amareilcinemaParole di cinema scritte ( e trascritte ) di notte e tant'altro per chi ha cuore e occhi per vedere.Per chi ama il cinema.Per chi ha ancora un sogno |
AREA PERSONALE
Il sogno
Se il sonno fosse (c'è chi dice) una
tregua, un puro riposo della mente,
perché, se ti si desta bruscamente,
senti che t'han rubato una fortuna?
Perché è triste levarsi presto? L'ora
ci deruba d'un dono inconcepibile,
intimo al punto da esser traducibile
solo in sopore, che la veglia dora
di sogni, forse pallidi riflessi
interrotti dei tesori dell'ombra,
d'un mondo intemporale, senza nome,
che il giorno deforma nei suoi specchi.
Chi sarai questa notte nell'oscuro
sonno, dall'altra parte del tuo muro?
JORGE LUIS BORGES
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Tempo verrà
in cui, con esultanza,
saluterai te stesso arrivato
alla tua porta, nel tuo proprio specchio,
e ognuno sorriderà al benvenuto dell'altro,
e dirà: Siedi qui, Mangia.
Amerai di nuovo lo straniero che era il tuo Io:
Offri vino. Offri pane. Rendi il cuore
a se stesso, allo straniero che ti ha amato
per tutta la vita, che hai ignorato
per un altro e che ti sa a memoria.
Dallo scaffale tira giù le lettere d'amore,
le fotografie, le note disperate,
sbuccia via dallo specchio la tua immagine.
Siediti: E' festa: la tua vita è in tavola.
Di Derek Walcott Citato nel Film "La Febbre"
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Post n°110 pubblicato il 20 Dicembre 2009 da nottelunas
Un tranquillo vedovo e un frizzante boy scout.... Una storia d'amore d'altri tempi... non senza un briciolo di nostalgia! Temi coraggiosi e insoliti per il box office che però fanno sorridere il cuore ( e a quanto pare anche gli incassi). Per grandi bambini!
La fuga del settantenne scorbutico in un' inarrestabile altalena di trovate di Paolo Mereghetti Chi ha ancora il coraggio di scegliere come protagonista di un film un vecchio ultrasettantenne, che nelle prime scene mette subito in chiaro di essere vedovo, di non essersi per niente ripreso dalla dipartita della compagna di tutta una vita tanto che mette in mostra un carattere che definire scorbutico è poco? Dopo Gran Torino di Eastwood all' appello sembra rispondere solo la Pixar e forse ci voleva proprio una casa di animazione (ancorché in digitale e adesso in 3D) per rompere ancora una volta le regole del box office e nonostante tutto scalare bellamente le classifiche degli incassi. Perché Up, che racconta appunto le disavventure del 73enne Carl Fredricksen, dopo aver avuto l' onore di inaugurare l' ultima edizione del Festival di Cannes non ha tradito le aspettative economiche dei suoi produttori. E ci vuole poco per prevedere un successo identico anche in Italia. Carl, che ha la faccia di uno Spencer Tracy iracondo e il carattere di un Walter Matthau al suo peggio (che poi è il suo meglio), vive solo e rancoroso in una casetta circondata da condomini giganti. Un veloce ritorno indietro ce lo racconta come un bambino un po' complessato che trova nella sognatrice Ellie l' anima gemella: insieme crescono nel mito di un intrepido esploratore, Charles F. Muntz, che gira il mondo in dirigibile e che diventa il loro idolo e il loro modello, anche quando la comunità scientifica mette in discussione la sua più recente scoperta, lo scheletro di un uccello alto quattro metri. Da allora Muntz scompare ma per Carl ed Ellie resta l' eroe di tutti i loro sogni. E adesso che Ellie è morta e Carl è assediato dalla speculazione edilizia, quei sogni di fuga e di avventura sembrano lontanissimi e anche un po' ingannatori. Almeno fino al giorno in cui un boss del mattone sembra sul punto di sfrattare Carl verso un ospizio e impossessarsi della sua abitazione. È proprio allora che il nostro settantenne ritrova la forza dei sogni di gioventù e ricordandosi dei palloncini che ha venduto per tutta la vita trasforma la sua casa in una specie di artigianale mongolfiera e vola letteralmente via da un mondo che non lo vuole più. Senza accorgersi che in questa fuga è involontariamente accompagnato da un boy scout piccolo e un po' tonto, Ronnie, disperatamente alla ricerca di una buona azione per conquistare l' onorificenza che manca alla sua sciarpa. A questo punto il film abbandona la sua componente più riflessiva e «sociale» per dispiegare le sue ali più fantasiose. Se l' idea di alzare in volo una casa grazie a qualche migliaio di palloncini assomiglia (per valore scientifico) alla trovata di Munchausen di sollevarsi tirandosi da solo per i capelli, il film da questo momento fa suo l' imperativo disneyano dell' irrealtà plausibile e fa comportare i suoi personaggi come se tutto fosse assolutamente e credibilmente realistico. Moltiplicando ad ogni scena le occasioni di divertimento, perché dopo un avventuroso viaggio per cielo, la casa atterra in un posto misterioso e meraviglioso, Paradise Falls, dove la storia rimette a confronto il protagonista, sempre in compagnia del cicciottello Ronnie, con il mito della sua giovinezza, quel Charles F. Muntz che proprio a Paradise Falls sta dando da anni la caccia all' uccello altro quattro metri, per ritrovare quell' onore scientifico che gli era stato negato. Aiutato in questa caccia da una mandria di cani a cui uno speciale collare permette di trasformare latrati e abbai in parole umane. Dobbiamo aggiungere che proprio Ronnie saprà farsi amico del preziosissimo e rarissimo uccello? E così un film che comincia come una specie di invito all' elaborazione del dolore e della solitudine diventa un' inarrestabile altalena di trovate, dove i miti dimostreranno di avere ben altre facce e i più maltrattati (c' è anche un cane sovrappeso e imbranato) si riscatteranno. Dimenticando pian piano di trovarci davanti a un film d' animazione e finendo trascinati dentro la più bella delle avventure, quella capace di dare concretezza ai sogni e di ritrovare l' entusiasmo della gioventù. Non è la prima volta che succede in un film Pixar, ma qui tocca delle vette di perfezione (e di fascinazione) finora inedite, soprattutto perché riesce a farci dimenticare di essere in un cartoon per farci entrare in sintonia con la parte più palpitante del nostro cuore.
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Non dire che hai abbandonato il sogno.
Non c'è altro per noi a cui aggrapparci, se non questo.
Non dire che hai abbandonato il sogno.
Non c'è per noi altra strada se non questa.
Asakusa Kid, Takeshi Kitano
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