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OLBIA GALLURA Un altro anno boom per la regina delle cozze, nuove aree per gli allevamenti

Post n°87 pubblicato il 19 Marzo 2009 da olbiesi

 

 da La Nuova Sardegna GIOVEDÌ, 19 MARZO 2009

L’INDUSTRIA DEL MARE

Un altro anno boom per la regina delle cozze

I produttori riuniti in consorzio adesso chiedono nuove aree per gli allevamenti

di Luca Rojch

  12 ol cozze 190309   13 ol cozze 190309

OLBIA. La cozza tira più della Fiat. L’industria dell’oro nero continua a crescere, più forte della crisi. Profitti da record per la fabbrica sui flutti. La crisi economica non svuota il piatto di chi vive tra i filari. Coltivatori del mare che ondeggiano sul loro capitale. Sorvegliano le loro fattorie blu pronti a moltiplicare gli incassi. Il 2009 sarà un anno d’oro per chi semina tra le onde. Ma i re Mida che trasformano l’acqua in oro nero rischiano di scomparire. Stritolati dalle navi di linea, dalle crociere, dalla nautica. Il golfo diventa troppo stretto e gli agricoltori del mare, simbolo della città, sembrano destinati all’estinzione.
 I produttori chiedono più spazio. Ogni anno tirano su 50 mila quintali di cozze. Un giro di affari da 10 milioni di euro che dà lavoro a oltre 300 persone. Solo il 10 per cento delle cozze rimane in città. Il resto viene venduto tra i mercati dell’isola e quelli della penisola. Numeri da record, ma la crescita è finita. La produzione intensiva ha raggiunto i limiti del sistema. Per far crescere la grande fabbrica della cozza servono nuovi spazi vitali. Il futuro delle 10 aziende gioiello che hanno anche creato un consorzio è legato al piano regolatore del porto. Una sorta di bibbia del golfo che deve decidere quali spazi assegnare a ogni attività. «Per ora sono dedicati alla mitilicoltura 100 ettari - dice il presidente del consorzio dei produttori, Raffaele Bigi -. È chiaro che se si vuole puntare su questa attività anche in futuro si devono assegnare spazi adatti. Per questo abbiamo un pacchetto di proposte da fare all’autorità portuale. Il 23 ci sarà un incontro. Noi chiediamo che vengano date una parte delle aree interne dall’isola del Cavallo fino alla Peschiera. Sono aree di alto pregio naturale che non potranno essere utilizzate per farci passare le navi. Noi le utilizzeremo solo nei mesi invernali».
 Bigi mette in evidenza un altro aspetto. «La stagione sarà buona come le altre, ma se vogliamo far continuare una delle attività più radicate e prestigiose della città serve un piano concreto. Le nostre attività hanno anche una funzione ecologica fondamentale. Senza l’attività degli stabulari l’attività di filtraggio delle acque verrebbe meno. Si interromperebbe un ciclo vitale per il golfo. Non si può tralasciare questo aspetto se si vuole salvaguardare la salute del golfo. Per questo chiediamo che il piano regolatore del porto tenga conto anche delle nostre richieste».
 Un po’ per non cancellare un pezzo della storia romantica della città, un po’ per non gettare in mare 10 milioni di euro prodotti dalle imprese dei mitilicoltori consorziate, la politica non può ignorare il suo oro nero.

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 «Fate attenzione ai taroccamenti»

14 ol coz tar 140309OLBIA. L’ultimo pericolo è la cozza taroccata. Frutti di mari stranieri, che nel golfo non sono stati neanche sciacquati, fatti passare per prodotti autoctoni. Nati e cresciuti nelle acque chete di Cala Saccaia. L’allarme contro l’invasione della cozza contraffatta arriva dal presidente del consorzio Raffaele Bigi. «Capita che vengano messe in commercio partite di cozze e vengano spacciate come locali - spiega Bigi -. In realtà non lo sono. I consumatori devono stare attenti a cosa acquistano. È facile capire se il prodotto che si compra è di Olbia. C’è il marchio del consorzio a fare da garanzia. Il bollino è già presente nelle fascette delle confezioni e dà la certezza che la cozza è di Olbia. Ma anche che si sono seguiti standard di produzione e pulizia molto rigidi e previsti nel disciplinare del consorzio. Noi già applichiamo il protocollo richiesto dall’Igp. Una tutela per il consumatore finale». Il consorzio mette in guardia dalle possibili truffe. Anche per questo ha avviato il processo per ottenere l’indicazione geografica protetta dall’Unione europea e porta avanti da oltre un anno un protocollo molto rigido. Entro la fine dell’estate verrà anche nominato un supervisore dal ministero che garantirà la trasparenza di tutte le procedure. (l.roj)
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 «Dalla Regione 300mila euro»

