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Joaquìn Maria Otuvas

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L’economia della salute

Post n°18 pubblicato il 21 Febbraio 2008 da otuvas

Il fine di ogni attività non è più la produzione e la fruizione di beni, di cui si cura la qualità, siano essi scarpe o libri, automobili o tappeti, gioielli o biscotti…. Oggi il fine unico è il denaro: il prodotto è diventato un oggetto simbolico, volatile.

Alcuni settori sono stati occupati totalmente dal business: gli editori puri sono scomparsi, al loro posto ci sono finanzieri che diversificano i loro investimenti: dai motori ai giornali, dall’edilizia alle televisioni….

Questo processo ha finito per investire anche aree in precedenza appena sfiorate o che per definizione avrebbero dovuto esserne esenti: quelle della salute.

E non mi riferisco al privato, ma all’ente pubblico, che sta assumendo i caratteri del privato peggiore, con un passaggio dalla produzione di salute all’economia della salute.

A questo proposito ecco l’esperienza di un amico che si occupa di un settore delicato, quello del disturbo psichico.

Alcuni suoi pazienti, dopo un iter terapeutico lungo e accidentato, hanno raggiunto un relativo benessere  grazie ad un intervento integrato che unisce residenza in comunità terapeutica, cura farmacologica e programmi riabilitativi.

Dall’incontro con i rappresentanti dell’ASL di appartenenza dei pazienti il mio amico si aspettava un’ attenta valutazione comune dei diversi casi, ai fini della progettazione futura e, magari, il riconoscimento del lavoro svolto e dei risultati ottenuti.

L’unica domanda che si è sentito rivolgere è invece stata relativa alla previsione dei tempi di dimissione dei pazienti e di conseguente sospensione dell’erogazione di denaro per l’assistenza. Come se quella mentale non fosse una malattia cronica, che richiede pertanto assistenza continuata nel tempo.

Assistiamo invece al prevalere di un’ottica economica, in cui è di fatto l’amministratore che decide quanto tempo è concesso alla cura, che prescrive al terapeuta le modalità dell’intervento.

Certo non si può ignorare l’aspetto economico, ma c’è da chiedersi quale sia il modello di sanità, se l’obiettivo non è più fare salute, ma spendere meno. 

Commenti al Post:
Utente non iscritto alla Community di Libero
Anonimo il 06/03/08 alle 15:02 via WEB
A tal proposito non mi sembrano confortanti nenmmeno le dichiarazioni generaliste del Ministro e quelle "interventiste" delle aziende farmaceutiche qui riportate... "Amato: 'nella Sanità risparmi necessari ma conta la qualità" (Il Sole 24 Ore: pag. 16 - 6 marzo 2008) Il Ministro dell'Interno Giuliano Amato ha dichiarato: 'è stato un grosso errore fare del contenimento finanziario non il vincolo ma lo strumento per affrontare la spesa sanitaria. Altrimenti l'obiettivo massimo sarebbe quello di non spendere nulla e di non offrire alcun servizio. Ma ora abbiamo dimostrato che si può uscire da questa logica. Se il regolatore pubblico non funziona bene, si provoca un danno gigantesco all'industria farmaceutica'. In vista poi delle nuove elezioni occorrono delle risposte per il futuro del SSN. Daniel Lapeyre, AD di Sanofi-Aventis ha ribadito l'urgenza di mettere in campo il massimo possibile di politiche industriali che garantiscano 'la concorrenza per la qualità'. Claudio Cavazza, Presidente di Sigma-Tau, ritiene che sia ormai 'tempo di pensare in pieno che salute, mercato e crescita economica sono un tutt'uno. Serve un patto per lo sviluppo'.
 
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