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THE WAY YOU MAKE ME FEEL

Post n°143 pubblicato il 13 Ottobre 2008 da JayVincent


Profumo di legno, di sudore, voglia.
Gli arbitri che si scaldano, la ruota, il coach sotto la plancia.
Cori, controcori, lo speaker, i roster.
Il modo in cui mi fa sentire tutto questo, è sempre speciale, sempre diverso, ogni volta nuovo.
Ogni maledetto anno in cui tutto ricomincia, ciclico e immutabile: l’esordio, il palazzo, i gradini da salire, i rituali.
C’è sempre quel sapore lì in bocca, il gusto dell’adrenalina, la voglia di arrabbiarsi, di sbraitare, di crederci, di sognare un po’.
Il desiderio di vedere 12 ragazzi in braghe e canottiera che ce la mettano tutta; che per un istante possano avere sottopelle quella passione che mi porto dentro, per la quale ogni limite scompare e ogni steccato diventa carta velina.
Sipario.

Sulla ribalta, la prima Olimpia 2008-2009 fa l’effetto di un banchiere che smazza bond argentini: promette, ma non mantiene.
Di buono, addirittura ottimo se lo contestualizziamo, c’è il risultato: vincere su un campo certamente ostico, dopo una preparazione estiva totalmente squilibrata, con quella che dovrebbe essere la coppia al volante assorbita da Nazionale e infortuni, è una premessa confortante.
Una premessa che però si stempera nei 40 minuti sul parquet.
Forse, dopo questi primi quattro quarti di Campionato, è difficile fare discorsi organizzati, anche alla luce del fatto che siamo così tanto indietro che, nella sostanza, sembra di essere a inizio settembre.
E quindi vale più la pena soffermarsi sulle impressioni dei singoli che sull’analisi dei giochi e della loro esecuzione.
Il nome su tutti, pleonastico dirlo, è quello di David Hawkins: che potesse essere cecchino ce lo ricordiamo tutti, basti pensare al giocatore, totalmente illegale, che ne faceva 30 di media a Rieti.
Poi, dopo l’impanatura Repesiana, è diventato un giocatore molto più completo, specialista, in grado di dare straordinaria energia in fase difensiva, limitando quella offensiva in favore di altri compagni.
Oggi, in un certo senso, gli si chiede di tornare al passato, mettendo però a frutto quel lavoro che gli ha consentito di diventare un giocatore tout court.
E i risultati sono decisamente incoraggianti, nonostante prestazioni balistiche di questo calibro non potranno essere l’abitudine.
Il resto? Decisamente molto meno bene rispetto al Falco.
Esclusi Hall e Thomas, di cui parleremo a parte, si naviga tra prestazioni modeste, troppo condizionate dalla incompleta amalgama con il resto del gruppo.
La coppia di play? Tra i due litiganti il terzo gode, nel senso che tra Bulleri e Vitali quello che mi è piaciuto di più è stato Sangarè.
Vivo, energetico, il francesino ci mette voglia e i suoi minuti in campo hanno più verve di quelli del Bullo, pur positivo e sulla buona strada.
Massimo mi è sembrato abbastanza tonico, pulito, senza grosse sbavature, bravo nel non pescare l’alternativa ‘carica a testa bassa’ nelle acque melmose di una squadra che – come detto – ancora non è squadra.
Molto meno bene è andato Vitali, assolutamente insufficiente nonostante le giustissime attenuanti: ma si sa, gli episodi cambiano i giudizi e quel siluro fuori dai giochi che stronca definitivamente Pesaro è la giocata risolutiva.
E allora bravo Luca, bravo per avere nel software faccia tosta notevole e nessuna paura di prendersi responsabilità: ma tutto il resto è ancora da scoprire.
Tranne forse il potenziale, intravisto, del pick and roll con Mason Rocca: un’arma che potrebbe essere letale, appena la condizione fisica dei due interpreti sarà un po’ meno scarsa.
A margine, c'è da dire che i nostri due (tre) condottieri sono apparsi categoria lusso rispetto alla tragicomica coppia Stanic-Van Rossom, veramente imbarazzante sotto ogni punto di vista. E questo, in un certo senso, mi fa un pò paura per il futuro.
Cresceranno i nostri interpreti, ma crescerà anche il valore dei playmaker avversari.
Tornando a noi, non mi è piaciuto nemmeno Pape Sow, uno da cui mi aspetto grandissime cose: con un fisico e una tecnica così, il ragazzo non può lasciarsi trascinare a fondo da stupidi problemi di falli e di concentrazione.
Ma per lui c’è l’attenuante di essersi trovato davanti la sorpresa Akindele, piovra nigeriana dall'impatto inatteso che si candida a essere proprio il Pape Sow del 2009.

Si diceva di trattare a parte le due patate bollenti Hall e Thomas: a parte perché, a mio personalissimo parere, sono potenzialmente gli unici due veri e gravi problemi di questa squadra.
Jobey è un giocatore pregiatissimo, di grande intelligenza, uno che sa perfettamente cosa deve fare e come lo deve fare per essere utile alla squadra: e di certo, quello che lo esalta non è costruire dal palleggio, forzando arresti e tiri fuori dai giochi.
Un giocatore che vive sul timing del play, che conclude il suo movimento offensivo in modo egregio e in quel preciso istante deve trovarsi la palla in mano: passato l’attimo, adieu.
Guardiamo la Sutor dei miracoli degli ultimi due anni: Jobey ha fatto annate straordinarie con due playmaker come Childress e Garris, gente che sa recapitare quel tipo di pallone al momento giusto.
Con Vitali in campo, a farla da padrone era il pick and roll con Sharrod Ford.
Quindi, abbiamo un problema? Io temo che lo possa diventare, e qui se ne deve uscire in palestra, lavorando tanto sulla selezione dei nostri due (tre?) cervelli pensanti.
Anche se, ahimè, l'istinto non è materia di insegnamento e temo che contro natura sia complesso andarci.
Per ciò che riguarda Mike Hall, c’è tanto e poco da dire: il ragazzo è stranito e questo è il male assoluto.
In gruppo dal primo giorno, è indietro in modo impressionante, completamente avulso da ogni svolgimento, francamente si fatica a credere che abbia un’estate di allenamenti in cantiere.
Per esperienza, questa tipologia di giocatore ha due profili di sviluppo possibili: o esplode, solitamente in concomitanza di un evento particolare che ne sblocca testa e talento, oppure si insabbia definitivamente in una triste palude di prove grigie.
Troppo facile propendere per la seconda ipotesi: accontentiamoci del fatto che, nel male, non fa grossi danni.
Non forza, non si segnala per colpi di testa insensati, a difendere ci prova e, in una giornata ampiamente insufficiente come quella di ieri, porta a casa qualche rimbalzo utile.
Anche qui, al bravo Bucchi la patata bollente.
In attesa di vedere se tutti questi tuberi possono trasformarsi in una deliziosa insalata mista.


 
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