Creato da JackAnto il 31/05/2006
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Capitolo 12 – Prove di un insuccesso

Post n°18 pubblicato il 22 Luglio 2006 da JackAnto
 

E allora provammo. Ma o io sono imbranato (e non lo escludo), o lo era lei, o entrambi, ma l’esperienza fu tragicomica.

Intanto occorreva, come da manuale e come descritto dalle sue riviste femminili, iniziare con una lunga serie di preliminari. Soprattutto massaggi. Io a lei, chiaro. Almeno un’ora. Poi, quando ero ormai spossato, si partiva all’azione.

Non fare di testa tua, ma lasciati guidare, così sono certa di non sentire del dolore, va bene?

Più su, no più giù, no a destra, ma dove vai? No, non lì.

Sì, ma io non vedo niente da qui, dove sarebbe?

Prova a spingere adesso… di più… Ahi, mi fa male. Fermati un attimo.

Ma io sto venendo…

Ma cos’è ‘sta roba?

Beh, prova a indovinare…

Che schifo, è appiccicosa, e poi puzza!

Grazie, ma mi viene così naturale!

Devo assolutamente lavarmi.

Il bagno sai dov’è. Però, bella accoglienza! Questo mi aiuterà sicuramente in futuro (ironico).

Altro giorno, altro tentativo.

Vai un pochino più su… Prova a spingere. Ahia che male! Basta. Ormai mi fa male, riposiamoci un attimo.

Sì, ma abbiamo appena iniziato!

E se provo a tirare su le gambe? No, sono scomoda. Prova qui. Forse non è lì, ma spingi lo stesso, più forte che lì non sento niente.

Sfido, è la coscia!

Ah, ecco perché. Ma dove sei finito. Prova ancora qui, spingi un po’… forse è il posto giusto, ma ahi, basta, fa male anche lì, prova qui, poi qui…

Scusami, ma a furia di spingere qua e là sto venendo di nuovo…

Ancora, ma possibile che tu venga sempre? Perché a te piace e a me no?

Beh, la cosa fisica può essere piacevole, ma il resto non è proprio il massimo.

Insomma, alla fine della fiera provammo 5 o 6 volte, non ricordo. Ed ogni volta era la stessa storia. Non riuscimmo nei nostri tentativi ad arrivare a nulla.

Una volta decidemmo di smettere prima che io raggiungessi l’orgasmo. Ma ero molto, forse troppo eccitato, e sentivo una tensione strana, dolorosa ai testicoli. Glielo confidai.

Poverino, ti sei tutto eccitato e non ti sei sfogato! Scusa, potremmo provare così, fammi vedere…

Mi accarezzò con le sue dolci manine proprio lì, carezze dolci, lente all’inizio e poi sempre più veloci… Fu la cosa più bella ed eccitante che feci mai con C., ancora oggi a ripensarci mi vengono i brividi. Lo so, mi accontento di poco. Ma era bello sapere che lei stava facendo tutto quello solo per me, solo per vedermi godere, o forse solo per giocare, non lo so.

Fu l’apice dei nostri esperimenti sessuali.

 
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Capitolo 11 – Missionario a chi?

Post n°17 pubblicato il 21 Luglio 2006 da JackAnto
 

- Pausa -

Due riflessioni sulla posizione del missionario, che sinceramente non sopporto.

Perché è classica? Ma lo sapete perché si chiama così?

Pare che le popolazioni del nuovo mondo amassero molto fare sesso, ma tanto tanto. E anche che fossero molto fantasiosi nelle cose da fare, la sperimentazione per loro era all’ordine del giorno e si divertissero come mandrilli.

Quale scempio agli occhi degli invasori provenienti dal vecchio mondo! Quale peccaminosa voluttà! Nel civilizzare i selvaggi abitanti delle americhe, quindi, i missionari che portavano la vera fede imposero anche un nuovo costume sessuale. Niente più fantasie, niente più divertimento, solo dovere (Non fo’ questo per piacer mio, ma per i figli che vuol Dio…). Ed insegnarono loro quale fosse la “vera” posizione dell’amore, quella uomo sopra e donna sotto. Secondo le credenze di allora questa era la posizione che aveva la maggior probabilità di portare ad una fecondazione. E quindi la posizione del dovere coniugale.

