Creato da paoloalbert il 20/12/2009

CHIMICA sperimentale

Esperienze in home-lab: considerazioni di chimica sperimentale e altro

 

Messaggi di Maggio 2011

A proposito di reagenti...

Post n°107 pubblicato il 28 Maggio 2011 da paoloalbert
Foto di paoloalbert

Mi è stato chiesto da un lettore di questo blog dove trovo un facile reagente, l'acido fosforico.
Dico facile perchè un fornitore di sostanze per laboratorio ha sicuramente questa sostanza in soluzione all'85% e l'H3PO4 non è certo un reagente dei più difficili.
Purtroppo non è invece possibile rispondere a questa domanda in maniera specifica, efficace e con significato valido per tutti.

Il problema dei reagenti è molto sentito per chi si diletta di chimica ed ognuno cerca di risolverlo come può con le sue fonti, che non sono replicabili in generale perchè funzione di troppe variabili.
La reperibilità dipende essenzialamente da dove si abita, dalle proprie conoscenze, dalla propria intraprendenza e determinazione, dalla disponibilità finanziaria dedicata a questo fine, soprattutto da quanto tempo ci si dedica a questo hobby, eccetera, eccetera...

Un laboratorio chimico hobbistico NON si improvvisa di questi tempi e tanto meno si improvvisa in poco tempo!

Una volta era infinitamente più semplice, perchè non esisteva quella idiota e moderna "fobia della chimica", che fa considerare agli occhi del pubblico tutto ciò che riguarda questa scienza come tossico, inquinante, esplosivo, corrosivo...
...insomma N E G A T I V O.

Spesso mi chiedono, come ha fatto il lettore mp 1981: -ma dove trovi queste "sostanze"?
La risposta è semplice per me ma troppo complicata per il ricevente, perchè ogni polverina e ogni liquido ha la sua storia, che è personale e che non è replicabile in maniera generale.
Tanto per stare nell'esempio io ho l'H3PO4 da tantissimo tempo e ricordo bene da dove arriva. La sua origine non è però replicabile dovunque, e non avrebbe significato per il lettore.
Ma se proprio uno è interessato perchè ama questo hobby, cercherà nei suoi spazi (internet, negozi specializzati, conoscenti, forum, ecc.), e prima o poi troverà ciò che cerca.

Proprio l'ultimo posto dove cercare? Il più ovvio, le farmacie... e lascio alla fantasia del lettore intuire il perchè.

 
 
 

Oggi parliamo di giacimenti minerari

Post n°106 pubblicato il 27 Maggio 2011 da paoloalbert
Foto di paoloalbert

Nel blog dell'amico Marco Capponi si è parlato recentemente di quella storica miniera della Val Imperina nell'Agordino, dalla quale, partendo da una pirite debolmente cuprifera, veniva estratto il rame che fin dalla notte dei tempi suppliva al fabbisogno di questo fondamentale metallo la Serenissima Repubblica di Venezia.
Ciò mi fornisce l'aggancio per rinverdire vecchi concetti di mineralogia spicciola che rischio fortemente di dimenticare; addentriamoci allora un attimo con la fantasia in qualche vecchia miniera, che a dir il vero con la chimica ha molto a che fare.
No mines, no chemicals... direbbe qualcuno!

Intanto come si classifica un giacimento minerario?
Prima di tutto un giacimento può essere primario o secondario, a seconda se il minerale utile si trova "dove è nato" oppure se è stato trasportato altrove da eventi geologici o geomorfologici.
Giacimenti secondari classici sono le sabbie aurifere che si raccolgono nelle anse di certi fiumi, i quali hanno a monte il giacimento primario, magari in formazioni rocciose con il metallo utile assai disperso e non estraibile direttamente.
La selezione meccanica dell'acqua operata in tempi geologici rende fondamentali i giacimenti secondari; un solo esempio: senza le sabbie platinifere degli Urali non sarebbe possibile estrarre il platino dalla roccia madre!

