Creato da paoloalbert il 20/12/2009

CHIMICA sperimentale

Esperienze in home-lab: considerazioni di chimica sperimentale e altro

 

Messaggi di Settembre 2012

Sintesi dell'o- e p-Cloronitrobenzene

Post n°198 pubblicato il 16 Settembre 2012 da paoloalbert

La mononitrazione del benzene e dei suoi alogenoderivati è facile, tuttavia nel caso dei derivati monosostituiti si pone poi la necessità di separare gli isomeri prodotti.
Nel caso del clorobenzene (nel quale l'atomo di alogeno è o-p- orientante) si otterrà dopo la nitrazione una miscela di o- e p- nitroclorobenzene, che vanno separati.
(Si forma anche un pochino di m-derivato, ma è in subordine e per i nostri scopi possiamo trascurarlo).
Ho provato questa sintesi per vederne la resa e le possibiità di separazione, sfruttando il fatto che il p-derivato è pochissimo solubile in etanolo freddo, a differenza degli altri isomeri, che rimangono in soluzione.

 

 Nitroclorobenzene 1
                         I tre nitroderivati


Materiale occorrente:
 
-clorobenzene C6H5Cl
-acido nitrico
-acido solforico
-etanolo
-vetreria opportuna
 
Nitroclorobenzene 2In un pallone da 250 ml mescolare cautamente 20 ml di acido nitrico al 65% e 20 ml di acido solforico concentrato. Raffreddando con acqua per evitare che la temperatura salga oltre i 20-30°, aggiungere goccia a goccia 10 ml di clorobenzene mettendo il pallone su agitatore magnetico ed alla fine dell'aggiunta lasciar mescolare per un'ora a temperatura ambiente. Riscaldare poi dolcemente e tenere per un'altra ora sull'agitatore.

 

Nitroclorobenzene 3Alla fine si otterrà una miscela in due fasi, che verrà versata, sempre agitando, in 200 ml di acqua molto fredda.

 

 

 

 

Nitroclorobenzene 4Si separa un solido bianco, che verrà filtrato su buchner eliminando il più possibile il liquido acido. Rompere bene i grumi con una bacchetta di vetro e lavare prima con una soluzione fredda al 5% di NaHCO3 e poi ancora con acqua ghiacciata fino a eliminazione completa dell'acidità.

Nitroclorobenzene 5

 

 

Si ottiene una miscela di o- e p-cloronitrobenzene, in percentuale relativa di circa 70-30 in favore del primo. Sciogliere il prodotto ancora umido (ma ben pressato) nella minima quantità di etanolo bollente fino a soluzione limpida; coprire il becher con un vetrino per evitare l'evaorazione del solvente e lasciar raffreddare lentamente.

L'isomero para precipita in cristalli quasi incolori mentre l'o- rimane in soluzione che viene separata con una cauta decantazione.
Lavare il solido con tre porzioni da 1,5 ml di etanolo freddo e unire il lavaggio all'altra soluzione.

 

Nitroclorobenzene 7

                     Il sottoprodotto (o-cloronitrobenzene)


Asciugare il p-derivato e raccogliere su carta da filtro i bei cristalli, che asciugano molto facilmente (p.f. 80-83°); per l'altro isomero lasciar evaporare il solvente fino a cristallizzazione, che è però più difficile, anche per il bassissimo punto di fusione (teorico 31-33°, in pratica più basso).
Per questo si ottengono cristallini untuosi, di colore giallo verde chiaro.

Entrambi questi nitroderivati hanno il caratteristico, penetrante e molto persistente odore di mandorle amare come il nitrobenzene, sono irritanti e tossici e vanno quindi trattati con la cautela dovuta a tutte queste sostanze benzene-derivate.

La resa è stata di 7 g di p-cloronitrobenzene e di 1,7 g di o-cloronitrobenzene, circa il 54% sul totale.

 

Nitroclorobenzene 6

              Il prodotto (p-cloronitrobenzene) cristallizzato


Ho di gran lunga privilegiato la resa nell'isomero para, lavando bene e lasciando che le impurezze si concentrassero nel liquido madre, che alla fine ha fornito una esigua resa nell'isomero o-; essendo alquanto dubbioso sulla purezza di quest'ultimo (p.f. troppo basso) ed in piccola quantità, alla fine ho preferito non conservarlo.

Il p-cloronitrobenzene ha avuto invece il solito onore di una bottiglietta tutta sua.

