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Messaggi di Novembre 2013

Papa Francesco: Una chiesa per l'umanità derelitta

Post n°86 pubblicato il 21 Novembre 2013 da pasquale.zolla

Una Chiesa povera per i poveri

Papa Francesco come il Poverello d’Assisi

Non passa giorno che Papa Francesco, sia nelle parole che nei fatti, non faccia sapere al mondo intero che vuole una Chiesa povera per i poveri e fra i poveri.

Non era, d’altronde, e non è una novità, visto la scelta del nome nella sua elezione alla cattedra petrina. Da subito ha evidenziato di voler restare il più possibile vicino al Vangelo per trarre i principi di misericordia e comprensione, tenendone al centro l’umanità intera.

È in questa vicinanza al Vangelo la sua grande capacità di spiegare al mondo che Dio ha inviato suo Figlio non solo per i credenti ma anche per i non credenti in quanto è Gesù che illumina ogni persona che viene in questo mondo.

Gesù che si è fatto carne non per indossare un abito e imitare le movenze degli uomini, ma ha amato anche i dolori, le gioie e i desideri; ha avuto tutte le tentazioni della carne e le ha vinte non in quanto Dio, ma in quanto uomo che si era posto il fine di portare l’amore per gli altri allo stesso livello d’intensità dell’amore per sé e ha applicato  in pieno il comandamento: Ama il prossimo tuo come te stesso!

E Papa Francesco sta mettendo in pratica, giorno dopo giorno, quel comandamento. Egli, infatti, non si prefigge di conquistare e fare proselitismo, ma piuttosto di testimoniare e percorrere un tratto del cammino insieme e dire ai cristiani: “Dovete camminare come Gesù camminava insieme agli Apostoli!”

Sta in questo cammino la dimensione etica e il senso dei diritti universali che sono più importanti dell’appartenere o meno ad una Chiesa.

Per molti suonerà strano questo suo modo di camminare accanto e con i poveri sparsi per il mondo. Perché, e lo si sa!, gli uomini cercano, da sempre, una verità più piena e più ampia, una verità che non possiedono. E per trovarla non servono dogmi e dottrine, ma il presupposto che esistono ancora risposte da cercare, che esiste un mistero, e che questa ricerca mette tutti gli uomini sullo stesso piano.

La fede cristiana, simbolo di luce, è stata spesso bollata come il buio della superstizione che si oppone alla luce della ragione in quanto tra la cultura di ispirazione cristiana e quella d’impronta illuminista c’è sempre stata incomunicabilità.

Papa Francesco si è avviato verso il superamento di questa ambivalenza perché ha aperto un dialogo senza preconcetti che apre le porte ad un serio e fecondo incontro; un dialogo che è espressione intima ed indispensabile del credente.

A Scalfari, ad esempio, che gli chiede se il Dio dei cristiani perdona chi non crede e non cerca la fede, risponde: “La questione per chi non crede in Dio sta nell’obbedire alla propria coscienza. Il peccato, anche per chi non ha fede, c’è quando si va contro la coscienza!”

È come dire che nella Chiesa c’è il primato della libertà di coscienza: “Ciascuno ha una sua idea del Bene e del Male e deve scegliere di seguire il Bene e di combattere il Male come ognuno li concepisce. Basterebbe questo per migliorare il mondo!”

Papa Francesco, come il Poverello d’Assisi, vuole una Chiesa di tutti senza politica e senza compromessi, dove tutti siano fratelli e figli di Dio, come chiaramente espresso nel Concilio Vaticano II che auspicava un mondo d’amore senza la presenza di personaggi discutibili; una Chiesa capace di incontrare, ascoltare, dialogare, aiutare e difendere fede e amore.

Una Chiesa missionaria e povera, come la voleva, ai suoi tempi, Francesco d’Assisi, che dovette lottare a lungo con la gerarchia romana e il Papa per far riconoscere le regole del suo Ordine, basate sul non possesso di beni materiali, ma intrise d’amore per i meno abienti e per i sofferenti che vivevano ai margini della società e della stessa esistenza.


