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Joaquìn Maria Otuvas

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La distanza affettiva

Post n°17 pubblicato il 14 Febbraio 2008 da otuvas

Mi è capitato di leggere un’interessante interpretazione della tragedia di Otello. L’autore è Middleton Murry .

Contro la consueta lettura di un Otello archetipo del persecutore, l’opera shakespeariana sarebbe la tragedia dell’amore che vuole una “completa fusione d’identità”.

Yago, lungi dall’essere il diabolico tessitore d’inganno, diverrebbe così il personaggio destinato a rendere visibile il fallimento di un simile rapporto, che pretende il sacrificio dell’identità personale a favore di una identità di coppia.

Yago materializza la fatale crisi della relazione ideale perseguita da Otello. L’esito non può essere che la morte.

Morte reale dell’infelice, inconsapevole Desdemona nella tragedia di Shakespeare, morte metaforica come esito obbligato

delle grandi passioni che inseguono il sogno di una fusione reciproca in cui perdersi.

L’inganno dell’amore mortifero non uccide solo gli amanti, ma anche i figli, stretti nelle spire della simbiosi materna, che non delimita i corpi, che impedisce uno sviluppo autonomo.

Un rapporto sano deve lasciare respiro, vitale all’individualità, deve saper giocare la distanza con sapienti aggiustamenti, ora restringendo ora allargando lo spazio interposto, in un reticolo di relazioni che permettano sia la vicinanza emotiva che la salvaguardia dell’integrità personale.

E’ quello che ci dice Schopenhauer  con questo piccolo apologo.

“ Una compagnia di porcospini , in una fredda giornata d’inverno, si strinsero vicini, per proteggersi, col calore reciproco, dal rimanere assiderati. Ben presto, però, sentirono le spine reciproche; il dolore li costrinse ad allontanarsi di nuovo l’uno dall’altro. Quando poi il bisogno di scaldarsi li portò di nuovo a stare insieme, si ripetè quell’altro malanno; di modo che venivano sballottati avanti e indietro tra due mali, finchè non ebbero trovato una moderata distanza reciproca, che rappresentava per loro la migliore posizione.”

 
 
 
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