 
 
 

Sintesi del Propionato di n-amile

Post n°197 pubblicato il 04 Settembre 2012 da paoloalbert

Mi accorgo che è tanto tempo che non propongo un'esterificazione di Fischer, sintesi che mi è simpatica oltre che per la sua semplicità soprattutto perchè porta spesso a prodotti odorosi, in copia alla natura.
Ho sintetizzato stavolta il propionato di n-amile per riprendere quell'abitudine di verificare olfattivamente i piacevoli olezzi degli esteri inferiori.
 
La reazione (non il meccanismo) è banale: si ha unione tra il radicale acido ed il radicale alcolico, chiamiamoli così, con eliminazione di acqua e formazione dell'estere.
La reazione è catalizzata dalla presenza di un po' di acido solforico concentrato.
 
                                           H+
CH3-(CH2)4-OH + CH3-COOH ----> CH3-COO-(CH2)4-CH3 + H2O  

 
Materiali occorrenti:
 
Acido propionico CH3-CH2-COOH
n-Pentanolo CH3-(CH2)4-OH
Acido solforico
Sodio bicarbonato NaHCO3
Apparato di distillazione (Liebig e Allhin)
Imbuto separatore
Vetreria varia 
 
 Procedimento

Amile propionato 1-In un pallone da 100 ml si intoducono 55 ml di acido propionico e 25 ml di alcool n-amilico, e poi, cautamente mescolando, si aggiungono 2 ml di H2SO4 concentrato. 
Organizzare il sistema con riscaldamento e refrigerante a ricadere e portare il pallone all'ebollizione e a lento riflusso per alcune ore; io ho acceso il riscaldatore alle 10 di mattina e l'ho spento alle 4 del pomeriggio, per un totale di sei ore.


L'ebollizione avviene tranquillissima (non servono palline antibump) intorno alla temperatura azeotropica di 115°. Dopo il lungo riflusso lasciar raffreddare, pipettare il fondo (la maggior parte dell'H2SO4) e versare il liquido in un becher con acqua e NaHCO3 fino ad eliminazione della maggior parte dell'acidità residua.
Lavare ancora e neutralizzare a più riprese agitando bene fino a cessato sviluppo di CO2.

Amile propionato 2Porre in imbuto separatore ed eliminare la soluzione di fondo; essicare la fase organica più leggera con qualche grammo di CaCl2, quindi porre il prodotto in un palloncino da 100 ml e distillare, trascurando ciò che passa sotto i 155°
Raccogliere la frazione tra 155° e 160°, che è la maggior parte, ed essicare ulteriormente con un pochino di CaCl2. Ridistillare per ulteriore purificazione.
La resa è stata di 32 ml (28 g), circa 66%. n-Amile propionato, p.e. 160°, d.0,88-

Anche questa Fischer non dà problemi e non richiede commenti particolari, con resa abbastanza buona usando un eccesso di acido propionico (ho usato un rapporto acido/alcol di quasi 3:1) per spostare il più possibile l'equilibrio verso destra.

Ed ora la prova principale, quella dell'olfatto
, che per meglio aprezzare va sempre fatta su soluzioni diluite.
L'amilpropionato presenta anch'esso odore piacevole che, avendoli preparati tutti e tre, sta circa in mezzo, per così dire, tra l'acetato (come di pere william molto mature) ed il butirrato (come di lamponi o di caramelle alla frutta).
L'odore è quindi assai fruttato e piacevole, e naturalmente molto difficile da definire oggettivamente.

Un altro piccolo estere degno di finire nella mia collezioncina.

 
 
 

Il fascino dell'attenuazione

Post n°196 pubblicato il 01 Settembre 2012 da paoloalbert
Foto di paoloalbert

Per continuare il discorso dell'altra volta, dovrei adesso parlare della propagazione delle radioonde.
Naturalmente mi guarderò bene dal farlo, rimandando alle trattazioni che si possono trovare in rete senza alcuna difficoltà.
Solo come cenno indispensabile, dirò che la chiave del problema (mi riferisco specificamente a collegamenti a lunga distanza in onde corte) è che l'onda emessa da un trasmettitore deve "rimbalzare" più volte sugli strati ionizzati dell'alta atmosfera (i principali sono chiamati F1 ed F2) che circondano la terra, come se il pianeta fosse avvolto da più superficie sferiche a specchio sulle quali l'onda in arrivo si riflette verso terra, poi da questa ancora verso la ionosfera, poi ancora verso terra... e così via a salti multipli fino a giungere a destinazione, magari a 15 mila Km di distanza.
Si capisce che in tutta questa serie di rimbalzi lungo "specchi" così evanescenti e quasi del tutto inefficienti l'attenuazione del segnale, già debole in partenza, è a dir poco enorme (le potenze negative del dieci si sprecano!).
 