20 ol sanna 180309OLBIA. In giro racconta di essere un virtuoso della cozza. L’assessore alle Attività produttive Vanni Sanna è tra i maggiori sostenitori del progetto per far avere al consorzio dei produttori del golfo il marchio di indicazione geografica protetta. «Un’idea che parte da lontano - racconta Sanna -. Da quando il sindaco Gianni Giovannelli era consigliere regionale. Fu lui tra i primi a lanciare l’idea. Non si può dimenticare il grande impegno dell’ex assessore Gian Piero Palitta che negli anni del suo mandato ha posto le basi per il riconoscimento del marchio Igp. Io ho raccolto l’eredità di Palitta e ho cercato di portare avanti il progetto». Ma l’assessore porta notizie positive.
 «L’agenzia regionale per l’agricoltura ha stanziato 300 mila euro per portare avanti l’iter per ottenere l’Igp dall’Unione europea - continua Sanna -. Ma il Comune non si limita ad ascoltare le esigenze dei produttori per quello che riguarda un marchio. So che hanno avanzato anche delle proposte per migliorare il piano regolatore generale del porto. Ascolteremo nel dettaglio le loro esigenze e cercheremo di non creare una frattura tra le loro richieste e quelle che arrivano dalle altre realtà produttive. Nautica, collegamenti di linea e crociere». (l.roj.)
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 da La Nuova Sardegna GIOVEDÌ, 19 MARZO 2009

Anche il Consorzio turistico contesta le strategie dell’Stl

L’associazione si era sciolta anni fa, ora si riunisce davanti all’immobilismo dell’ente

OLBIA. Doveva svegliare comuni, provincia e imprese dal torpore. Ma forse i vertici del Sistema turistico locale hanno ci hanno messo troppo vigore, senza sapere che il clima era già elettrico. La scossa è diventata un elettrochoc che rischia di fare bruciare i vertici dell’Stl. La ricetta proposta dalla società di promozione del territorio batte altre vie.
 Snobbato l’inutile turismo delle crociere. Cancellate le ultra inflazionate fiere, buone al massimo per sprecare biglietti da visita. Svalutato il significato messianico dei dati sulle presenze. Non servono per indicare il successo di una stagione, secondo i vertici dell’Stl. Molto più utile controllare come si muovono i tour operator e quali sono i risultati dei grandi gruppi legati all’accoglienza. Via anche le rotte low cost imposte dai vettori verso mete che non hanno nessun riflesso reale sui conti dell’isola. La ricetta proposta dall’Stl somiglia a un’eresia nella bibbia codificata delle regole per la promozione del turismo. La sollevazione di popolo è guidata da Comune, Provincia e Confindustria. Ma tra i contestatori anche il redivivo Consorzio turistico di Olbia, che era stato sciolto quando era nata l’Stl. Inutile fare doppioni. Rinato in questi giorni, dopo la conferenza dell’Stl. «Alcuni anni fa abbiamo interrotto l’esperienza del Consorzio - spiega in un documento il direttivo guidato dal presidente Mario Mancini -, nella convinzione che l’Stl ci avrebbe sostituito con progetti validi. Ma le iniziative sono pochissime. Leggiamo solo di critiche alle persone che in questi anni si sono date da fare per promuovere il territorio. Siamo lieti che arrivino le crociere, che al di là dell’immediato indotto, è uno strumento per diffondere l’immagine del territorio. Ben vengano le compagnie low cost che non trasportano solo turisti con il portafoglio vuoto, ma anche vacanzieri che scelgono strutture a cinque stelle. Per questo abbiamo scelto di rilanciare l’attività del consorzio che racchiude molte attività turistiche legate al territorio». Un altro colpo per i vertici dell’Stl che in questi giorni hanno visto compatto scagliarsi contro le proposte quasi tutto il mondo delle imprese e delle istituzioni. Ma un successo lo hanno ottenuto, contro le previsioni dei detrattori. Tutti parlano dell’Stl. (l.roj.)
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 da La Nuova Sardegna GIOVEDÌ, 19 MARZO 2009