 


‘A Cchjìse de Pape Frangisske

Ddìje ka karne fatte s’éje sèmbbe

have ditte ka u règgne suje

nenn’éve è nne nzarrìje maje

state de stu munne. A Ccèsere

dite kuille k’éje de Cèsere

è a Ddìje kuille k’éje de Ddìje.

U krestjanèsme nenn’avarrìje

maje duvute avè tendazzjune

d’u duminje sóp’a tèrre, ma have

spisse ‘sercetate u putére

tembburale suprann’a pasturaletà

d’a Cchjìse. U Papa venute d’a fine

d’u munne, Frangiske, ‘a Cchjìse

vóle arrepurtà vèrze ‘a puvertà,

rennènnele pòvere p’i pòvere;

‘na Cchjìse kuraggiòse funnate

sóp’è nzengaminde d’u Vangéle.

 

La Chiesa di Papa Francesco

Dio incarnato sempre

ha detto che il suo regno

non era e non sarebbe mai

stato di questo mondo. A Cesare

date ciò che è di Cesare

e a Dio ciò che è di Dio.

Il cristianesimo non avrebbe

mai dovuto avere la tentazione

della teocrazia, ma ha

spesso esercitato il potere

temporale superando la pastoralità

della Chiesa. Il Papa giunto dalla fine

del mondo, Francesco, la Chiesa

vuole riportare verso la povertà,

rendendola povera per i poveri;

una Chiesa coraggiosa basata

sugli insegnamenti del Vangelo.

 



 

 
 
 

Grazia per Berlusconi? La chieda al Signore che è nei cieli

Post n°85 pubblicato il 11 Novembre 2013 da pasquale.zolla
Foto di pasquale.zolla

 

 

La verità assoluta del centrodestraitaliano

 

Nonè né Dio né la fame, ma Berlusconi

 

Sesi desse alla gente la possibilità di rispondere liberamente, senza porrepaletti o domande preparate, a cosa sia più utile, importante, veloce,assoluto, che conta e via dicendo, ognuno darebbe una risposta diversa daglialtri che non sarebbe mai uguale a nessun’altra.

 

Neglischieramenti politici, invece, questo non avviene. A volte è noia e mortoriosentire blaterare sempre e solo cose che a nessuno servono, soprattutto quandoci si mette a fianco di chi si ritiene l’unico, il non plus ultra, il salvatoredell’Italia dai comunisti e dallo sfacelo di cui lui è stata la causa prima!

 

Esempinon servono, visto che per la tanto decantata decadenza da Senatore si è alzatoun vocio e uno schiamazzo talmente disgustoso che ha oscurato completamente iproblemi veri che attanagliano il popolo italiano, a cui vengono promessiinterventi risolutori a portata di mano, ma poi si ritorna a parlare di lui, dell’assoluto“essere vivente” che tutto può e nulla ha mai fatto, se non arricchirsi adismisura tanto da comprarsi anche “senatori” di bassa lega morale.

 

Dallasua ascesa politica (1994) ha fatto il bello e il cattivo tempo.

 

Haportato la Lega al governo e poi ha rotto e ricucito; ha eliminato la destramissina e poi ha fatto “fuori” Fini e personalità del “centro”: Casini ne saqualcosa, anche se oggi la gente, che si è resa conto delle sue “chiacchiere”abbaglianti ma non proficue, gli si è rivoltata contro negandogli la fiducia,sta ritornando pian pianino all’ovile berlusconiano per avere la certezza disedere in parlamento con una eventuale carica importante, come in passatoquando rivestì la carica di presidente della Camera.

 

Lasentenza della Cassazione e la rivolta delle colombe (Cicchito, Quagliarello,Alfano, Lupi …), ad una persona di buon senso avrebbe indicato la via dell’abbandonomettendosi da parte e dando a giovani di una certa levatura politica di portareavanti una politica più adatta a stare dalla parte dei cittadini e non a difesadi eventuali aziende o testate giornalistiche e televisive o società truccate(il conflitto di interessi è ancora lì che langue!).