Sinceramente, la mia personalissima opinione è che seguendo il processo evolutivo quella sia anche la posizione più scomoda. Quella più “naturale” potrebbe essere una cosa tipo la “pecorina”, donna carponi e uomo dietro. Ma sono mie supposizioni. Sicuramente non quella del missionario, proposta per motivi tutt’altro che “naturali” e di semplicità.

Ora possiamo tornare al nostro racconto.

 
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E quando mai?

Post n°16 pubblicato il 20 Luglio 2006 da JackAnto
 

E' stato bellissimo, non mi era mai successo...
Mi hai fatto godere solo strizzandomi le tette!

E quando mai hai goduto?

Stronzo!

 
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Capitolo 10 – L’amore

Post n°15 pubblicato il 20 Luglio 2006 da JackAnto
 

Un giorno mi disse che voleva fare l’amore. Meglio, non disse proprio questo. Voleva vedere se avrebbe provato qualcosa in un rapporto normale. Niente lingua, carezze o cose del genere, il sesso andava vissuto fino in fondo e lì avrebbe svelato tutta la sua verità. Dato che una donna è fatta per essere penetrata, solo in quell’atto avrebbe provato piacere. Magie dell’amore!

Mi spiegò che aveva letto su una delle sue riviste che esistono due tipi di orgasmi: quello clitorideo, e quello vaginale. Che alcune donne potevano provarli entrambi, altre solo uno dei due. E lei era certa di essere tra quelle che lo provava solo vaginale.

Vabbuò, proviamo. Però non sapevo se ero pronto. Mica si fanno a comando, certe cose!

Tra il dire ed il fare, però tutti sanno che, c’è di mezzo il mare.

E mille questioni pratiche. Dovremmo usare il preservativo? Non le prime volte, perché pare renda più difficile la penetrazione. Ah, sì? Mi fido.

E come facciamo ad essere certi di non incappare in una gravidanza imprevista? Semplice, quando senti che stai per venire esci. A beh, sembra facile.

E se vengo subito? Ma che uomo sei, trattieniti almeno un attimo.

Sì, ma non sono sicuro, almeno le prime volte come faccio? Senti non rompere e proviamo.

Ma che posizione dovremmo tenere? Quella classica, del missionario, la più semplice, no?

Ma non è quella dove è più facile che l’uomo perda il controllo? Senti, vedi la risposta sopra e non rompere.

 
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Capitolo 9 – La doccia

Post n°14 pubblicato il 17 Luglio 2006 da JackAnto
 

Un giorno capitò che fossimo soli, a casa sua. I suoi erano via e non sarebbero rientrati. Avevamo voglia di qualcosa di intimo e malizioso, qualcosa di nuovo. Era estate, c’era caldo. Sembrava naturale una doccia… insieme.

Ricordo lo spogliarsi, lentamente. Un indumento alla volta. I baci, le carezze. Era tutto molto dolce e romantico.

Arrivati in bagno scoprii che lei non aveva la doccia. Ma due innamorati non si formalizzano su questi dettagli, e ci arrangiammo con quello che c’era. E non c’era. Soprattutto non c’era lo spazio, nella sua vasca stretta e scivolosa.

Alla fine fu più divertente e rinfrescante che altro, ma a me era piaciuto ugualmente. Tanto poteva esserci il dopo, no? La portai sul suo letto a una piazza e mezzo e iniziai a baciarla. Non ricordo se era la prima volta che ci trovavamo entrambi così nudi, ma mi piaceva questa sensazione di libertà dai parenti scomodi, dai vestiti, da quello che c’era stato fino a quel momento. Mi piaceva il suo corpo morbido, il suo seno generoso, il suo sedere tutto da mordere. E nel baciarla osai fin dove mai avevo fino ad allora. Non avevo tanto da offrirle, quando da imparare e sperimentare. Sperimentare a baciarla dove le cosce si incontrano, a sentire quel sapore nuovo e dolce, forse. La dolcezza veniva dalla situazione, dal voler stare bene insieme. Scorrevo in su e in giù con la lingua curiosa, in dentro e in fuori. Morsetti dolci, carezze tenere. Lei era lì, ferma, che prendeva tutte le mie coccole.

