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sensitivi e morbo di alzheimer

Post n°5 pubblicato il 19 Luglio 2006 da cziffra

sto tornando da una cena al ristorante cinese. e, non so perché, mi viene di dire questo. e cioè che sento le persone un attimo prima di 'conoscerle'. basta una stretta di mano, un modo di fare, una risposta, il tono della voce, lo sguardo. piccole cose. tutto quello che sento e guardo mi rivela il tuo modo d'essere. il tuo stato d'animo. chiunque tu sia. questo è quello che penso di saper fare quando capitano cose come quella di cui vi parlo ora.

sono uscito a pranzo con dei colleghi. due mesi fa circa forse poco più. fra questi c'era una ragazza, ormai donna, che era lì perché era organizzato da lei il pranzo. era il suo addio ai colleghi. io arrivavo, lei andava. ma non per causa mia. 'perché non le danno l'aumento' mi dissero. infatti lei si occupava di tutt'altro e con tutt'altra esperienza della mia. lei ne aveva io no. abbiamo scambiato qualche parola. qualche passione in comune. quando ho guardato i suoi occhi mi è venuta in mente una conoscente che era in vacanza con la mia famiglia. ero piccolo. a quella venne l'alzheimer. quella malattia che ti spegne che nasce per quel terribile fardello genetico che la scienza definisce familiarità. quella malattia che se ha qualche tuo parente...più stretto è e più ti senti accomunato al suo triste e sfortunato destino.

ho guardato quella ragazza negli occhi. mi parlava di moto. a me è venuto in mente, come se fossi tornato piccolo, lo sguardo di quella signora. un po' lo sguardo dell'ultimo ronald reagan. ma era uno sguardo non ancora vivo. non era ancora quello. ma qualcosa che si intravedeva appena. si intravvede la femminilità nello sguardo del s.giovanni battista di leonardo. qualcosa che c'è...ma che ancora deve svelarsi totalmente. ho visto in quella ragazza quell'espressione negli occhi. e ne rimasi colpito.

dopo quel pranzo, essendosi licenziata, non seppi nulla di lei. se non che era una bravissima collaboratrice. anche questo avevo intuito. un giorno la sentii parlare. sapeva il fatto suo.

dopo qualche settimana, forse più di un mese e mezzo arrivò una telefonata in studio. seppi che il padre di quella ragazza era morto. si doveva mandare una raccomandata. seppi che era malato. morì d'alzheimer.

io purtroppo sono ancora sconcertato quando ci penso. chiedo scusa a tutti se lo racconto. ma ogni tanto ci ripenso e non so se credere al caso o alle coincidenze o alle suggestioni o che.

eppure penso spesso di avere quello che i sensitivi chiamano sesto senso. ma rido ogni volta che lo scrivo e prima ancora quando lo penso.

so solo che vorrei sbagliarmi più spesso. in tutto. anche quando vedo negli altri cose molto più 'semplici'. una banale antipatia. una banale insicurezza. etc.

 
 
 
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