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USA: dopo Michael Brown, altra uccisione in Missouri. Ucciso un 23 enne di St. Louis.

Post n°141 pubblicato il 22 Agosto 2014 da DukeInformer
 

La fiera del paradosso sta andando in onda nelle ultime ore in America: armi affidate a cowboy scellerati dal grilletto fin troppo facile. Non è abuso d'ufficio è omicidio volontario, da parte di uomini che hanno agito "to protect and serve" loro stessi da un nemico poco più che immaginario, lasciato a terra morente senza il minimo interesse per la vita umana. Come nel caso della seconda vittima partorita dagli scontri di questi giorni, conseguenza dell'uccisione di Michael Brown avvenuta il 9 agosto a Ferguson (Missouri). Questa volta la vittima è un 23 enne di St. Louis. Nessun tentativo di rianimazione, nessuna possibilità di scampo. Era giusto che morisse, abbattuto per aver sfidato il sistema. Ancora una volta torna alla ribalta il caso sull'utilizzo (oltre che sul reperimento) delle armi da fuoco nel paese dello Zio Sam. Questa volta però gli assassini-ma-innocenti-fino-prova-contraria non sono squilibrati malati di mente, che armati fino ai denti sono scesi in strada o entrati in una scuola o campo sportivo iniziando a sparare in nome di chissà quale ideale. Bensì poliziotti, uomini di legge, che non hanno perso tempo a stroncare la vita di due giovani ragazzi, il primo reo di aver rubato da un negozio una scatola di sigari del valore di 50 dollari, il secondo colpevole di averli additati come assassini avvicinandosi alla volante con un coltello, di dimensioni paragonabili a quelli presenti in ognuna delle nostre cucine, solitamente utilizzati per pelare le patate. Non siamo pacifisti incalliti, e siamo assolutamente convinti nel sostenere che l'uso delle armi debba essere consentito alle forze dell'ordine con canoni sicuramente meno rigidi di quelli imposti alle forze dell'ordine italiane, che spesso e volentieri sono obbligate dal codice penale a difendersi a colpi di pernacchie da soggetti che lanciano loro qualsiasi tipo di offesa verbale, fisica e armata. Ma così pare, francamente, un pò troppo. Che una pistola possa essere puntata da un rappresentante della legge minacciato, verso un ragazzino con in mano un coltellino svizzero, va oltre ogni più fervida interpretazione del concetto di difesa. Tanto più se poi vengono esplosi sei colpi, da distanza ravvicinata, tutti per uccidere. Che bisogno c'è? Come può essere considerata la giusta reazione all'offesa ricevuta? La polizia offre un servizio di difesa ai cittadini, intesi nel loro senso più ampio, come appartenenti a una comunità. E se quei cittadini sbagliano è giusto che siano fermati, anche in modo vigoroso. E che diamine! Ma la giustizia da marciapiede non può e non deve (più) esistere. Lo sceriffo con baffoni e pistolone, deve essere sostituito dal tutore, perché i "cattivi", in uno stato di diritto, vanno presi e rieducati.  Se preferite un gergo da serie televisiva, "sbattuti al fresco" a meditare. Non uccisi in mezzo alla strada. Ci si deve riconoscere in quegli uomini in divisa, perché rappresentanti del bene assoluto, dell'offerta d'aiuto di cui prima o poi tutti avremo bisogno, di quel senso di supporto reciproco che nasce e si sviluppa tra coetanei e consanguinei, e si consacra nel distintivo che legittima un uomo a rischiare la propria vita per l'equivalente a stelle e strisce di 1200€ mensili, pur di servire e onorare qualcosa che fisicamente non si può nemmeno toccare, che è lo Stato. Con tutto ciò che ci sta dentro.

Non ci si può permettere di non potersi più identificare in quegli uomini, che reagiscono istericamente alle proteste, sparando per dimostrare chi è che comanda. Perché così si inverte tutto. Così si azzera tutto. E di questo lusso, adesso, non ci è dato godere.

 

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