 

Lui,invece, non ne vuol sapere! Il suo verbo non può morire, perché non ci sono veritàpiù assolute di quelle che escono dalla sua bocca. (Eppure dovrebbe sapere chele uniche verità assolute su questa terra sono Dio e la fame!)

 

Eper dimostrare la sua grandezza ritorna a rifondare Forza Italia perché cosìpotrà far fuori tutti coloro che provengono dalle piccole formazioni a luiassociate, anche se ritorneranno in auge al momento delle votazioni perattirare come calamita vecchi “idealisti” di questo o quel partito. (E poidicono che esistono solo due schieramenti: centrodestra e centrosinistra! Falsebugie che si perdono come feluche al vento!

 

Nonsolo! Se le colombe, alcune sono solo piccioni che aspettano offerte dacapogiro!, ritengono che la sua parola non è più il verbo, allora arrivano leminacce: Farete la fine di Fini!, o vengono sguinzagliati giornalisti a cercare“magagne” nella vita dei “traditori” che verrano usate come ri…. , parola chenon vorrei essere io a pronunciare ma chi leggerà questo mio breve dire.

 

Peròi falchi (vi ricordate il radicale Capezzoni?), tra cui gli ex missini che conlui al governo hanno retto ministeri, a spada tratta continuano a blaterare “procavaliere” verità unica e assoluta, ma nemmeno una parola spendono pereliminare privilegi e Enti che buttono soldi al vento. Anzi propongono ditagliare le pensioni di anziani che hanno fatto “il mazzo” per oltre unquarantennio: l’importante è che loro non si tocchino!

 

Epensare che in caso di votazioni il popolo italiano continuerà a dare loro lafiducia! Perché? Per avere, dopo, la possibilità di lamentarsi!   

 
 

 

 

 

 Nu kande ò kavalire addedekate 

Karekavalire, tu ka d’ò ninde

 

sìvvenute è kk’affare póke chjare

 

numbbére haje krjate; tu ka sì

 

vvenutepe l’Italje d’è ciambbe

 

d’ikumuniste sarvà. Kum’a llustre

 

k’aèssced’a skurde, k’u putére tuje

 

òggnèkkósekride d’avè krjate

 

èkkum’a nu ddìje vuj’èsse vvenerate

 

pekkè,a parére tuje è dd’i tuje

 

kumbbaggne,nessciune sènze de tè

 

pódekambbà. Pe ttè s’avezèjene

 

kandede gròrje da ki d’i sórde tuje

 

havesuffrùuìt’è kkarrire mbbuliteke

 

ènne nzule have fatte. Ma kuilli

 

kande‘na letanìje a mmurte sònne

 

addevendate.I tanda ggènde

 

kape ttè nd’i chjazze s’aunèvene

 

nusèrcete de Masanille èvene

 

pekkè,k’u jì a ‘nnanze d’u timbbe,

 

d’èfaveze veretà tuje sscetate,

 

aketekèlle se sònne arreterate.

 

 

 

Uncanto al cavaliere dedicato

 

Caro cavaliere, tu che dal nulla

 

sei sorto e con affari poco leciti

 

un impero hai creato; tu che sei

 

venuto per l’Italia dalle grinfie

 

comuniste salvare. Come luce

 

che spunta dalle tenebre, col tuo potere

 

ogni cosa credi d’aver creato

 

e come un dio vuoi essere venerato

 

perché, a parer tuo e dei tuoi

 

accoliti, nessuno senza di te

 

può vivere. Per te si levano

 

canti di gloria da chi dei tuoi soldi

 

ha usufruito e carriera in politica

 

e non solo ha fatto. Ma quei

 

canti un de profundis sono

 

diventati. Le masse

 

che per te nelle piazze si radunavano

 

un esercito di Masaniello erano

 

perché, con il passare del tempo,

 

dalle tue false verità svegliate

 

in buon ordine si sono ritirate.

 

 
 
 

Onore e gloria alle Forze Armate d'Italia

Post n°84 pubblicato il 03 Novembre 2013 da pasquale.zolla
Foto di pasquale.zolla

 

 

Il 4 novembre: Festa delle Forze Armate

 

È un giorno importante per la storia d’Italia: si celebra inquesta data l’armistizio che nel 1918 pose fine alle ostilità tra l’Italia el’Austria - Ungheria, concluse sul campo con la vittoriosa offensiva di VittorioVeneto.