Dal punto di vista genetico, vi sono:

- giacimenti di origine magmatica
- giacimenti di origine sedimentaria
- giacimenti di origine metamorfica

ed a sua volta ognuno di essi può essere ulteriormente sottoclassificato a seconda di diversi punti di vista più specifici.

I sedimentari sono i più intuitivi: traggono origine da processi meccanici (es. depositi alluvionali auriferi, ecc.), chimici (es. depositi salini, gessi, ecc.), biochimici (es. banchi silicei, limonitici, ecc.), organici (es. carboni fossili, idrocarburi, ecc.).

I giacimenti di origine metamorfica si attribuiscono ad azioni prevalentemente termiche, dinamiche e chimiche subite dalla roccia mineralizzata; esempi sono il talco, l'amianto, la grafite. Più ristretti sono gli esempi di metamorfismo "di contatto" tra due formazioni diverse e chimicamente reattive (in tempi geologici, s'intende!)

Di gran lunga più importanti dal punto di vista prettamente minerario sono i giacimenti magmatici (poi magari più o meno metamorfizzati), che in rapporto con le condizioni di consolidamento da cui sono provenute le soluzioni mineralizzatrici possono essere plutonici, sub-vulcanici, vulcanici a seconda della più o meno profonda localizzazione.

Ma, morale della favola, da dove è derivata quella "metallizzazione" utile a fini estrattivi?

Perchè là c'è una concentrazione a solfuro di molibdeno e qui no? Perchè qui si trova un bel filone di  pirrotina nichelifera e tutto attorno niente? La risposta certo non è semplice.
Prima di tutto è ovvio in partenza che l'elemento che ci interessa deve essere contenuto nel materiale litico originario; il perchè la natura abbia messo per esempio l'uranio in... Boemia piuttosto che in Madagascar... direi che sono fatti suoi che non possiamo certo sindacare, tanto meno in questa sede!
In generale una grande massa intrusiva subisce col lentissimo raffreddamento una differenziazione magmatica, che porta ad un arricchimento di certe sostanze in zone particolari ed un impoverimento in altre; questo fondamentale processo di differenziazione può essere dovuto:

- a smistamento di fasi liquide poco miscibili in seguito alla diminuzione di temperatura (es. ossidi e solfuri da masse silicatiche)
- a migrazione per differenziazione gravitativa per il diverso peso specifico (es. minerali ferriferi, ferro-titaniferi)
- a perdita più o meno veloce di elementi volatili lungo le fratture
- a iniezione nella rete di fratture di vapori, gas, soluzioni termali
- ad assorbimento e reazione di sostanze derivanti dalle rocce incassanti
- ad altri motivi (secondari rispetto al nostro semplice discorso)

Riassumendo: in ogni caso è determinante la cristallizzazione frazionata del magma in funzione del gradiente decrescente della temperatura, che suddivide il fenomeno in vari stadi, fino ad arrivare all'ultimo, quello idrotermale (al di sotto della temperatura critica dell'acqua, 374°), nel quale le soluzioni diluite di sali si concentrano in quantità e nel sito più favorevole, magari anche per "spremimento" da forze tettoniche.
Perchè nel fenomeno intervengono appunto anche le pressioni, anch'esse di livello... geologico! E non dimentichiamo mai il fattore tempo, che in questi casi non ha fretta!

Da questi elementi genetici sopra riassunti, prendono origine la maggior parte dei filoni e giaciture metallifere dei metalli più importanti, per lo più sotto forma di solfosali o ossidi, immersi nella "ganga" della roccia incassante, costituita da quarzo, silicati, alluminati... e così via. Idem per i minerali più rari e di più complessa costituzione.

Per concludere, visto che sono in argomento: mi sono ripromesso di visitare (questo al più presto, non in tempi geologici!) il famoso complesso minerario piombo-zinco-argentifero di Monteneve, in alta Val Ridanna, dove si penetra veramente nelle viscere della terra, muniti di mazzetta e scalpello...


