

Fibromialgia e psiche dr. weiss

Post n°67 pubblicato il 09 Marzo 2008 da sandykan
 

Una delle domande più frequenti sulla fibromialgia è senza dubbio: “Si tratta di una malattia di origine psichica?” La ricerca internazionale che sta studiando la sindrome se n’è occupata a fondo negli ultimi vent’anni, ed è giunta alla conclusione che non lo è. È un dato molto importante, perché quasi tutti i pazienti prima o poi si sono sentiti dire che sono troppo ansiosi, che sono nevrotici , i loro sintomi sono pura immaginazione. È un duro colpo; nella migliore delle ipotesi si sentono incompresi, nella peggiore dubitano della propria salute mentale e si colpevolizzano di essere malati. Questa affermazione è sicuramente sbagliata. Se soffrite di fibromialgia non lasciatevi convincere che dipende tutto dalla vostra psiche. La malattia è già pesante da sopportare senza che dobbiate essere caricati anche di sensi di colpa!

La fibromialgia non è una malattia psichica!

 

Questo non vuol dire la psiche non la influenzi affatto. È naturale che una malattia che ha un peso così grande nella vita quotidiana abbia conseguenze sullo stato psichico . Come la maggior parte delle malattie croniche, la malattia provoca anche uno stato di abbattimento, di tristezza, o di depressione. Che a loro volta influiscono negativamente sullo stato fisico del paziente.

 

Abbiamo a che fare, dunque, con un complesso circolo vizioso, nel quale lo stato psichico è uno dei tanti fattori, ma certo non l’origine prima della malattia. È vero, anche le depressioni - specie quelle dette “larvate” o “nascoste” – provocano sbalzi d’umore, disturbi del sonno, dolori di testa o di pancia , bocca secca, disturbi cardiaci e molti altri sintomi comuni alla fibromialgia. Ma ci sono segni evidenti che distinguono quest’ultima dalla depressione larvata: i sintomi fisici nel depresso sono il più delle volte variabili, migranti e meno definibili che non nel fibromialgico. Ma soprattutto è determinante il fatto che nel depresso non si evidenzia dolore nei famosi tender points!

 

I cambiamenti nello stato psichico del paziente si spiegano come una conseguenza della malattia cronica. Provare dolori forti per anni, disturbi del sonno e sentirsi incompresi sul proprio stato turberebbe chiunque. Lo stato d’animo abbattuto è più che comprensibile.

Sarebbe strano il contrario: soffrire di tutti questi disturbi e limitazioni e non lasciarsene affatto turbare! .

 

C’è un modo per migliorare lo stato psichico e l’umore del paziente?

Non tutti hanno bisogno dello psichiatra o dello psicoterapeuta. Ogni cambiamento sostanziale del comportamento e della vita quotidiana o un colloqui intensivo con una persona di fiducia, partner o amico, ha già valenze terapeutiche. Il vostro stato dipende anche dal modo in cui riuscite a prendervi cura di voi stessi nell’ambito della malattia.


È di grande aiuto trovare un medico - reumatologo o medico di base – che vi comprenda. Può volerci un po’ di tempo prima di trovare qualcuno che possa valutare correttamente tutto il quadro della malattia. Siate tenaci, però, en on lasciatevi riempire di dubbi se cadete su qualcuno che fa orecchie da mercante davanti ai vostri sintomi. Ciò che il medico non conosce, non lo può neanche diagnosticare, comprendere né curare.

Ogni malattia, specie se di lunga durata, influisce sul rapporto di coppia. Vivere con una malattia cronica, per una coppia, è una condizione che richiede ad entrambi una notevole maturità psichica e affettiva. Per la coppia è come avere in casa un ospite indesiderato che si intromette di continuo. Non lasciate che diventi il padrone di casa, il protagonista assoluto.

