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La pentolaccia

Post n°277 pubblicato il 16 Marzo 2019 da pasquale.zolla

 

 

 

La pentolaccia, ai tempi della mia fanciullezza, era una festa che si svolgeva, generalmente, nelle case la seconda domenica di Quaresima, dove si ballava prima di rompere la pignata, riempita di noci, fichi secchi, fave e lupini.

 

Era una tradizione molto sentita a Lucera e lo è tutt’oggi soprattutto da chi, come me, è avanti negli anni. Tra l’altro molti miei ricordi sono legati al cortile di Santa Caterina dove il nostro amato Servo di Dio Padre Angelo Cuomo in detta ricorrenza faceva trovare delle pentole di terracotta appese ad un filo con dentro segatura e caramelle.

 

Un ricordo a me tanto caro perché la prima volta che vi partecipai c’erano un centinaio di ragazzi e, nel vedere quelle poche caramelle cadere ad ogni pignata rotta, pensai ad un miracolo perché per terra alla fine c’erano caramelle molto più che sufficienti per tutti.

 

Noi ragazzi, a turno, venivamo bendati e armati di bastone e su indicazione dei presenti che gridavano: Acqua, fuocherello, fuoco, ad indicare la distanza e la vicinanza della pignata da colpire, menavamo colpi a casaccio e a volte colpivamo dei ragazzi che non si distanziavano di qualche metro dalla corda con le pignate.

 

Oggi tale gioco lo si usa nelle feste dei compleanni dei bambini per rendere più movimentata e divertente la festa del bimbo festeggiato, perché per i bimbi vedere rotta una pignata colma di cioccolate e caramelle significa tuffarsi per terra per accaparrarsi la maggior quantità.

 

Ma vediamo quali sono state le origini di tale festa!

 

Per alcuni affondano nella storia della scoperta dell’America: si narra che, all’inizio del XVI secolo, i missionari spagnoli arrivati colà, utilizzarono la pignata per attirare i nativi alle loro cerimonie.

 

Sembra, invece, che gli indigeni avessero già una tradizione simile per celebrare il compleanno della divinità della guerra. Infatti alla fine dell’anno i sacerdoti aztechi collocavano nel tempio un recipiente di argilla adornato di piume colorate e pieno di piccoli tesori. Quando la pignata veniva rotta i tesori in essa contenuti cadevano ai piedi degli dei.

 

I Maya, invece, usavano praticare un gioco molto simile a quello della mia infanzia: i partecipanti al gioco, con gli occhi bendati, dovevano colpire un recipiente di argilla sospeso con una corda.

 

Furono, comunque, i missionari a trasformare questo gioco dandogli un significato religioso: il recipiemte di argilla decorato rappresentava Satana che doveva essere distrutto.

 

La pignata, che aveva sette coni, rappresentava i sette vizi capitali, ed era riempita di dolci e frutta che rappresentavano le tentazioni di abbondanza e i piaceri terreni.

 

Il partecipante bendato, invece, rappresentava la fede che, seppur cieca, vince il male e il bastone utilizzato per romperla simboleggiava la virtù.

 

Con il gioco della pignata la gente che vi partecipava era costretta ad alzare lo sguardo verso il cielo per vederla colpita, mentre era sospesa da una corda, aspettando il premio di ciò che in essa era contenuto. Una volta sotto il recipiente, le caramelle e la frutta che cadevano giù rappresentavano la giusta ricompensa per la fede mantenuta.

 

La festa della pignata venne introdotta in Europa nel XIV secolo e venne adattata alle celebrazioni della Quaresima.


 

 
 
 
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