Questa donna l’ho scelta per tutta la vita. Questa donna che ho voluto è la mia complice. Pensieri speranze dolori. Un mare di situazioni che ci hanno visto sempre insieme, appiccicati l’uno all’altra.
Unico cervello, unico corpo, unica volontà.
Un movimento contemporaneo di quattro braccia quattro gambe, nella stessa direzione, mosse per lo stesso motivo.
Mani agitate.
In continuo movimento, alla ricerca perenne di conferme, senza mai stancarsi. Un pensiero non è mio se non è suo. Il sonno non mi dà riposo se non è il suo sonno.
I sogni i sogni i sogni.
Mi piace guardare il suo corpo. Mi piace guardarlo di nascosto. Quando dorme. Quando sogna. Quando le sue membra sono atoniche. Quando è indifesa.
La scorsa estate l’ho fatto, quando faceva caldo e dormiva sopra le lenzuola. L’avvolgibile era abbassato quel tanto per preservare l’intimità da occhi indiscreti. La luce dei lampioni sovrastava quella tenue della Luna. Era un flusso luminoso costante, riflesso dal soffitto sul suo corpo. La camicia da notte era tutta accartocciata sul suo ventre, sulla sua schiena. Una gamba era distesa, l’altra era piegata. Dormiva a pancia in giù. Aveva assunto la posizione come se stesse scalando una parete rocciosa e si era fermata immobilizzata, chissà per quale motivo. Seguivo con lo sguardo il suo profilo, ispezionavo ogni sua curva. Lo facevo stando seduto sulla poltrona posta davanti al letto vicino l’armadio, al suo lato, aveva una forma che ricordava epoche lontane, re e regine, e incoronava me come unico spettatore della sua bellezza.
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