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CHI NON SI ASPETTA L’INASPETTATO

Post n°147 pubblicato il 17 Novembre 2008 da JayVincent


Diceva così Eraclito.
Anzi, per la precisione: “Chi non si aspetta l’inaspettato, non troverà mai la verità”.
L’inaspettato, anzi, gli inaspettati, sono più d'uno e hanno preso forma e corpo settimana dopo settimana, giorno dopo giorno.
Parlo di Mike Hall, Luca Vitali e Mason Rocca.
Ma parlo anche di una partita poco aspettata, non tanto nel risultato quanto nella sua struttura.
Perché era abbastanza chiaro che, semplificando fino all’osso, se si fosse giocato ai 70 punti era Milano a essere favorita, viceversa, nel raggiungimento di alte quote sarebbe stata Cantù ad avere il pronostico dalla sua.
Una trama che ricorda molto da vicino quella delle serie playoff 2005, quando noi eravamo una banda brutta sporca e cattiva che vinceva a basso punteggio, con poco talento e tanta voglia, mentre Cantù giocava ad altro ritmo e altri giri di motore.
Vincemmo la serie 3-0, dominando partite agli 80 e 90 punti, sorprendendo e sovvertendo ogni pronostico.
Allo stesso modo, sul parquet del Forum la banda Bucchi vince un match segnando ben 88 punti, addirittura 32 nell’ultimo quarto, quello che fino a oggi è stato esiziale in ogni sconfitta.
E la notizia, quella vera, sta più qui che nella vittoria: nell’essere riusciti a dimostrare - a noi stessi prima di tutto - di poter evitare l’arrivo in volata, allungando definitivamente proprio nei momenti dentro i quali le partite precedenti giravano a sfavore.
Ci appuntiamo al petto una medaglia di convinzione dal peso specifico importante, che fa il paio con quella spillata la scorsa settimana sul campo di Ferrara, dimostrazione di come i finali punto a punto si possono anche vincere.
Ma la vittoria di ieri è millanta volte importante, prima di tutto perché la portiamo a casa con la faccia, le mani e il cuore degli inaspettati.
Prima di tutto con il principe degli inattesi (e non solo di Bel Air…), quel Mike Hall marchiato a fuoco ancor prima del suo sbarco a Malpensa, tritato da stampa e tifosi stessi, a fronte di prestazione effettivamente insufficienti, ma demonizzate come la genesi di tutti i mali.
E il ragazzo ha dimostrato una forza non comune, a fronte di una situazione che spesso mette in luce lacune caratteriali più gravi di quelle tecniche.
Una forza, a mio parere, che può potenzialmente pagare dividendi interessantissimi.
Interssantissimi come le prestazione di Vitali e Rocca, inattese almeno per me: il playmaker ex Montegranaro mette insieme una partita di grande sostanza e sagacia, dimostrando molto chiaramente che dietro le sconfitte di inizio stagione c’era una lettura molto semplice: gestire i finali a rotazioni cortissime e con la stanchezza che ottenebra la lucidità, non è un esercizio semplice.
Ancor meno se il tuo playmaker titolare non può contribuire alla causa.
Infine, lodi a Mason Rocca, inaspettato a causa di quel ginocchio tremebondo che tanto lo sta limitando e che ne ha sterilizzato a lungo l’impatto.
Se sei fisicamente a terra, se hai poca autonomia fisica, la cosa giusta da fare è metterti in condizione di dare ciò che puoi nel tuo habitat naturale.
Dove ti trovi bene, dove puoi risparmiare energie ed estrarre dal tuo bagaglio i pezzi forti, senza inventarti nulla.
E l’habitat naturale di Rocca non è certo quello in cui deve costruirsi un tiro partendo dal palleggio, cosa che troppo spesso è successa e che altrettanto spesso ha avuto la naturale conclusione in una stoppata subita.
Metti in campo Luca Vitali, uno dei migliori giocatori del campionato nel pick, mettilo insieme a Mason Rocca, uno dei migliori giocatori del campionato nel roll, e scopri come anche un infortunato cronico non subisce più stoppate ma munge 19 punti con l’80% dal campo.
Insomma, c’è più di un motivo per guardare al futuro prossimo con ottimismo, lavorando in palestra e sigillando finestre di mercato che hanno lasciato passare spifferi malsani per la salute del gruppo.
Migliorare il roster non è un reato, ma lo può essere affidarsi a decisioni impetuose, dettate dall’ansia e non dalla chiarezza di un obiettivo da raggiungere.
L’asso di Proli, quello “forte ma veramente forte” invocato anche da Claudio Coldebella anni fa, deve essere qualcuno di veramente tagliato su misura per dare valore aggiunto, un completo tailor made e non un inserimento che può recare ulteriori punti interrogativi.
Aspettare l’inaspettato, per una volta, dimostra come a volte i frutti troppo a lungo acerbi possono maturare all’improvviso, lasciando in bocca un sapore particolarmente dolce.


 
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