È importante che il fibromialgico si convinca che non può superare la malattia “con la forza della volontà” o con i suoi soli mezzi, e non si senta in colpa di essere meno efficiente di prima. Allo stesso tempo è importante che il suo partner prenda sul serio le difficoltà e non lo metta continuamente alla prova. Ognuno dei due ha bisogno della comprensione e del sostegno dell’altro: il malato perché si trova in una condizione oggettivamente faticosa e difficile, il partner perché non è facile vivere con qualcuno che si ama e che si vede soffrire di continuo.

Il partner comprensivo e collaborante, a volte, in colpa per la scarsa efficacia di tutti i suoi sforzi: “non c’è modo di farlo/la sentire meglio, sono un incapace”. Occorre che si convinca che non è in suo potere agire efficacemente contro la malattia dell’altro. Un aiuto concreto, però (portare una valigia pesante o i pacchi della spesa, un massaggio alla sera eccetera) può essere di grande importanza non solo per alleviare la fatica e il dolore dell’altro ma anche per il messaggio di cura e di affetto che trasmette.

A nessuno verrebbe in mente di pretendere che la propria automobile funzioni bene per anni senza interventi di manutenzione, senza mai cambiare l’olio o sostituire i pezzi usurati. Eppure è quello che si vede accadere in molte coppie, che ritengono che il rapporto possa benissimo andare avanti da sé purché ci si ama davvero.

Anche il rapporto di coppia, invece, necessita di manutenzione, tanto più se messo alla prova da una condizione difficile come la malattia di uno dei suoi membri. Si tratta di mantenere viva e attraente la relazione, di rinsaldare un legame che si dà troppo spesso per scontato. Farsi una sorpresa ogni tanto è un buon metodo: una cena a lune di candela, una lettera affettuosa, un piccolo regalo al di fuori di ogni ricorrenza, un fiore, i biglietti per uno spettacolo teatrale, un week-end da soli in un bel posto: ognuno metterà in moto la fantasia per trovare di volta in volta la sorpresa più gradita.

http://www.weiss.de/350.0.html

 
 
 

L'FDA ha approvato Lyrica nel trattamento della fibromialgia

Post n°66 pubblicato il 09 Marzo 2008 da sandykan
 

L'FDA ha approvato Lyrica nel trattamento della fibromialgia

L'FDA ( Food and Drug Administration ) ha approvato Lyrica ( Pregabalin ) nel trattamento della fibromialgia.

La fibromialgia è un disordine caratterizzato da dolore, fatica e disturbi del sonno.
Le persone con fibromialgia vanno incontro a dolore cronico o di lunga durata, così come rigidità muscolare e sensibilità al tatto.

Lyrica riduce il dolore e migliora le funzioni giornaliere in alcuni pazienti con fibromialgia.

La fibromialgia colpisce circa 3-6 milioni di persone negli Stati Uniti ogni anno. Il disordine interessa maggiormente le donne e tipicamente si sviluppa nell'età adulta ( fascia d'età 25-55 anni ).

Non esiste nessun esame specifico per la fibromialgia e la diagnosi viene fatta in base alla sintomatologia.

E' stato osservato che i pazienti affetti da fibromialgia trattati con Lyrica presentano una diminuzione del dolore, ma il meccanismo mediante il quale Lyrica agisce non è noto.

L'approvazione è avvenuta sulla base di 2 studi clinici, che hanno arruolato 1.800 pazienti che hanno utilizzato dosaggi di 300-450mg di Pregabalin.

I più comuni eventi avversi osservati con Lyrica sono: capogiri e sonnolenza, di grado lieve-moderato.
Nel corso degli studi clinici sono stati riportati: visione offuscata, aumento di peso, secchezza delle fauci e gonfiore alle mani e ai piedi.
Gli effetti indesiderati appaiono essere dose-correlati.
Lyrica può alterare la funzione motoria e causare problemi di concentrazione ed attenzione. Inoltre Lyrica può alterare le capacità di guida.