Troppo ferma. Dopo una buona mezzora la scruto e lei è lì a guardare l’orologio. Ma come, non ti piace. No, non sento nulla. Ma perché non me l’hai detto prima? Sembrava piacerti così tanto e ti ho lasciato fare.

Nulla, non un fremito, non un sospiro. Non aveva sentito proprio nulla. Ma ero io che… ne ero quasi certo, era lei ad essere frigida.

Ne parlammo, mi confidò che non aveva mai provato nulla. Leggeva sulle riviste, quelle femminili e un po’ piccanti, che accarezzandosi avrebbe dovuto sentire qualcosa di piacevole. Nulla. No, con le amiche non aveva osato parlarne. Non aveva sentito nulla nemmeno quel giorno. Non avrebbe mai sentito nulla nemmeno dopo, qualsiasi cosa facessimo.

Ma a me in quel momento importava poco. Bastavamo noi, il nostro amore, la nostra curiosità. E chissà che un domani, forse, lasciandoci andare ancora un po’, non saremmo riusciti a superare anche questa difficoltà.

Se lo fece, non fu con me.

 
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Capitolo 8 – Massaggi

Post n°13 pubblicato il 14 Luglio 2006 da JackAnto
 

Di una cosa sono certo ora come allora. L’affettività e la sessualità sono un lento processo di conoscenza, progressiva intimità e affiatamento.

Lentamente impari a convivere con due corpi nuovi: il tuo ed il suo. E con il loro stare insieme. Impari le tue reazioni, ti rendi conto di come un po’ alla volta diventi naturale un abbraccio, un tenersi la mano, uno sguardo. La consistenza dei corpi si adegua alla sensibilità del tatto, e viceversa. I baci cambiano nel tempo, le carezze sono sempre più delicate, e sempre meno delicate. Mese dopo mese ogni cosa cambia, ed è sempre nuova.

Lentamente imparammo a conoscere i nostri corpi sempre più nudi, a capire come era fatta una donna (io) ed un uomo (lei). A riconoscere i punti più sensibili, quelli più piacevoli, quelli meno.

Ricordo sessioni lunghe di massaggi. Lei coricata supina, io seduto sul suo sedere a massaggiarle la schiena. A volte col borotalco, a volte con creme, a volte senza nulla. A lei piaceva da morire. Io mi massacravo le mani e le braccia. Ma a lei piaceva così tanto.

Ma questo senso di intimità che cresceva, giorno dopo giorno, piaceva tantissimo anche a me. Lei era la prima, e pensavo anche l’unica, che conoscevo così. E che mi conosceva e mi accettava, così come ero. Sembrava una favola.

Ora che è tutto finito mi chiedo come potesse essere, ma è facile ritornarci col senno di poi.

E i mesi, gli anni passavano.

 
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Capitolo 7 – Self-made woman?

Post n°12 pubblicato il 13 Luglio 2006 da JackAnto
 

C. era, quantomeno, una ragazza curiosa. Con calma, senza fretta, ma curiosa. Un giorno volle che le spiegassi il significato della parola “masturbazione”, ma non riusciva a capirlo. Mi ci volle tutta la mia fantasia per spiegarglielo. E scoprire che non aveva mai praticato. Certo, la mia conoscenza dell’universo femminile era parecchio limitata, e poteva essere normale che una ragazza potesse masturbarsi come no. Le ragazze mica hanno certi impulsi, no? Almeno non tutte.

Per me era un concetto molto più comune. Non se ne parlava, quasi mai, tra di noi maschietti. Ma era sottointeso che tutti lo facessero. Chi più, chi meno. E quelle pochissime volte era per informazioni veramente inutili, oltre che assurde. Ricordo in particolare che c’era un ragazzo che si vantava di farlo 6 volte al giorno, e che si allenava perché voleva raggiungere le 8. Un atleta, degno della partecipazione alle olimpiadi.

Ma c’era anche quello che aveva le erezioni dolorose, e non poteva proprio provarci. Immaginatevi le sue possibilità di approccio con le ragazze. Visitato da parecchi medici non riuscì mai a risolvere il suo problema. Sono anni che non lo sento, ma spero sia riuscito a farci qualcosa.

 
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Capitolo 6 – Aspettative di una vita

Post n°11 pubblicato il 12 Luglio 2006 da JackAnto
 

Ma quali erano i miei sogni giovanili? Cioè, da ragazzo pensando alla mia vita adulta, cosa mi immaginavo? Cosa volevo realizzare? Sempre nell’ottica dello sviluppo della mia affettività, si intende.