 

Una vittoria frutto della dedizione, del sacrificio e dell’unitàdel popolo italiano. Una vittoria che costò la vita a 689.000 italiani mentre1.050.000 furono i mutilati e i feriti: cifre che devono far riflettere, numerida ricordare.

 

La festa celebra, oggi, l'esercito e ha le sue radici in tempi lontani, damolti forse dimenticati: il 4 novembre 1918, con la firma dell'armistizio aVilla Giusti, in cui veniva sancita la sconfitta delle truppe austriache aseguito dell'affermazione italiana sul Piave e nella battaglia campale diVittorio Veneto.

 

L'Italia era così pronta a sedersi al tavolo dei vincitori.

 

Il giorno della memoria, ufficializzato nell'ottobre 1922 dall'ultimogoverno liberale, doveva contribuire tanto a celebrare la vittoria dell'Italiaquanto a ricordare il sacrificio di chi perse la vita durante il sanguinosoconflitto. 

 

A partire dal '49 essa divenne anche “Festa delle Forze armate”,ritenute quali vere depositarie dei valori della concordia e dell'unità.

 

Oggi l’Anniversario non viene più celebrato come festanazionale, le scuole non sono più chiuse e la gente va regolarmente a lavorare.

 

Per chi vive, ancora oggi, nei valori della Patria, in fondo alproprio animo sente un’indicibile tristezza perché abbiamo perso quei simboli evalori comuni che erano il fondamento della vita civile e politica degliItaliani.

 
 
 
 

IV Nùuèmbre: nu jurnekum’a n’avete

 

U kuatte Nùuèmbre, Anneverzarje

 

d’a Vettòrje, i skóle chjus’èvene

 

è a fatekà n’nze jéve p’aunurà

 

i kadute ka k’u saggrefice lóre

 

l’Italje d’ò pite nemik’èvene

 

lebberate. Nd’i chjazze d’i pajìse,

 

avvecin’è munumènde k’i nnume

 

d’i kadute, u éke de ‘na tròmme,

 

ka u sulènzje sunave, vèrz’u cile

 

s’agavezave. Nd’u mupe sulènzje

 

jév’u penzire vèrze kuill’èróje

 

ka sòtt’a nuta tèrr’arrepusavene

 

p’addummannà lóre de grazzjune fà

 

a Ddìje pekkè ‘llustrasse i vive

 

nd’a fratellanze è ‘a pace kambà.

 

Mò k’a fèste cchjù n’nze celebbréje

 

nd’u kóre ‘na granne trestèzze stace

 

pekkè pèrze avime kuilli simmele

 

è vvalure kumune ka nenn’èvene

 

aunut’a trademènd’è sseparazzjune,

 

ma nd’a unjun’è nd’u ‘jute rrecipreke,

 

kum’a ‘na mane ka l’avete lave.

 

IV Novembre: un giorno come un altro

 

Il quattro Novembre,Anniversario

 

della Vittoria, le scuoleerano chiuse

 

e non si andava a lavorareper onorare

 

i caduti che con il lorosacrificio

 

l’Italia dal piede nemicoavevano

 

liberato. Nelle piazze deipaesi,

 

vicino ai monumenti con inomi

 

dei caduti, l’eco di unatromba,

 

che suonava il silenzio,verso il cielo

 

si alzava. Nel mutosilenzio

 

il pensiero volava versoquegli eroi

 

che sotto la nuda terrariposavano

 

per chiedere loro dipregare

 

Iddio perché illuminasse ivivi

 

a vivere in fratellanza epace.

 

Oggi che la festa più nonsi celebra

 

nel cuore c’èun’indicibile tristezza

 

perché abbiamo perdutoquei simboli

 

e valori comuni che nonerano

 

legati a tradimenti eseparazioni,

 

ma nell’unione e nelreciproco aiuto,

 

come una mano laval’altra.

 
 
 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 
 
 
 

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