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« Il cielo è di tuttiEternità »

Il mio eroe di ieri

Post n°447 pubblicato il 24 Maggio 2015 da noteinblu

Ieri ero in un'altra sezione, di un'altra scuola dell'infanzia.
La giornata era bella e il giardino disponibile, come sempre, ad accogliere i giochi all'aria aperta dei bambini.
Ruba-bandiera è un gioco che mi è sempre piaciuto da piccolo, ma a cui non ho mai giocato quanto avrei voluto. Forse questo scarto mi ha portato, un giorno, a levarlo alla sporta dei ricordi sommersi e a riproporlo ai bambini dell'infanzia.
Ieri l'ho nominato a voce alta in giardino e le adesioni sono state immedate.
Ho formato due squadre da sette elementi l'una, cercando di accoppiare bambini e bambine all'incirca della stessa corporatura. 
- "Numero... 1!" e due bambini, uno per squadra, scattavano per prendere il punto: un punto se tornavano salvi alla propria "casa", senza essere toccati dall'avversario, due punti se riuscivano ad arrivare nell'altra "casa".
C'era, tra questi, un bambino un po' in sovrappeso, che avevo fatto fatica ad accoppiare, mentalmente, ad un altro compagno.
I primi round li aveva regolarmente persi. Correva piano e male e non riuscivo a dargli una possibilità, anche se facevo un gran tifo per lui, dentro di me.
Il gioco di ruba-bandiera non si esaurisce nel prendere la bandiera prima dell'avversario. La strategia è determinante per portare a casa il punto.
Per prendere la bandiera ci si deve fermare e poi tornare indietro. Così facendo si dà all'avversario la possibilità di continuare la sua corsa ed è praticamente impossibile non venire toccati. Capire questo aspetto del gioco non è immediato, soprattutto per bambini di 5 anni.
Il mio eroe un po' in sovrappeso prendeva sempre, regolarmente, per primo la bandiera e ogni volta, regolarmente, non riusciva mai a portare a casa il punto. Ci teneva ma gli mancava la corsa. Dalla sua aveva soltanto la voglia di riuscire e l'attenzione necessaria per poter scattare appena avessi pronunciato il suo numero. Arrivava sempre per primo.
La sua squadra vinceva 7 a 6.
In uno degli ultimi round si era fatto male. Aveva perso l'equilibrio a causa del tocco del compagno, mentre cercava di guadagnare il punto, ancora una volta invano.
Non era nulla di grave, ma mi sembrava più ferito nell'orgoglio che nel corpo.
Gli ho detto "fermati un momento" e non ho richiamato il suo numero per i tre round successivi.
Poi è tornato per dirmi che stava bene ed ha ricominciato a giocare.
- "Numero... 6!"
Il mio eroe ha uno scatto bruciante, mi volto e mi accorgo che nell'altra squadra il suo avversario è ancora fermo, immobile, mentre i compagni gli ricordano che è il suo numero quello che il maestro ha chiamato. Scatta anche lui, ma con grave ritardo.
Il mio eroe conquista la bandiera come sempre, ma a questo giro l'altro numero 6 è molto indietro.
Il mio eroe ha già riacquistato la sua massima velocità, dopo lo stop necessario per fermarsi e tornare indietro con quel pezzo di stoffa tra le mani. L'avversario tende il braccio, stropiccia la mano verso la schiena così tante volte toccata in precedenza, ma ormai non può più nulla.
Il mio eroe ha tagliato quella linea immaginaria che regala il punto alla sua squadra. Lo vedo esultare come un calciatore, circondato dai compagni in festa per quel punto che per lui vale molto di più, che ha un altro significato.
Caduta e resurrezione, tutti in una decina di minuti.
Mi restituisce la bandiera.
Ora il risultato è di 8 a 6. L'altra squadra recupera e fissa il pareggio sull'8 a 8.
Mi attraversa il pensiero che nessuno ha ancora tentato il colpaccio dei due punti.
Ma è normale, sembra una cosa difficile, quasi impossibile prendere la bandiera e arrivare sani e salvi nella casa avversaria. Sono davvero pochi a prendere quella "strada che non va in nessun posto", ci vuole curiosità e tanto coraggio, a qualunque età.
- "Numero... 6!"
Lo scatto è bruciante ed è scontato, come qualcosa a cui non si fa ormai più caso.
La bandiera è presa ma, a questo punto, accade l'imprevedibile, quello che non ti aspetti. Quella scena da film che nella vita vera ti capita di rado di vivere.
Il mio eroe non si ferma, non mostra la schiena all'avversario, non torna a casa ma fugge in avanti. Corre!
Continua la sua corsa verso un nuovo traguardo, verso i due punti, verso la casa avversaria, verso l'orgoglio, verso la vittoria, verso l'autostima, verso un momento che porterà per sempre con sè.
Il maestro è sopraffatto da tanta bellezza e sorride.
La partita finisce 10 a 8.
- "Perché, si arrivava a 10?" qualche lettore si chiederà.
- "No, perché così a deciso il maestro." risponderà il narratore.

 
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Commenti al Post:
marittiella
marittiella il 07/12/17 alle 10:22 via WEB
... oggi mi sentivo come il nr.6 e il tuo post è arrivato giusto giusto grazie
(Rispondi)
 
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