Creato da sciffo il 27/09/2005

noeasywayout

Quelli che sognano di giorno sono consapevoli di tante cose che sfuggono a quelli che sognano solo di notte. (Edgar A. Poe)

 

 

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DI CAMPAGNA E STRANI INCONTRI

Post n°705 pubblicato il 21 Novembre 2014 da sciffo

 

Outside in the cold distance
A wild cat did growl


Per i miei primi 35 anni, ho sempre vissuto in città. 

Fatta eccezione per una piccola parentesi di qualche mese, a Parma dove mi trovavo per lavoro, e un collega mi aveva affittato la dependance della sua casa alle pendici delle colline. 
Una limpida sera di primavera, di ritorno da un allenamento, spenta la radio e uscito dall'abitacolo asettico dell'auto, mi ritrovai inaspettatamente sotto una volta di stelle da togliere il fiato, circondato dal canto di grilli e rane. 
Pensai che, un giorno, avrei voluto una casa mia con una sedia comoda, dove sedermi in giardino ad ascoltare quella stessa musica, magari dopo una birra e una costata cotta sul barbecue. 

Passò qualche tempo finchè, nel 2001, la mia vita prese una di quelle tipiche direzioni impreviste. E così mi sono ritrovato a vivere in campagna, in una frazioncina con un centinaio di abitanti circondata dai campi.

All'inizio, ricordo, era una sensazione strana, per certi versi inquietante.
La mia prima notte nella nuova casa, riuscii a dormire ben poco. Tutto quel silenzio.
Era piena estate, il caldo ci costringeva a tenere le finestre aperte, e fuori sembrava che il mondo fosse finito, e animali feroci e affamati potessero assalirci da un momento all'altro.

Ma poi mi sono abituato in fretta, e oggi farei fatica a tornare indietro, anche se forse, prima o poi, sarò costretto a farlo.

Amo il vento che annuncia primavera, sedermi sotto i tre pioppi giganteschi vicino alla casa abbandonata, la musica di un milione di foglie appena nate che vibrano di vita. E le nuvole d'ovatta che passano correndo, dirette chissà dove. 

Amo le sere d'estate, nell'ora della luce d'oro, sull'orlo del tramonto, che accende il verde del grano ancora acerbo. Porto Wally a passeggio, e me ne sto lì a guardare i campi, compatti e regolari come il tappeto di un titano, nel silenzio che addolcisce il calore della terra secca.

Amo l'arrivo dell'autunno, quando il sole del mattino scaccia via la nebbia, e ogni zolla fuma come lava di vulcano, ogni filo d'erba risplende di un suo privato arcobaleno. Senti l'aria che pian piano si riscalda, con un ultimo brivido, e il bofonchio di un trattore che lavora senza fretta.

Amo l'inverno quando i campi sono una distesa di bianco intatto, solo le tracce di Wally che corre ubriaco di gioia e si tuffa nei fossi pieni di neve come fossero cuscini. Se c'è il sole, gli occhi spaziano dal profilo dell'Abetone a quello delle Prealpi. In mezzo mille campanili, il fumo dei camini e l'odore della legna umida.

E poi capitano cose strane.

So che non mi crederete, anche moglie e figli mi han guardato con sorrisi di compatimento, enunciando vaghe teorie socio-scientifiche.
Ma è successo.

Mezzogiorno di maggio, porto il cane a fare una corsa nella tenuta del conte. E' un posto meraviglioso, campi verdi senza fine con un castagno alto venti metri, che si erge nelle pianura come un vecchio guardiano.
In quindici anni non ho mai visto nessuno da queste parti, se non anonime e mostruose macchine agricole per i pochi giorni della trebbiatura, e poi per l'aratura e la semina. 
Solo una volta ho incontrato il proprietario, che girava in Mercedes ML per i sentieri a bordo dei campi: gli ho chiesto il permesso di portare Wally a passeggiare, mi ha fatto i complimenti per il cane ed è sparito.
Per il resto, non c'è mai anima viva.
Appunto...

Entriamo per la stradina che porta al grande fienile abbandonato, a fianco c'è una casa da mezzadro, diroccata e seminascosta da una jungla di alberi di fichi cresciuti senza controllo.

Giro l'angolo e, nello spiazzo tra la casa ed il fienile, c'è una vecchia vestita di nero e con il fazzolettone in testa, che parte in bicicletta senza voltarsi a guardarmi, diretta verso il nulla dei campi.
Un lieve alito, freddo e alieno, mi rinfresca il sangue nelle vene, e lo fa pure adesso mentre sto scrivendo.
Voglio puntualizzare che siamo nel 2014, a 3 km da una città industrializzata: l'ultima volta che ho visto una donna con abiti di quella foggia è stata quand'ero bambino, ed i miei genitori mi avevano portato a visitare un paesino dell'entroterra calabrese. 

La vecchia se ne va per lo stradello, curva dietro il fienile e la perdo di vista. Il tempo di riprendermi e di camminare fino al limitare dei fabbricati, forse trenta secondi, massimo un minuto, e i campi sterminati mi si presentano deserti. E si che, a parte il castagno di guardia, non ci sono altri alberi o alta vegetazione che possa impedire allo sguardo di spaziare liberamente. 

Io a certe cose non ho mai creduto.
Ma potete dire quel che volete: sarà stato anche mezzogiorno, ma quella era un cazzo di fantasma.  

 

 
 
 
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