Miniera

 
 
 

Preparazione del selenio dal rosso di cadmio

Post n°105 pubblicato il 14 Maggio 2011 da paoloalbert

Stavolta solo chimica applicata, poche parole di contorno e tante di procedura.
Allora, eravamo rimasti a:

-pesare 10 g di rosso di cadmio, metterli in una beuta da 150 ml su agitatore magnetico e aggiungere lentamente una miscela di 25 ml di HNO3 e 5 ml di HCl concentrati.
Ad ogni aggiunta si ha riscaldamento e vigoroso sviluppo di ossidi d'azoto, pertanto l'aggiunta va fatta tassativamente sotto cappa o in un luogo adeguato.
Dato l'ambiente fortemente ossidante non si ha sviluppo nè di H2S nè di H2Se, ma zolfo e selenio vengono ossidati in un primo momento ad elementi e poi ad acido rispettivamente solforico e selenioso.

 

Selenio 1


Il pigmento rosso si trasforma alla fine dell'aggiunta in un bruttissimo grumo gommoso,  apparentemente del tutto insolubile (ad un sommario test dovrebbe trattarsi di una mix di zolfo, selenio e pigmento non reagito); lasciar digerire nell'acido per un di giorno.
Per completare l'ossidazione montare un refigerante a ricadere e far bollire a piccola fiamma la miscela fino alla cessazione di sviluppo di ipoazotide.

Il grumo molto lentamente si disgrega e si scioglie, lasciando alla fine solo un liquido biancastro, che va filtrato; un po' di selenio si perde anche in questa fase, ma è sempre meglio portarsi dietro meno porcherie possibili.
Il filtrato è perfettamente incoloro (sali di cadmio, solfati, cloruri, seleniti).

 

Selenio 2

 

Diluire il filtrato con altrettanta acqua e poi aggiungere lentamente ammoniaca, sempre mescolando energicamente; ad ogni aggiunta precipita l'idrossido di cadmio bianco, che mescolando si ridiscioglie finchè l'ambiente è sufficientemente acido; quando non si sciolie più, tornare leggermente indietro con qualche goccia di HCl, fino a riottenere una soluzione limpida e e senza più HNO3 libero.
Ora i sali, oltre che di cadmio, sono di ammonio.
La riduzione dello ione selenito a selenio elemento a questo punto può essere effettuata in due modi: con anidride solforosa e con idrazina; li ho provati entrambi.

 

Selenio 3

 

Porre la soluzione in un recipiente alto e sottile (un cilindro graduato) per favorire il massimo contatto con il gas e far gorgogliare una sufficiente quantità di SO2, facendola sviluppare in un pallone dalla reazione tra metabisolfito K2S2O5 e HCl; scaldando leggermente il pallone di reazione si ottiene una buona corrente di anidride solforosa, portata al fondo del cilindro da un tubo di vetro.
Dopo un po' si nota prima ingiallimento della soluzione e poi forte intorbidamento per la formazione dello stato allotropico rosso del selenio, sotto forma di un bel precipitato finissimo rosso intenso. 

 

Selenio 4

 

Continuare con la SO2 se si vuole ridurre con questo metodo, oppure interrompere e provare con la procedura all'idrazina, molto più comoda perchè avviene in fase omogenea.
Ho quindi lasciato sedimentare un po' di precipitato, giusto per filtrare e fotografare: ecco finalmente il selenio rosso!. 

 

Selenio 7

 

Alla soluzione residua aggiungere mescolando 4 g di idrazina solfato e scaldare appena appena se si vuole ottenere prevalentemente selenio rosso, lasciando in riposo una giornata. 

Selenio 5

 

Per ebollizione l'allotropo rosso si trasforma e si aggrega nella forma grigia, molto più facilmente separabile. In ogni caso filtrare, lavare accuratamente e lasciar asciugare. 

 

Selenio 6

 

Per fusione in capsula di porcellana si ottiene il selenio nero

 

Selenio 5

 

per raffreddamento molto lento il selenio si trasforma nell'ulteriore allotropo metallico (selenio grigio, non fatto).
Questo elemento impartisce alla fiamma un deciso colore azzurrino, svolgendo fumi di biossido (anidride seleniosa) SeO2.