Come ogni ragazzo che immagina il suo futuro “da grande” volevo tutto, il massimo. Immaginavo una donna bella e attraente, all’apparenza composta e semplice, nell’intimità infuocata e desiderosa di esperienze nuove, da vivere rigorosamente insieme. Immaginavo di desiderare e essere desiderato. Immaginavo di tornare a casa dal lavoro ed essere assalito da una furia scatenata che non si sarebbe calmata fino a quando non sarei stato sfinito, chiedendole, supplicandole di poter riprendere fiato.

Immaginavo un rapporto sereno, coinvolgente. Sincerità, comprensione, fiducia, nessuna condizione se non noi due.

Immaginavo di poter con lei seguire le mie fantasie del momento, assecondare le sue.

Immaginavo di ridere mentre imbarazzati scoprivamo qualcosa di nuovo, insuccessi e imprevisti.

Immaginavo complicità, sguardi infuocati quando non si poteva.

Immaginavo di non porre limiti alla nostra curiosità. Di non avere segreti, di poterci confrontare su tutto. Di essere liberi di dire: “Questo l’abbiamo provato e non ci piace, questo sì, rifacciamolo. Subito.”.

Figli, abbracci, coccole. Tutto molto tenero, tutto molto semplice, tutto molto naturale, tutto molto ardito.

È con tristezza che oggi posso dire di avere avuto ben poco di tutto questo.

 
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Capitolo 5 – Il primo bacio

Post n°10 pubblicato il 11 Luglio 2006 da JackAnto
 

Avevo 18 anni. Il primo bacio. Lo devo a lei. Anche quello arrivò un po’ alla volta. Eravamo in vacanza, con gli amici. Ci consideravamo assieme da qualche giorno. Già allora tra qualche problema. Io non ne capivo le motivazioni, ma lei voleva pensarci, non si sentiva pronta, forse aveva bisogno di riflettere. Per me era tutto chiaro: mi piaci, ti piaccio, stiamo assieme! Se poi non va bene ci lasceremo. Su cosa bisognava pensare? Profondità a me sconosciute… La vacanza finiva, bisognava tornare alle nostre comuni occupazioni, bisognava salutarci. In un posto appartato, seduti uno accanto all’altra. Le nostre bocche in silenzio si avvicinarono. Lo ricordo come una delle cose più magiche che abbia mai vissuto. Improvvisamente sentii un calore forte dietro alla nuca che mi stringeva, non capivo cosa fosse, ma mi sentivo felice.

La sua lingua entrò prepotentemente e ad un ritmo sconvolgente si strusciava con la mia. Immaginavo qualcosa di più dolce, ma io avevo solo da imparare dalla vita! E non avevo mai baciato nessuna prima.

Poi mi raccontò che in realtà per lei era la seconda volta. Che tutto quello che sapeva le era stato insegnato da un ragazzo che aveva conosciuto al mare l’anno prima. Che non era successo altro. Ma quella lingua era troppo rigida, e avrei dovuto capirlo prima che qualcosa non sarebbe andato.

 
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Capitolo 4 – Il trasferimento

Post n°9 pubblicato il 29 Giugno 2006 da JackAnto
 

Ma di sesso? Quando si parla?

Direi che ne ho parlato fino ad adesso. Ma voi che volete: l’atto sessuale? Un po’ di porno? Descrizioni crude? Non ho in programma nulla di tutto ciò, almeno per il momento. Il mio approccio al sesso è molto più tenero, diciamo graduale. Fino ad oggi.

Domani è un altro giorno.

Andiamo per gradi.

V.C fu una parentesi, dovuta probabilmente al fatto che non faceva parte del mio mondo, ne era al di fuori. E forse fuori potevo essere davvero migliore di come apparivo nel mio humus. Prova ne fu anche la seconda delle mie “conquiste”.

Fu traumatico quando i miei decisero di tornare in città. Avevo quasi 18 anni, ed ero riuscito a trovare un mio equilibrio, nel quale mi trovavo abbastanza bene. Pur senza amici del cuore, né ragazze all’orizzonte, ero soddisfatto di quello che ero riuscito ad ottenere in quegli anni. Studiavo, mi dedicavo ad attività di volontariato, alle mie passioni: la musica ed il computer. Tutto mi riusciva direi più che bene. Imparai anche a strimpellare una chitarra, che mi venne munificamente prestata da un vicino di casa. Cosa volevo di più?