Chi genera questi strati ionizzati che circondano la terra a mo' di specchio per le radioonde? Il sole, of course!
 
Ecco quindi che la propagazione in onde corte è fortemente influenzata dall'illuminazione solare nelle zone di trasmissione-ricezione a seconda della loro reciproca posizione geografica, delle sue variazioni giornaliere, stagionali e periodiche, e tutto in funzione della frequenza di lavoro.
Fra le variazioni cicliche che interessano pesantemente le comunicazioni a grande distanza ve n'è una a lungo periodo, molto importante e spettacolare, ed è il ciclo undecennale del sole.
Tale variazione dipende quasi direttamente dal livello di attività delle macchie solari (in pratica dal loro numero) che risulta presentarsi con buona regolarità ogni undici anni circa.
L'attività solare segue quindi una specie di sinusoide con massimi e minimi secondo quel periodo, e con tutte le relative fasi intermedie.
Ometto naturalmente anche la genesi e l'influsso che hanno le macchie sulla ionizzazione degli strati dell'alta atmosfera; basti qui sapere che esiste una correlazione forte tra questi due elementi.
 
In questo periodo siamo verso il massimo del ciclo, con mediamente un centinaio di macchie (il numero è molto variabile a breve periodo), che comporta quindi delle buone possibilità di collegamenti molto lontani, indipendentemente da tutti gli altri parametri che il collegamento stesso comporta.
Non è detto infatti che un collegamento tra due stazioni sia fattibile solo perchè lo è teoricamente: nel caso radioamatoriale vi è in mezzo il fondamentale imprevisto "umano".
Se una stazione è "rara" (nel senso che in quel posto vi sono pochissimi o quasi nessun operatore) quando essa diviene attiva il collegamento diventa di per sè difficilissimo perchè per una sola stazione target vi sono innumerevoli stazioni "cacciatrici" che tentano contemporaneamente di collegarla... ed il mondo è grande!

Faccio un esempio semplice: dall'Italia è banale per un DX'er collegare una stazione alle Azzorre (non dico che sia come parlare al telefono, ma dopo tutto sono "solo" 3300 Km...), mentre è MOLTO difficile collegare diciamo l'isola Jan Mayen, anche se è un po' più vicina (3100 Km); questo semplicemente perchè in quest'isola sperduta nel mare artico non ci sono quasi mai operatori, e quando ci sono il loro contatto deve realizzarsi facendoci strada col nostro segnalino in mezzo ad una vera giungla di segnali radio di tutte le potenze e di tutte le provenienze, sincronizzando la giusta frequenza con il giusto orario di "apertura" della propagazione!
Se poi la distanza diventa transoceanica...
 
Ecco che il DX diventa equivalente ad un vero sport con tantissimi partecipanti e molte variabili; non ha un fine pratico (parlare di qualcosa con qualcuno) ma solo quello di riuscire a fare il collegamento in sè stesso (che è sempre molto breve), per dimostrare che "si può arrivare fin là" anche con mezzi limitati, senza ripetitori, senza Internet, senza satelliti... ma solo applicando quello che c'è da sapere sulla propagazione e naturalmente con quel po' di "manico" che è indispensabile in tutti gli sport.
Come salire su una vetta NON con l'elicottero, ma portando nello zaino tutto ciò che serve.
 
Per chi scrive, il fascino di un collegamento radio DX sta proprio nella consapevolezza di questa pazzesca attenuazione del segnale e della possibilità di decodifica da parte del ricevente nonostante tutto.

Io emetto dall'antenna 100 W di radiofrequenza, cioè la potenza di una misera lampadina, e so che questi si irradiano "dovunque" (semplificando) nello spazio secondo una sfera tridimensionale immaginaria e si attenuano col quadrato della distanza.
Che potenza avrà il mio segnale a 12 mila Km di distanza in una zona puntiforme? Meno di zero, vien da dire...
 
Eppure, soprattutto per grazia delle macchie solari che negli anni precedenti mancavano, questa potenza infinitesima viene incredibilmente rivelata e decodificata...
 
Spero di aver spiegato cos'è un DX e perchè, nella calda estate del 2012, ho fatto poca chimica.

 

Antenna

 
 
 

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