di Tiziana Simula

Un laico al servizio della Chiesa: Giovanni Degortes sarà diacono

21 ol diac 190309 22 ol diac 190309

OLBIA. La fede ha sempre accompagnato la sua vita, un lungo cammino di conversione diventato negli anni sempre più forte, arrivato oggi alla sua tappa finale: con l’imposizione delle mani, il vescovo lo ordinerà diacono permanente. Giovanni Degortes, sarà un laico al servizio della Chiesa. «Non avrei mai chiesto al vescovo di diventare diacono ma la logica del Signore non segue la nostra: è lui che ti mette vicino le persone giuste che ti indirizzano e ti fanno arrivare laddove lui ti vuole», dice quasi incredulo Giovanni, 72 anni, marito, padre e nonno, con un passato da ex sottufficiale dell’aeronautica.
 Quand’era ancora in servizio, pensava che una volta andato in pensione si sarebbe buttato a capofitto a coltivare i suoi hobby: curare la vigna, dipingere, fare sculture. Ma lassù, qualcuno ha provveduto a scombinare i suoi piani. Un dono che stasera sarà motivo di festa nella comunità parrocchiale della chiesa della Salette, che Giovanni Degortes frequenta da trent’anni. È qui, che ha portato avanti la sua vocazione, passata attraverso i ministeri del Lettorato e dell’ Accolitato, e che culminerà con l’ordinazione diaconale, ministero che gli verrà conferito durante la celebrazione eucaristica (ore 18) dal vescovo monsignor Sebastiano Sanguinetti. Un evento importante per la parrocchia che vive per la prima volta l’esperienza del diaconato permanente e per la chiesa olbiese che oggi conta cinque diaconi, quattro ordinati a novembre mentre il sesto sarà ordinato a San Simplicio a fine marzo. «È un segno della presa di coscienza da parte dei laici del ruolo che possono avere nella chiesa», dice l’accolito. Che sottolinea come questa missione di fede non impoverisca la vita coniugale e familiare piuttosto la consolidi, parole pronunciate da chi è padre di tre figli e nonno quattro volte.
 Della sua “chiamata” Giovanni racconta poco. Ma ricorda gli anni passati vicino ai Gesuiti, «con cui ho iniziato a intuire qualcosa», il suo impegno come catechista, l’ordinazione come ministro dell’eucarestia, fino a quando nel’99 l’allora vescovo Paolo Atzei lo invitò a frequentare l’Istituto di scienze religiose, oggi Euromediterraneo, «per capire se il Signore mi stava chiamando a qualcosa di più importante». Ora, dopo cinque anni di studi, è arrivato il momento del diaconato, «ma la formazione continua, con un doppio cammino: quello personale e quello comunitario», dice. Da stasera, sarà al servizio della Chiesa: non potrà confessare nè consacrare l’eucarestia ma potrà distribuirla, potrà tenere l’omelia durante la messa, amministrare il battesimo, benedire le nozze, presiedere i riti funebri e la preghiera liturgica.
 «Questa celebrazione - dice il parroco, don Giuseppe Delogu - dev’essere un’occasione per sollecitare tutti a essere, come dice San Pietro, delle “pietre vive per la costruzione dell’edificio spirituale che è la Chiesa”. A essere, cioè, protagonisti per una comunità viva, in cui gli uni portino i pesi degli altri, ciascuno secondo i suoi doni e le sue possibilità concrete e le opportunità che gli offre la vita. È un incoraggiamento perché ognuno viva la gioia del vangelo».
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