Conobbi C. a 18 anni. Era più grande di me. Io mi ero appena trasferito e non conoscevo nessuno del luogo. Anzi, no. Conoscevo un ragazzo, un compagno di classe, che ci presentò. E mi propose di andare in vacanza con lui ed i suoi amici. La vedevo inarrivabile, con le sue esperienze, le sue amicizie, la sua profondità. Io ero un semplice campagnolo, lei una raffinata cittadina. Io non sapevo parlare di me, lei conosceva e descriveva il suo animo. Io imbranato, lei spigliata.

La nostra storia durò 4 anni. Non ricordo tanto di quel periodo. Ero come annebbiato. Guardando indietro oggi vedo come un “buco” nello scorrere del tempo. Chissà perché.

 
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Capitolo 3 – Angelo

Post n°8 pubblicato il 29 Giugno 2006 da JackAnto
 

Basta tristezze. E iniziamo la vita da “sfigato”! La mia prima ragazza? Chiamiamola V.C, e basta. Basta, per il rispetto che ho sempre avuto per lei, per l’amore (sarà vero?) che le ho sempre donato, per quelle decine di lettere che le ho scritto e mai spedite, per il suo sorriso che spero di ritrovare forse un giorno, quando il giorno non sarà più.

Allora non pensavo a lei come alla mia ragazza. Forse, se così fosse stato, oggi sarebbe tutto molto diverso. Era una ragazza che mi piaceva, molto. Era molto più giovane di me. Io avevo 16 anni, ero alto come ora, mi sentivo grande. Lei non aveva ancora compiuto i 13 anni, la sentivo bambina. E soprattutto, ricordo, la rispettavo. La andavo a prendere sotto casa, le rare volte in cui i suoi la facevano uscire, e tenendole la mano facevamo lunghe passeggiate, mai da soli, a volte in silenzio, a volte parlando del più e del meno. A volte stavamo semplicemente tra amici. Per il suo compleanno le regalai una collanina, comprata con tutti i miei risparmi. E le diedi un bacio, sulla fronte. Non ha mai assaggiato le sue labbra. Forse è per questo che non la consideravo la mia ragazza.

Il nostro problema erano le distanze. Abitavamo in paesi diversi. Ci conoscemmo perché un’estate andai a trovare dei parenti dove lei abitava, per qualche settimana. Non esistevano cellulari, non avevo il telefono in casa, non possedevo moto. Una sola volta riuscii a farmi prestare una bicicletta da corsa e l’andai a trovare. Un giorno tra andata e ritorno. Ed il ritorno tra i crampi.

Le lettere che le scrivevo non sono mai state spedite.

Rimase il mio sogno per sempre.

La donna angelicata. Oggi un angelo.

 
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Capitolo 2 – Inadeguato?

Post n°7 pubblicato il 28 Giugno 2006 da JackAnto
 

Ero solo da tutti i punti di vista.

Non ho mai avuto un amico del cuore. Né un’amica.

Quando ero ancora molto piccolo i miei si trasferirono fuori città, in una casa di campagna quasi isolata. Per un bambino piccolo anche affrontare quei 500 metri che ci separavano dal più vicino centro abitato erano un oceano pericoloso. E ancora, dopo quelli, una strada ad alta densità di traffico. E quel centro abitato era in realtà un piccolissimo paesello con non più di un centinaio di abitanti, tutti anziani. Ero isolato dal mondo. Ma ad un bimbo piccolo poco importa. Crescevo solo, coi miei giochi, col timore e l’ignoranza di quello che mi avrebbe potuto aspettare fuori.

La scuola non mi aiutò. Con la freddezza e la spietatezza di cui solo i bambini sono capaci, ero considerato quello “fuori”, non ero nato lì, i miei genitori non erano di lì, ero un cittadino trapiantato. Questo il mio grosso difetto. E vivevo fuori dal paesello. Sempre sono stato quello che veniva da fuori, che non conosceva nessuno prima di allora. Dalle elementari all’università. Il montanaro, quello che vive fuori dal mondo, quello che se non ci rompi troppo i coglioni possiamo anche rivolgerti la parola.

