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L'INCREDIBILE STORIA DELLO ZIO D'AMERICA - LUISI TOZZI MARRAS EMIGRATO NEL 1906 ALL'ETà DI 16 ANNI IN ARGENTINA - Parte seconda

Post n°18 pubblicato il 24 Gennaio 2011 da nannidelogu

 

L'arrivo e la sistemazione in Patagonia


Nella città di Santa Cruz, fu chiamato da jose r gonzalez, un vedovo che aveva otto figli, a costruirgli la casa. Erano gli anni dello sciopero degli operai e la situazione era molto critica. Luigi dovette nascondersi, per evitare di finire arrestato come tanti. jose r gonzalez lo tenne nascosto nei suoi terreni per circa nove mesi e così, come in una nuova gestazione, ebbe salva la vita per una seconda volta.

Dopo che centinaia di operai dimostranti furono uccisi e lo sciopero generale si calmò, Luigi riprese il suo lavoro portando avanti gli impegni presi.

Durante i lavori incontrò di nuovo la bella ragazza della pampa, Era Josefa, la figlia maggiore di Jose Gonzalez che oltre a pascolare le mucche con fare di mamma curava la casa e accudiva con affetto i fratellini piccoli. A Luis gli si sciolse quel cuore indurito dalla malinconia e terminata la costruzione con fare deciso chiese la mano di Josefa al padre Jose R Gonzalez. Questi rifiutò risolutamente anche perché quella figlia, la maggiore, per lui era la mano destra, accudiva la numerosa famiglia e non intendeva certo privarsene. Allora Luis molto fieramente, nottetempo, la rapì e i due scapparono via. Luis aveva 39 anni e Josefa 22.

Dopo poco tempo, ottenuto il perdono del padre, che nonostante tutto aveva una grande stima di Luis, si sposarono. Ebbero undici figli a cui Luigi diede gli stessi nomi dei fratelli e delle sorelle lasciati in Sardegna.

Luigi capì che era giunto il momento di fermarsi. Fissò la sua dimora nel minuscolo paesino di Jaramillo nella provincia di Santa Cruz. Un paesino poco più di 100 abitanti, che forse gli ricordava il suo paese natio. Lì si costruì la casa utilizzando la pietra locale secondo le tecniche imparate da suo padre maestro Ferdinando. Li visse per circa 40 anni dando un'impronta indelebile all'architettura di Jamarillo per le sue opere, dalle case al cimitero monumentale.

Ebbe una vita povera ma dignitosa e seppe portare avanti l'intera famiglia con il suo lavoro sebbene conobbe  periodi di miseria alternati a quelli di benessere.

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Luigi però, come accennavo prima, riuscì ad attraversare indenne tutti  periodi peggiori  anche quelli della storia politica argentina come il massacro della Semana Tragica del 1919, in cui la polizia di Santa Cruz trattenne in stato di fermo i sindacalisti della "Sociedad Obrera", la maggioranza dei quali erano immigrati, pretendendone l'espulsione in nome della legge argentina (la cosiddetta "Legge di Residenza"). La Sociedad Obrera dichiarò allora lo sciopero in tutta la provincia per la liberazione dei compagni arrestati. Una volta riottenuta la libertà, il conflitto continuò per i miglioramenti salariali e per le condizioni di lavoro. Iniziò allora una estenuante negoziazione con i latifondisti che terminò con un insuccesso dei lavoratori a causa delle gravi discordanze esistenti tra anarchici, sindacalisti, socialisti e comunisti.

Il governo di Hipólito Irigoyen inviò allora truppe dell'esercito, comandate dal tenente H. Benigno Varela (2 gennaio 1921), per porre fine allo sciopero. Gli eventi precipitarono quando entrarono in azione le forze paramilitari della "Liga Patriótica"  e molti dirigenti sindacalisti furono arrestati. Ci fu lo sciopero generale a Santa Cruz.   Il tenente Varela impose «la pena de fusilamiento per i braccianti e gli operai in sciopero. Il governo cileno, timoroso probabilmente che lo sciopero contagiasse anche i lavoratori e le lavoratrici cilenie, collaborò e fornì sostegno alle forze militari argentine nella repressione in atto. L'esercito argentino soffocò violentemente la rivolta, arrestando e fucilando molti lavoratorilavoratrici in maniera sommaria. In totale, circa 1500 tra operai, braccianti e sindacalisti morirono sotto i colpi delle "forze dell'ordine".

"Cuando fusilan a los peones de campo, - racconta la figlia Elena -, papa le estaba construyendo la casa a jose r gonzalez un viudo con 8 hijos,e ste buen señor lo esconde en su campo, asi salvo su vida por segunda vez, ahi todavia era soltero, cuando le finaliza la construcion a jose r gonzalez, le pide la mano de su hija josefa, jose no acepta. aduce que es la mayor y su mano derecha (cuidaba a sus hermanos pequeños y se ocupaba de todo). Mi papa se la lleva con el o sea la rapimento, mi nonno jose gonzalez lo queria mucho a mi papa y le perdono. Venimos de familia buena, pobres y honrados  GRAZIE A DIO".

Queste vicende sono ben raccontate nel film  di Héctor Olivera, La Patagonia Rebelde (1974), che descrive i tragici eventi di quel periodo.Da citare anche il libro, uscito nel 2010, "Patagonia Rebelde" di Osvaldo Bayer; un libro, come  ci ricorda Alberto Prunetti curatore dell'edizione italiana pubblicata da Eleuthera, un tempo bruciato nelle piazze e oggi adottato in tutte le scuole della Patagonia. Il libro ricostruisce lo sciopero dei braccianti anarco-sindacalisti nella Patagonia argentina degli anni Venti. quello sciopero che tenne in scacco i latifondisti patagonici per due anni e si conclude tragicamente con la fucilazione dei 1500 lavoratori insorti per opera del colonnello Varela e del suo esercito.

Dal 1880 al 1930, l'Argentina godette di una sempre maggiore prosperità e importanza grazie ad una economia volta all'esportazione, e la popolazione del paese aumentò di sette volte. Le forze conservatrici dominarono la politica argentina fino al 1916, quando i tradizionali rivali, i radicali, ottennero il controllo del governo. Nel 1930 l'esercito costrinse Hipólito Yrigoyen a lasciare il potere, portando ad un altro decennio di governo conservatore. I cambiamenti politici portarono nel 1946 alla presidenza di Juan Perón, (quello che secondo Peppino Canneddu e  Gabriele Casula  sarebbe stato, in realtà, tale Giovanni Piras di Mamoiada, inventatosi natali argentini per sfuggire alla coscrizione durante la prima guerra mondiale). Il tanto discusso Presidente cercò di dare più potere alla classe lavoratrice e aumentò notevolmente il numero di lavoratori sindacalizzati. Ebbe un occhio di riguardo agli immigrati sardi. La Revolución Libertadora del 1955 lo depose.

Un altro periodo tragico, anche per le numerose vittime sarde, è quello che va dal 1976 al 1983 quando le forze armate detennero il potere per mezzo di una giunta autoincaricatasi del cosiddetto Processo di Riorganizzazione Nazionale; il governo militare represse l'opposizione, sia da parte dei gruppi di sinistra che dai peronisti, utilizzando metodi improntati all'illegalità dando inizio a quella che sarebbe passata alla storia come la Guerra Sporca: migliaia di dissidenti furono fatti scomparire. Nel periodo della dittatura 30.000 persone scomparvero creando il fenomeno dei desaparecidos.

segue...

 

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