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LE LEGGI AD FROCIONAM SI NASCONDONO DIETRO A UN... DICO!

Post n°390 pubblicato il 12 Febbraio 2007 da hotcigar
Foto di hotcigar

Con una mossa tanto clericale che italianesca, le ministre-minestre Pollastini e Bindi hanno partorito un disegno di legge raffazzonato che - come spesso accade in questo sciagurato Paese - farà infiniti più danni dell'assenza di una regolamentazione.

E' lampante, innanzitutto che - dopo le leggi ad personam del governo Berlusconi - ci troviamo davanti, questa volta, ad una legge ad frocionam. Ovvero creata su misura per la comunità gay. Per dare loro quel "similmatrimonio" ufficialmente negato, ma di fatto concesso se questo sciagurato provvedimento passerà la prova parlamentare.

"Clericale" e "italianesco" (crasi tra italiano e canagliesco) soprattutto nella faccia di tolla con cui le due ministre lo hanno presentato. La Chiesa tuona contro i Pacs? E loro lo hanno chiamato Dico. Cambia il nome, ma la sostanza è la stessa. E per dimostrare che non è un matrimonio di serie B, hanno previsto che in conviventi possano recarsi all'anagrafe anche separatamente.

Il resto è tutto un florilegio di cose in parte già previste, con le uniche novità del diritto di successione e del diritto agli alimenti. Ma di questo vorrei parlare più avanti, perché la cosa merita un ragionamento a parte.

Leggo con una certa sorpresa che i gay non sono soddisfatti: volevano di più. Più di così? Cosa diavolo volevano ancora? Il prete e la messa cantata con lo scambio degli anelli?

E su queste pretese bizzarre forse - se Dio vorrà - cascherà l'asino (e il DDL) in Parlamento. La lobby gaya presenterà tali e tanti di quegli emendamenti... "migliorativi"... che possiamo tranquillamente sperare che gli altri  parlamentari, quelli rimasti con un briciolo di buon senso, decidano di bocciare tutta l'operazione.

Ma se il matrimonio gay può essere all'orizzonte, la cosa ancor più "clericale" e "italianesca" di questa legge risiede nel fatto che, contrariamente a quanto sostiene la Chiesa, essa non dà una spallata alla famiglia. Al contrario: dà un colpo mortale alle convivenze more uxorio.

Forse per dare un contentino al Vaticano e fargli digerire meglio il rospaccio del similmatrimonio al sapore di finocchio.

E la polpetta avvelenata risiede nel fatto che, basta che uno dei due conviventi dia comunicazione all'anagrafe e lo comunichi all'altro con lettera raccomandata, che scattano automaticamente (e retroattivi!!!!) tutti i diritti e i benefici.

Fin qui, nulla di che, direte voi. Io stesso ho scritto in un mio precedente post che alcuni di quei diritti sono giusti e condivisibili. E lo confermo.

Però ci sono quei due articoletti al curaro, in grado di creare complicazioni tali da far recedere buona parte delle coppie di fatto dall'idea di convivere. O, almeno, alcuni componenti delle medesime.

Perché dunque si va a convivere? Non certo perché si è contro il matrimonio ecclesiastico, visto che esiste quello civile. O si è contro l'Istituto del Matrimonio in sé e per sé o perché si desidera avere un rapporto più snello, libero da lacci e lacciuoli. Spesso si convive "per prova", perché ci si innamora ma non si è sicuri di aver trovato l'anima gemella e - quando lo si è accertato - solitamente, qualche anno dopo, ci si sposa.

Ma il concetto fondamentale delle libere convivenze, almeno allo stato attuale, è "se la va, va. Altrimenti amici come prima".

La mazzata dell'infausto DDL Pollastrini-Bindi fa piazza pulita proprio di questo sacrosanto principio!

Quanto può durare in media una relazione? Personalmente ho sperimentato - e questo è stato poi suffragato da studi di settore - che la durata media è di 2-4 anni. Bene, se questa sciaguratissima legge verrà approvata senza modifiche in meglio, sarà estremamente più opportuno che la durata scenda ad un massimo di 2 anni e 364 giorni. Perché se una coppia di fatto - come succede sovente - "scoppia" dopo il terzo anno, uno dei due si troverà a pagare gli alimenti all'altro!

Questo già basta per far dire a molti: "tu in casa mia non entri nemmeno per una cenetta veloce". O, come dice un mio amico fiorentino, con l'arguzia e la sagacia tipica dei toscani: "E si tromba, ma sul pianerottolo!"

Altra sciagura è l'articolo 11, quello che prevede al partner di accedere ad un terzo dell'eredità dopo nove anni di convivenza.

Questa, a mio avviso, è la porcata più grossa, perché lede diritti naturali dei figli, che dovrebbero essere intangibili. E la cosa ancora più oscena - permettetemi di dirlo - è il fatto che il terzo sia riconosciuto in caso di un solo figlio, mentre da due o più figli, diventa un quarto.

Meno male che le famiglie sono sempre meno numerose, perché se morisse in regime di Dico il padre o la madre di dieci figli, il suo partner (magari pure omosessuale!) si intascherebbe la fetta più grossa e agli eredi "veri", ai VERI aventi diritto, resterebbero solo le briciole.

E con queste belle novità in arrivo, pensate che qualsiasi individuo sano di mente penserebbe ancora ad inziare una convivenza? Complicazioni per complicazioni - finocchi a parte - tanto vale sposarsi!

 
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