Ed io mi sentivo sempre inadeguato. E pensavo che nel mio piccolo mondo, dentro di me, potevo essere bello. Ma fuori non ne valeva la pena. Faticare per piacere, spendere soldi per piacere, avere lo zainetto trendy per piacere. No, non era per me. Ed ero sempre più solo.

 
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Capitolo 1 - Perché scegliere me?

Post n°6 pubblicato il 27 Giugno 2006 da JackAnto
 

La prima domanda che mi sono posto è stata: da dove iniziare? Da bambino, quando non ricordo nemmeno di avere avuto un “pisellino”? Da pre-adolescente, coi i giochi “strani” con mia sorella, che ci chiedevamo “Ma perché questa curiosità”? Da adolescente, con la scoperta della prima acerba sessualità, tutta da tenere nascosta tra me e me, come cosa sporca? Le prime cotte, i primi amori non corrisposti?

Forse è meglio iniziare dalla mia insicurezza, la mia certezza di non piacere, di essere poco attraente.

Perché una ragazza avrebbe dovuto scegliere me? Perché le avrei voluto bene davvero, non mi sarei preso gioco di lei. È strano a pensarci ora, puntavo sulla serietà del rapporto, a tredici anni! Ma chi è quella ragazza che a tredici anni vuole un ragazzo serio? I belli e dannati, quelli sì che sono sempre piaciuti. Possibilmente se vanno male a scuola, hanno la moto, hanno regolarmente bisogno di qualche anima gentile che si prenda cura di loro e li riaccompagni a casa dopo l’ennesima sbronza, li sorregga quando vomitano, li aiuti a copiare il compito.

No, io non ero così. Mi concentravo su quanto avevo dentro, disprezzando il mio apparire. Barba lunga e incolta, capello lungo e spettinato. Voti eccellenti a scuola. Chi mi voleva doveva venirmi a cercare nel mio profondo. E così non facevo altro che allontanarmi ancora un po’, e rendevo la vita più difficile a tutti, e a tutte. Sarei dovuto essere esemplare dentro, brutto fuori. Non era l’esteriorità ad interessarmi.

Ma a tredici anni, qual’è la ragazza che gli frega qualcosa di tutto ciò?

Ho iniziato crescendo da solo.

 
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Premessa

Post n°5 pubblicato il 23 Giugno 2006 da JackAnto
 

Perché scrivere qui su un blog di questa piccola storia inutile?

Perché sono in difficoltà. Perché dei problemi quotidiani riguardanti la propria sessualità non si riesce a parlare con gli amici, con i colleghi, a volte nemmeno con la propria moglie.

Ma allora i dubbi ed i pensieri restano dentro, e lievitano giorno dopo giorno, fino a intaccare il proprio carattere, le proprie inclinazioni, le proprie passioni.

Perché i problemi non devono stare dentro, ma hanno bisogno di una valvola di sfogo.

Perché ho la speranza nascosta di riuscire a trovare il modo di confrontarmi con qualcun altro, per capire quanto sono solo in questa situazione, o quanto sia una situazione comune. Se non se ne parla mai, nessuno, non si può capire se sono strano io o se “mal comune mezzo gaudio”.

Perché i miei desideri e le mie speranze giovanili sono state violentate in questi anni, ed io ho creduto di essere morto alla mia sessualità.

 
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Troppo rumore

Post n°4 pubblicato il 13 Giugno 2006 da JackAnto
 

Hai un sedere che parla.

E questa notte non riesco a dormire con tutte quelle chiacchiere.

Si può farci un giro?

 
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Riordinare

Post n°3 pubblicato il 06 Giugno 2006 da JackAnto
 

"Mi sono stancata: ora ti sposto le ciabatte da qualche altra parte"

"Con quelle tette le puoi mettere dove vuoi"

"Le butto via"

 
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Critiche

Post n°2 pubblicato il 01 Giugno 2006 da JackAnto
 

“Sì, ma questo è erotismo del cazzo!”

“Sputaci sopra!”

 
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Regali

Post n°1 pubblicato il 31 Maggio 2006 da JackAnto
 

Tra i regali non ho potuto scegliere quello che davvero avrei voluto... lì... proprio lì...

 
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