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Messaggi del 04/01/2020
Post n°298 pubblicato il 04 Gennaio 2020 da pasquale.zolla
La Befana La Befana è nel nostro immaginario una vecchietta che porta doni ai bambini la notte tra il 5 e il 6 gennaio, in ricordo di quelli offerti al Bambino Gesù dai Re Magi. La sua rappresentazione è: un gonnellone scuro ed ampio, un grembiule con le tasche, uno scialle, un fazzoletto o un cappellaccio in testa, un paio di ciabatte consunte, il tutto assortito da coloratissime toppe. L'origine di questa figura va probabilmente connessa a tradizioni agrarie pagane relative all'anno trascorso, ormai pronto per rinascere come anno nuovo. Difatti rappresenta la conclusione delle festività natalizie come interregno tra la fine dell’anno solare e l'inizio dell’anno lunare. L'aspetto da vecchia sarebbe dunque una raffigurazione dell'anno vecchio: una volta davvero concluso, lo si può bruciare così come accadeva in molti paesi europei, dove esisteva la tradizione di bruciare fantocci, con indosso abiti logori. In quest'ottica l'uso dei doni assumerebbe un valore propiziatorio per l'anno nuovo. Un'ipotesi suggestiva è quella che collega la Befana con una festa romana, che si svolgeva all'inizio dell'anno in onore di Giano e di Strenia (da cui deriva il termine "strenna") e durante la quale si scambiavano regali. Secondo una versione "cristianizzata", i i Re Magi diretti a Betlemme per portare i doni a Gesù Bambino, non riuscendo a trovare la strada, chiesero informazioni ad una signora anziana. Malgrado le loro insistenze, affinché li seguisse per far visita al piccolo, la donna non uscì di casa per accompagnarli. In seguito, pentitasi di non essere andata con loro, dopo aver preparato un cesto di dolci, uscì di casa e si mise a cercarli, senza riuscirci. Così si fermò ad ogni casa che trovava lungo il cammino, donando dolciumi ai bambini che incontrava, nella speranza che uno di essi fosse il piccolo Gesù. Da allora girerebbe per il mondo, facendo regali a tutti i bambini, per farsi perdonare. Il termine "befana" inteso come "fantoccio esposto la notte dell’epifania" fu già usato nel XIV secolo, poi da Francesco Berni nel 1535, da Agnolo Fiorenzuola una prima volta nel 1541.
Kara Bbefane ‘A skópe d’ò repustigghje haje pegghjate è bbòna bbóne l’haje allustrekate; tanda kavezètte ke rjale haje appreparate p’i bbòmmine brav’è malamènde.. I karavune, ajemè, sònne de mòde passate! K’a skópe pe ngile vulanne te ne vaje è, cirte, fridde sendarraje; ma tu, m’arrakkumannne, bbune akkummugghjete è a’ nègghje attinde staje pekkè sbagghjà puje de trasì d’ò bbuke d’i cemmenére. K’a vestecciòle ka da sèkule nen nde lave è k’u nase a ngine brutte me kumbare, ma nd’u kóre d’i krestjane arrumanarraje sèmbe pekkè prjèzze è ammóre purtarraje è bbòmmine ka ninde hanne!
Cara Befana La scopa dal ripostiglio hai preso e ben bene l’hai lucidata; tante calze con doni hai preparato per i bimbi buoni e cattivi. I carboni, ahimè, sono di moda passati! Con la scopa te ne vai volando per il cielo e, certamente, sentirai freddo; ma tu, mi raccomando, bene copriti e alla nebbia attenta stai perché sbagliare puoi di entrare nel buco dei camini. Con la veste che da secoli non lavi e con il naso ad uncino brutta mi sembri, ma nel cuore della gente resterai durevolmente perché gioia e amore porterai ai bimbi che nulla hanno!
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