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Quelli che sognano di giorno sono consapevoli di tante cose che sfuggono a quelli che sognano solo di notte. (Edgar A. Poe)
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Post n°690 pubblicato il 18 Ottobre 2012 da sciffo
Anche a scuola, se la maestra usciva dall'aula per qualche minuto, il capoclasse era tenuto a scrivere sulla lavagna, opportunamente divisa in due opposte e identiche sezioni, i nomi dei "buoni" e dei "cattivi". Poi, in qualche indefinito momento della teenage wasteland, ecco che il termine "buono" cadeva in totale disuso, sostituito da altri aggettivi qualitativi e qualificanti del comportamento sociale ottimale: "responsabile", "adulto", "furbo". Secondo il comune buonsenso, insomma, fino allo spartiacque dell'adolescenza dobbiamo cercare di essere buoni, ma poi, una volta raggiunta la diga, dobbiamo cercare di essere "furbi". In seguito, si presenta il secondo passaggio fondamentale in questa varianza valoriale, che coincide quasi sempre con l'ingresso nel mondo del lavoro, quando cioè nel tessuto sociale il "ragazzo-bruco" si trasforma finalmente in "adulto-farfalla". In coincidenza di questo nuovo step, ecco che il termine "buono" acquisisce un significato tutto nuovo, diventa cioè sinonimo di "coglione". La farfalla non può mostrarsi buona, perchè nel farlo si renderebbe vulnerabile verso il mondo esterno, e le altre farfalle, sue concorrenti verso il traguardo della vita prospera e felice, le salterebbero addosso strappandole le ali senza alcuna pietà. Solo molto più avanti nella vita, con la vecchaia, quando la gara per la vita sarà ormai conclusa, con l'ordine di arrivo convalidato dai giudici, si potrà - se le frustrazioni nel processo non ci avranno distrutto - tornare a dimostrarsi "buoni". Personalmente, non credo di rappresentare un'eccezione a queste regole sociali. Anch'io, per un periodo più o meno lungo, ho creduto di essere (relativamente) "furbo" e "figo". La storia non prosegue con una professione di apostolato, come se fossi stato fulminato sulla via di Damasco (anche se, per coincidenza, allora ero geograficamente molto vicino). Ecco, forse è proprio il perdono, il tessuto della bontà. |
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