Ricordo che il selenio, tutti i suoi composti e altri reagenti di questa esperienza sono molto tossici; in caso di tentativo di replica di quanto descritto, agire quindi solo se si è consapevoli di quello che si fa in ogni passaggio.

Per concludere, le reazioni sono complessivamente (semplificando) le seguenti (non faccio comparire l'HCl e nemmeno lo ione ammonio della neutralizzazione, che non sono significativi):

3 CdS + 8 HNO3 --> 3 Cd(NO3)2 + 3 S + 4 H2O
3 CdSe + 8 HNO3 --> 3 Cd(NO3)2 + 3 Se + 4 H2O
HNO3 + S --> H2SO4 + NO
4 HNO3 + Se + H2O --> H2SeO3 + 4 NO
K2S2O5 + 2 HCl --> 2 KCl + 2 SO2 + H2O
2 SO2 + H2SeO3 + H2O --> 2 H2SO4 + Se
H2SeO3 + N2H4 --> Se + N2 + 3 H2O

La resa globale in selenio non è entusiasmante (non mi aspettavo che lo fosse!) ed è stata di soli 1,8 g , sufficienti tuttavia a confermare la presenza di questo elemento nel rosso di cadmio e nel contempo fornire l'occasione per una interessante esperienza di pura chimica sperimentale.

Finalmente desidero ringraziare, e lo faccio con molto piacere e stima, il sig. Arturo (lo chiamerò così), che mi ha fornito utilissime idee in merito a quanto sopra, e senza i cui preziosi consigli probabilmente non avrei iniziato il lavoro.

 
 
 

Allora, lo facciamo questo selenio?

Post n°104 pubblicato il 10 Maggio 2011 da paoloalbert

Il titolo è molto provocatorio... è ovvio che il selenio al massimo si estrae, mica lo si "fa", ma anche l'estrazione hobbistica di questo elemento non càpita tutti i giorni.
Anche questo esperimento deriva da una mia curiosità: verificare approssimativamente quanto seleniuro di cadmio (CdSe) contenesse il pigmento commerciale "rosso di cadmio" (assieme al solfuro CdS) ed eventualmente tentare il recupero del selenio.
Non è detto che nel pigmento ci sia stechiometricamente CdSe, molto probabilmente si tratta di "solfoseleniuro", dove il rapporto stechiometrico tra i tre elementi non è ben definito e probabilmente dipende dal metodo di preparazione.

 

Rosso cadmio

 

Il rosso di cadmio è reperibile in qualche colorificio professionale che tratta pigmenti originali in polvere, come si usava una volta quando gli artisti (o altri operatori del settore) si facevano da soli i colori miscelando bellissime polverine colorate assieme ad olio di lino o simili disperdenti.
Esistevano un tempo delle splendide "drogherie chimiche" i cui scaffali erano una gioia per gli occhi, un vero arcobaleno di colori, uno più bello dell'altro: nei grandi vasi di vetro con tappo smerigliato si andava dalle varie "terre" dalle più svariate tonalità di giallo e bruno, passando al blù di Prussia, al giallo di cromo, all'azzurro cobalto, al viola manganese, al verde di cromo, rosso cinabro... un vero tripudio di colori che comprendeva mezza Tavola Periodica...

Il rosso di cadmio fa parte della serie dei pigmenti a base di sali di questo tossico metallo (ancora per quanto in commercio? Quanti splendidi colori sono spariti dalla tavolozza...): nella serie si trovano colori che vanno dal giallo limone al rosso quasi fucsia e la composizione è sempre a base di solfuro di cadmio con varie aggiunte di altre sostanze.
Mi sono procurato proprio questa tonalità rosso profondo, che secondo le specifiche doveva contenere il "selenio".

E mò ti sistemo io, ho sadicamente pensato, il tuo destino non sarà diventare un quadro...

