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OSSIMORI

Post n°144 pubblicato il 20 Ottobre 2008 da JayVincent


Cos’è un ossimoro?
È una figura retorica che consiste nell'accostamento di due termini in forte antitesi tra loro, spesso incompatibili. Si tratta di una combinazione scelta deliberatamente, tale da creare un contrasto sorprendente: brivido caldo, urlo silenzioso.
Può essere una partita di basket meravigliosamente brutta?
Si, soprattutto dopo l’evidenza dell’esempio andato in scena ieri all’ora di pranzo.
(A proposito, divagazione: basta, per pietà basta usare il pubblico milanese come cavia per i ragionamenti di marketing dell’Azienda SKY).
Milano gioca 25 minuti oggettivamente importanti: non ancora belli, o comunque non belli come la superficie potrebbe fare credere.
Importanti perché senza Vitali e con una chimica ancora non sufficiente, la squadra capisce come e dove andare a fare male, mostrando lucidità e concretezza, anche laddove il talento non arriva.
Ci da una grossa mano una Virtus inguardabile, mollissima nell’atteggiamento e senza un cervello pensante, nonostante Boykins faccia vedere tante cose belle ma sempre totalmente avulse dal concetto di squadra.
In quei due quarti e mezzo ci sono da mettere in risalto le ottime cose di un Bulleri fisicamente in buone condizioni e probabilmente (finalmente) con un approccio psicologico meno sofferto.
Rispetto a Pesaro in risalita, seppur timida, anche la coppia di centri: più attivo e reattivo Pape Sow,  ma ancora lontano dal giocatore elettrico dello scorso anno, troppo spesso limitato dai falli nell’impatto (domanda per Bucchi: non poteva essere una buona idea dare minuti a Joey Beard nel secondo quarto?), e un Mason Rocca non solo combattente ma anche combattivo.
Salgono anche Marco Mordente, che mette minuti di difesa importante, qualitativamente e quantitativamente, e Yohann Sangarè, che dimostra di essere papabilissimo per acquisire minuti e considerazione.
Ma come si diceva prima, anche nel buono appare evidente la perniciosità di problemi insoluti e non risolvibili nell’immediato: i medesimi di settimana scorsa – così come inalterate restano le motivazioni.
Mike Hall, non disastroso e con un buon atteggiamento a rimbalzo, si mantiene comunque avulso ad un coinvolgimento nei giochi: il ragazzo persiste nel sembrare un aggregato last minute, non un giocatore che ha fatto tutta la preparazione con il gruppo.
Jobey Thomas è andato addirittura peggio che a Pesaro, dove il suo apporto poteva anche essere coperto dalla foglia di fico della casualità: il tiro non entra, mai, perché il suo tiro non lo prende mai.
Che anche questo sia un ossimoro latente? Forse, ma in un contesto già endemicamente povero di talento non possiamo permetterci il lusso di non usare al meglio le sue potenzialità.

Ad ogni buon conto, qui finiscono gli argomenti argomentabili, perché da quel fatidico momento in poi io non so esattamente cosa dire.
A parte il fatto che Pasquali, fino a quel momento alla stregua di un voyeur impegnato a guardare la sua creatura brutalizzata in ogni modo, si ricorda improvvisamente di essere a libro paga e butta lì una zona simil-bulgara, tanto per dare un segno di vita.
È il patatrac: non riusciamo più ad attaccare, non troviamo la concentrazione giusta per passare dall’euforia alla saggezza, commettendo ingenuità incredibili.
Male anche la panchina, con coach Bucchi che non riesce a rimettere la squadra in carreggiata, non infonde al momento giusto la tranquillità necessaria ad affrontare un ultimo quarto che andava ad iniziare comunque con un vantaggio considerevole.
E non trova un rimedio all’impatto di Giovannoni, bravissimo nel battersi come un leone.
Insomma, la sensazione è che ci si sia lasciati risucchiare nel gorgo senza tentare una vera sterzata, incapaci di aggirare lo scoglio che interrompe la navigazione.
Catalogare questa partita come errore di gioventù può essere rischioso, ma nemmeno trovo che sia il caso di fare drammi.
Dobbiamo lavorare ancora molto in palestra e, soprattutto, dobbiamo trovare una linea di condotta per affrontare due problemi evidentissimi.
Perché, tornando a bomba, la questione Thomas mi è sembrata aggravata, e l’ho letta in tal modo nel vederlo spesso addirittura ignorato al momento dello scarico, spettatore pagato e non pagante.

A questo punto, trovo necessario ricordare– ambiente e tifosi – come la Virtus sia squadra più talentuosa, più imprevedibile e più avanti nella costruzione: quei 25 minuti di ottima fattura sono un prezioso punto di partenza, da tenerci stretto, ma deve essere altrettanto chiaro che i seguenti 15 non vanno considerati solo come un grande miracolo bolognese.
Ai miracoli non ci credo e, nella loro eccezionale rimonta, nella voglia e nella scossa, sono evidenti le nostre enormi responsabilità.
Prenderne atto, guardarle bene negli occhi è l’unico modo per diventare più alti.

 
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