Lyrica è già stato approvato nel trattamento delle crisi parziali, del dolore successivo all'eruzione di herpes zoster, e della neuropatia diabetica. ( Xagena_2007 )

Fonte: FDA, 2007

Link: FarmaciOnline.it

Link: MedicinaNews.it

 
 
 

Milnacipran nel trattamento della fibromialgia

Post n°65 pubblicato il 09 Marzo 2008 da sandykan
 

Milnacipran nel trattamento della fibromialgia

Uno studio di fase II ha valutato la sicurezza e l'efficacia del Milnacipran in 125 pazienti con sindrome fibromialgica.

I pazienti sono stati assegnati in modo random a ricevere placebo o Milnacipran (2 volte al giorno ) per 4 settimane a dosaggio scalare, seguito da 8 settimane di dosaggio stabile.

I pazienti trattati con Milnacipran hanno mostrato un miglioramento significativo del dolore rispetto a coloro che hanno ricevuto placebo.
Circa il 37% ha riportato almeno una riduzione del 50% nell'intensità del dolore contro il 14% dei pazienti trattati con placebo.

Il 75% di tutti i pazienti trattati con Milnacipran ha riferito di un miglioramento generale rispetto al 38% dei pazienti nel gruppo placebo.

Il più comune effetto collaterale è stata la nausea.

Il Milnacipran è un farmaco che riduce il reuptake di due neurotrasmettitori, con una maggiore specificità per la noradrenalina.
Il Milnacipran è classificato come un NSRI ( Norepinephrine Serotonin Reuptake Inhibitor ).( Xagena_2003 )

Fonte: Cypress Bioscience


Reumatologia.net

MedicinaOnline.org

 
 
 

farmaci antidepressivi

Post n°64 pubblicato il 09 Marzo 2008 da sandykan
 

I farmaci antidepressivi nel trattamento della fibromialgia

La sindrome fibromialgica è caratterizzata da dolore diffuso e da dolorabilità al tatto.
Le cause specifiche dell’alterata neurofisiologia alla base di queste manifestazioni cliniche non sono ancora ben definite.
L’aumentata sensibilizzazione delle reti neurali associate al dolore, così come l’interazione con i meccanorecettori, potrebbero rappresentare dei target per la terapia farmacologica.

I pazienti con fibromialgia presentano distress emotivo ed in alcuni casi è stata osservata depressione.

Il trattamento con farmaci antidepressivi produce benefici sull’umore nei pazienti con fibromialgia, ma non sempre riduce il dolore e la dolorabilità al tatto.

Tra gli antidepressivi, i farmaci che bloccano la ricaptazione sia della serotonina che della norepinefrina ( SNRI ) sembrano essere più efficaci degli inibitori della ricaptazione della sola serotonina ( SSRI ).

I più nuovi farmaci antidepressivi, come Duloxetina ( Cymbalta ) e Milnacipran ( Ixel ) hanno mostrato di produrre miglioramenti negli outcome della fibromialgia in circa il 60% dei pazienti.( Xagena_2006 )

Littlejohn GO, Gymer EK, Curr Pharm Des 2006; 12: 3-9

 
 
 

La fibromialgia, un disturbo da stress ossidativo?

Post n°63 pubblicato il 09 Marzo 2008 da sandykan
 

La fibromialgia, un disturbo da stress ossidativo?


Ricercatori della Mersin University Medical School in Turchia hanno esaminato il ruolo dei radicali liberi nella fibromialgia.

Allo studio hanno preso parte 85 pazienti donne con fibromialgia primaria.

Le pazienti con fibromialgia hanno presentato più alti livelli di malondialdeide, mentre i livelli di superossido-dismutasi ( SOD ) erano significativamente più bassi rispetto ai controlli.

L'età, l'indice di massa corporea ( BMI ), il fumo e la durata della malattia non hanno influenzato i livelli di malondialdeide e di superossido-dismutasi .

Non è stata trovata nessuna correlazione tra dolore e numero di punti dolenti.

Secondo gli Autori l'equilibrio ossidanti/antiossidanti nelle pazienti con fibromialgia è alterato.
La fibromialgia potrebbe essere una malattia da stress ossidativo.( Xagena_2004 )


Bagis S et al, Rheumatol Int 2003 ( Epub ahead of print )

 
 
 
 

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