Il primo test è stato quello decisivo, che mi ha portato poi al prosieguo degli esperimenti: trattata una puntina di spatola di pigmento con HCl si è prontamente sviluppato acido solfidrico (H2S, come era ovvio che fosse), ma, colpo di scena, non solo H2S! Cautamente annusando il gas uscente dalla provetta facendo ala con la mano, si è sentita fin troppo CHIARA E FORTE la presenza del tremendo idrogeno seleniato (H2Se)!
La parola "tremendo" non rende appieno l'idea, dato che questo gas è di una potenza irritante (e tossica) veramente estrema; ne ho già parlato sul blog (post n.7), ma in quell'occasione fui fin troppo tollerante: averlo risentito è stato quasi traumatico, non tanto per l'odore nauseante ma per la fortissima e persistente irritazione al naso che provoca anche in quantità irrisorie.
Se qualcuno dovesse per caso replicare questa esperienza è messo in guardia nella maniera più seria che mi sento di esprimere: --> lavorare all'aperto e con grandissima prudenza. H2Se non è una sostanza con la quale si può scherzare.

                               ---oooOOOooo---

Allora, pesare 10 g di rosso di cadmio, metterli in una beuta da 150 ml su agitatore magnetico e aggiungere...

... per cosa aggiungere bisognerà aspettare la prossima volta!

 
 
 

Il selenio, le sue forme e qualche curiositą

Post n°103 pubblicato il 04 Maggio 2011 da paoloalbert
Foto di paoloalbert

Perchè un post dedicato espressamente al selenio?
Perchè prossimamente descriverò l'estrazione di questo elemento da un prodotto commerciale (accettabilmente reperibile) con una bella e inedita procedura nella quale vedremo bene almeno un paio di forme allotropiche di questo elemento... ma non anticipiamo!

Due parole su questo elemento le dico, contravvenendo alla mia consueta regola di omettere quello che si può trovare in un attimo in rete.

Il selenio fu scoperto nel 1817 da quel gran chimico di Berzelius ed il suo nome deriva da una singolare analogia: nel 1782 M. von Reichstein aveva scoperto il tellurio, il quale fu poi studiato da M.H.Klaproth, che nel 1798 gli diede questo nome dal latino "tellus", terra.
Considerando l'analogia fra i due elementi, ragionò Berzelius, se il tellurio era la terra, il selenio sarà la luna! E così gli diede il nome che porta tutt'ora, prendendo spunto dal greco "Σελήνη", che vuol dire come tutti sanno, "luna".

Si presenta in vari stati allotropici.
Precipitandolo dalle sue soluzioni si presenta nells forma monoclina di selenio rosso. Fuso e raffreddato rapidamente si ottiene vetroso, fragile, nero, non conduttore; scaldato di trasforma, con sviluppo di calore, in selenio grigio o metallico, romboedrico, semiconduttore, che si ottiene anche lasciando raffreddare lentamente l'elemento fuso.

Il selenio rosso è solubile in solfuro di carbonio e dalle soluzioni può cristallizzare nelle due forme, alfa e beta.

FotocellulaIl selenio metallico al buio conduce poco la corrente elettrica, ma se illuminato la sua conducibilità aumenta di un migliaio di volte per effetto fotoelettrico; tale effetto è stato sfruttato fin nelle prime fotocellule che hanno permesso tra l'altro l'avvento del cinema sonoro.

 

 



Esposimetro

 

Gli appassionati di fotografia meno giovani (chiamiamoli così...) ricorderanno il balletto che si doveva fare prima di ogni scatto tra la macchina fotografica e quell'aggeggio chiamato esposimetro, che forniva, grazie al selenio, la giusta esposizione su cui regolare manualmente tempi e diaframmi...


Raddrizzatore SeCol selenio (o meglio con i raddrizzatori che vediamo in figura) ci giocavo parecchi anni fa: allora avere a disposizione un cosino così piccolo che raddrizzava la corrente alternata di rete senza dover ricorrere alle valvole, era un lusso, un oggetto di alta tecnologia!

 

Ora, di questi tempi, mi son messo a giocare addirittura col selenio come 34° elemento della Tavola Periodica: la prossima volta lo farò in concreto.

 
 
 

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