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Japan - Gentlemen Take Polaroids (1980)

Post n°310 pubblicato il 07 Gennaio 2007 da newromanticvisage
 
Tag: Japan
Foto di newromanticvisage


Il decennio che vide, tra l’altro, i miei natali iniziò musicalmente con un capolavoro new wave: in particolare “Gentlemen Take Polaroids” è stato il prodotto migliore e soprattutto più genuino del filone New Romantic, di cui tanto ho subito il fascino.
Una serie di personalità musicali ben distinte riesce a fondersi e ricreare un sound unico; l’immaginario punto di partenza, tanto per cambiare, è ciò che Bowie con forza e veemenza esprime nella sua magica trilogia berlinese.

Qui il tutto avviene sotto una forma completamente diversa; il tastierista Richard Barbieri produce suoni eterei con richiami esotici, continuamente in bilico tra ascetismo zen e ossessione; il geniale bassista Mick Karn sforna eleganti e ricercate linee di basso funky, e le percussioni ossessive di Steve Jansen (vero cognome Butt) rendono il tutto più cupo e sinistro. A ciò basta aggiungere il cantato in crooning di David Sylvian (fratello del batterista Jansen, anche lui opta per un cognome d’arte), figura dotata di innato carisma e che s’ispira principalmente a David Bowie nel cantato e a Brian Ferry dei Roxy Music nell’immagine, risultando la figura più vicina alla perfezione di dandy decadente. Inevitabilmente le chitarre restano in secondo piano, ma il prodotto finale sarà comunque un’incredibile sperimentazione d’avanguardia, pur partendo la ricerca da solchi musicalmente già in parte tracciati da artisti del calibro di Bowie, Peter Gabriel e Brian Eno.  

L’album inizia con la title-track, elegante e “maledetta” pop-song della durata di 7 minuti; “Gentlemen Take Polaroids” è un brano intriso del decadentismo tipicamente new-wave; qui il cantato cupo di Sylvian appare a tratti quasi claustrofobico.
Il secondo brano, “Swing”, mette in ulteriore evidenza l’abilità e la sensibilità artistica di Barbieri e Karn; l’elemento funky viene stemperato da splendide sonorità con fortissimi richiami all’esotico e al Sol Levante, ma con un efficace tocco minimal.
”Burning Bridges” è un capolavoro strumentale, sulla falsariga dei migliori brani strumentali che hanno costituito i “side B” di “Low” e “Heroes” di Bowie. Ad impreziosire il tutto, ponendo il brano in bilico tra atmosfere drammatiche e ambient, c’è il suono del sassofono suonato da Karn e un breve parlato conclusivo di Sylvian.
”The Experience of Swimming”, invece, potrebbe benissimo essere aggiunta tra i brani che aprono il capolavoro “Trans-Europe Express” dei Kraftwerk; stessa tensione ipnotica, magari sinistra al primo impatto, ma che poi sfocia in atmosfere morbide che sembrano cullarci mentre galleggiamo immersi in acque accoglienti e calmissime. 
La tensione che ha accomunato un po’ tutti i brani precedenti si scioglie all’improvviso con “My New Career”; un acrobatico giro di basso funky, l’elegante voce di Sylvian e sapienti interventi di violini e sax contribuiscono a creare quell’atmosfera patinata tipica del filone New Romantic, e sono l’emblema di un manierismo forse mai espresso così chiaramente. Sulla stessa linea è anche “Methods Of Dance”, elegantissima ballata forse un po’ meno propriamente neoromantica, con una base sintetizzata “liquida”, gli ormai soliti giro di basso funk e sax, con l’aggiunta di eleganti cori femminili e delle percussioni di Jansen che stavolta giocano tra ritmi esotici e tribali. Questo brano non fa altro che confermare l’impressione già avuta con l’ascolto precedente; a confronto i brani di quel periodo creati da bands sempre ammiccanti al duo ideale Bowie-Roxy Music (una per tutte, gli ABC) sono appena poco più che spazzatura. “Ain’t That Peculiar” è la cover di un brano di Marvin Gaye reinterpretata con fantasia tramite i canoni musicali della band; il risultato non è negativo, ma è meglio passare al capolavoro che segue.
”Nightporter” è forse il brano migliore mai realizzato dai Japan; la voce toccante di Sylvian, in una delle sue migliori interpretazioni, e un semplice pianoforte a rievocare paesaggi mitteleuropei, accompagnato da campionamenti quasi impercettibili e con un arrangiamento orchestrale nel finale che rende il tutto ancor più pieno di malinconia e inquietudine…è una gemma.
“The Width Of a Room” è un altro brano strumentale e ipnotico che si ricollega direttamente a “The Experience of Swimming” (vedi sopra) e alle migliori esperienze kraftwerkiane.
L’album si conclude infine con “Taking Islands in Africa” elegantissimo brano realizzato con la collaborazione del maestro Ryuichi Sakamoto, il musicista più noto proveniente dall’Oriente, già deus ex machina della “Yellow Magic Orchestra”.
Il brano scioglie definitivamente la tensione precedente e scorre con sperimentazione e orecchiabilità che si muovono di pari passo.

Purtroppo poco dopo questo capolavoro glam i Japan si sciolsero, anche se chiaramente musicisti di quel talento non sarebbero rimasti di certo inattivi per molto tempo. In particolar modo le due “menti” del gruppo, il tastierista Richard Barbieri e il cantante David Sylvian, hanno prodotto e ancora producono musica di qualità, anche se quasi inevitabilmente, abbastanza lontani dalle vette delle classifiche. Ora il primo fa parte del gruppo dei Porcupine Tree, mentre David Sylvian ha continuato da solista e ha poi collaborato molto con Ryuichi Sakamoto, regalando ancora perle e grandi emozioni.

http://www.youtube.com/watch?v=EU6iIBHGFB0



 

 

 

 

 

 
 
 
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